Dice Martinelli che la Bernocchi è stata la prima corsa del 2022 in cui ti sei sentito Gianni Moscon. Il trentino alza lo sguardo e dentro ci vedi il barlume di un sorriso. Uno così fai fatica a vederlo prostrato, piuttosto si indurisce. Lo abbiamo vissuto abbastanza per ricordarne le reazioni in altri momenti. Eppure il Moscon dell’ultima stagione era arreso, sulla bici e anche fuori, alle prese con un malanno per cui non si trovava la cura. Dall’inizio dell’anno, un crollo dietro l’altro. Fermo dal Fiandre al Giro di Svizzera. Ritirato dal Tour a Losanna e proprio quel giorno venne la decisione di fermarlo due mesi per andare finalmente al fondo del problema.
«La Bernocchi era il 3 ottobre – annuisce – è stata forse la prima gara dove ho avuto sensazioni normali. Ho ripreso a pedalare a inizio settembre e sono arrivato alle prime corse con quindici giorni di allenamento da zero. Perché dopo il Tour avevo iniziato anche a fare qualcosa, ma i medici mi hanno imposto di fermarmi assolutamente».
Piegato in due
Un mese e mezzo senza bici. E quando ha ripreso, finalmente ha sentito che il fisico rispondeva. Fatica e recupero: quello che per tutti è normale, per lui era diventato un incubo e per la squadra un bel rompicapo.
«Prima non riuscivo neanche andare a tutta – dice Moscon, giocando con le parole – perché ero sempre a tutta. Intendo che ci mettevo anche l’anima, ma il fisico non rendeva. Non arrivavo ad esprimere il massimo, quindi non riuscivo ad allenarmi perché ero sempre più stanco. Ho avuto un’infezione batterica nel sangue da curare inizialmente col riposo. Ero a casa, ma è stato un incubo, perché non se ne veniva a capo. Avevo un mal di schiena tremendo, proprio nella zona lombare. Ero piegato in due perché quando non stai bene, sforzi la schiena e la prima cosa che parte è il nervo sciatico. Avevo appuntamenti e visite quasi tutti i giorni, da Padova fino a Monaco. Finché a forza di girare, ho trovato una direzione».
Antibiotici e via
Individuato il problema, s’è trovata la cura ed è stato possibile tracciare un cammino di rientro. Solo che la causa di quella debolezza è saltata fuori dopo quasi tre settimane.
«Trovata l’infezione – prosegue Moscon – è stato definito il protocollo terapeutico. Così finalmente ho avuto una strada da seguire e ho cominciato. Antibiotici e via. Ho trovato la mia routine, ero sempre operativo a casa. Ne ho approfittato per sistemare tutte le cose che poi, riprendendo ad allenarmi, non avrei potuto seguire. Avevo già previsto che avendo perso tutto quel tempo d’estate, il mio fine stagione non sarebbe stato tanto lungo. In questo ciclismo non ti puoi permettere di staccare un attimo, figurarsi un mese e mezzo d’estate. Al Langkawi sono andato perché era utile alla causa, quindi l’ho affrontato col morale giusto ed è servito».
Il sangue pulito
Il via libera è arrivato alla fine di settembre con le ultime analisi del sangue, vissute con una certa apprensione.
«Finalmente il sangue era pulito – sorride Moscon – non c’erano più parassiti. C’era ancora qualcosina, ma potevo nuovamente allenarmi in maniera blanda e seguendo le sensazioni. Ho capito che era inutile seguire una tabella, se non sai neanche come stai. E allenandomi così, sono arrivato alle corse anche discretamente. Il Covid aveva causato un’immunodepressione e si sono sviluppati dei batteri. I medici mi hanno detto che il virus e il vaccino possono avere effetti diversi. Magari non ti fanno niente oppure puoi avere un’immunodepressione. Magari nella vita di tutti i giorni, se devi andare in ufficio, accusi un po’ di stanchezza e ci passi sopra. Pensate invece a farci un Tour de France! Un altro effetto del Covid invece sono le malattie autoimmuni, ma con una di quelle sarebbero stati dolori…».
Il tempo perduto
Così ora si va alla ricerca del Gianni perduto, di quel corridore vincente al Tour fo the Alps, poi lanciato verso la vittoria della Roubaix 2021 (ma fermato da due cadute: arrivò quarto), infine sparito dai radar.
«Il miglior Gianni che ho visto negli ultimi tempi – dice – è stato quello della prima parte del 2021, fino al Giro. Determinato e vincente. Mi sentivo bene, ero solido e con una gran condizione. Anche l’anno scorso ero sulla buona strada, a dicembre qui in ritiro stavo bene. Poi ho preso il Covid a gennaio ed è cominciato tutto. Faticavo a rispondere perché non sapevo cosa dire e perché c’era delusione per me stesso e anche per l’Astana che mi aveva dato fiducia. Non è stato facile, però so che posso solo migliorare. Ho questo in testa. Se il fisico mi asseconda, prima o poi la condizione si trova. E quando hai la condizione, si creano le opportunità».