Eduard-Michael Grosu è uno di quei corridori alla “carta vetrata”, un vero duro, uno che non molla un metro. Il rumeno quest’anno si è già fatto vedere al Tour de la Provence, quando è stato spesso all’attacco nelle tappe di pioggia e vento. Classe 1992, è una vecchia conoscenza del ciclismo italiano. A scoprirlo è stato Stefano Giuliani, oggi diesse della Giotti Victoria Savini Due.
Raggiungiamo Giuliani al telefono mentre è in Turchia con i suoi ragazzi. Stanno facendo delle gare, andando a caccia delle volate.
«Abbiamo il treno più forte, ma non riusciamo a concretizzare (Guardini aveva fatto quarto, ndr). Siamo in quattro e se facessero la volata da soli arriverebbero tutti tra i primi cinque. E allora mi chiedo, e gli chiedo: possibile che non si riesca a fare un treno da veri professionisti? Gli ho dato una strigliata l’altro giorno… però poi la sera gli ho portato una birra. Il ciclismo, il mio almeno, deve essere anche divertimento. Il gruppo deve essere una famiglia».
Orso e cicloamatore
Con Giuliani, si passa a parlare di Grosu. Il tecnico racconta. E ascoltarlo è un piacere.
«Lo conobbi – racconta Giuliani – in una corsa di otto o nove anni fa (in realtà era il 2013, ndr). Non chiedetemi quale anno di preciso perché per me con le gare sono tutti uguali! Stavamo sistemando le bici, i materiali in questa pensioncina al Giro di Romania, quando da dietro mi sento chiamare: “buonasera signor Giuliani”, in un buon italiano. Mi volto e vedo questo ragazzo che sembrava un cicloamatore. Avete presente un orso? Gamboni grossi così, muscoli lunghi, bacino largo, barba scura. E anche qualche chilo di troppo a dire il vero. Io indaffarato com’ero non gli diedi troppa attenzione. Però mi fece subito una buona impressione. In quel giro vinse una tappa e si piazzò in altre. Lo tenni d’occhio».
Una grappa per guarire
Giuliani è fatto così: è diretto e le persone le sa leggere. Atteggiamenti, linguaggi del corpo, sguardi: Giuliani li capisce così i suoi atleti. E spesso ci azzecca.
«Il giorno di quell’incontro – dice il tecnico abruzzese – eravamo tra gli U23. L’anno dopo facemmo la continental con la Nippo Fantini e mi battei per prenderlo. Grosu si mostrò subito ambizioso e anche in gruppo era un “avvocato”, anche perché spesso doveva sfidare i pregiudizi degli altri atleti. In generale non ci stava a perdere.
«Una volta al Tour of Hainan cadde, ma cadde di brutto perché lui non si tira mai indietro quando c’è da lottare. A fine tappa gli mancavano i pezzi di carne. Io ero convinto che non sarebbe ripartito il giorno dopo. Stavo per cercargli un antidolorifico, quando mi fa: puoi trovarmi della grappa? E dove la trovo io la grappa in Cina? Fatto sta che alla fine la rimedio e gliela dò. Ne bevve qualche sorso come anestetico e poi se la buttò sulle ferite. Il giorno dopo ripartì e fece sesto. Capii che avevo di fronte un animale, nel senso buono del termine».
Giuliani poi racconta dell’amicizia e della rivalità con Grega Bole, dello smacco di aver perso la tappa al Giro d’Italia 2016 quando gli mancavano solo 400 metri dal traguardo. Della lotta per finire quel Giro nelle ultime frazioni, cosa che avvenne anche grazie all’aiuto di Stacchiotti… Insomma la storia di un “bello ma dannato”.
Con il tempo Grosu in Italia diventava sempre più corridore, grazie anche a Giuliani stesso. Si fece vedere e quando arrivarono i procuratori lo stesso Stefano lo segnalò ad Alex e Johnny Carera. Che poi lo fecero approdare alla Delko quando la Nippo Fantini chiuse i battenti.
Grosu da Roubaix
Grosu è un corridore completo secondo Giuliani. Di certo non è uno scalatore aggiungiamo noi.
«Ma se sta in giornata fai fatica a staccarlo anche in salita. Va molto forte con il freddo. Non si lascia intimorire dalle condizioni avverse come pioggia e vento, anzi… Non va male a crono (ha vinto due titoli nazionali, ndr). Io lo vedo come un corridore da Roubaix senza contare che è anche velocissimo.
«Per me – dice Giuliani – Grosu deve ancora scoprire realmente tutto il suo potenziale. Sono convinto che ne sentiremo parlare però deve anche smussare il carattere. Eduard è un po’ impulsivo, mentre di testa è un vincente e un leader. Se un giorno vorrà approdare in qualche WorldTour dovrà rivedere questo aspetto. Anche il fatto della barba, degli orecchini… sono cose che in qualche modo contano in quel mondo. E anzi che è migliorato sotto l’aspetto alimentare. E’ dimagrito e infatti va meglio. Credo che questa sua maturazione sia dovuta anche dal fatto che si sia sposato ed abbia avuto una bambina. Tra i tanti corridori che ho avuto lui lo sento mio. Anche se, devo ammetterlo, negli ultimi periodi non ci siamo più sentiti molto.
«Accadde un fatto in una corsa nella sua Romania, quando era già alla Delko. Anche in virtù della nostra tattica lui perse molti minuti e uscì di classifica. A fine gara mi disse che lo avevamo fatto perdere noi. In realtà noi facemmo solo la nostra corsa».
Per la cronaca, quella stessa competizione, il Turul Romaniei, Eduard Grosu la vinse l’anno dopo, nel 2020. Si portò a casa due tappe e la generale. Capito che caratterino?