Il Giro, le Tre Cime, Nibali e la neve

17.02.2021
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Pare che il prossimo Giro d’Italia farà tappa sulle Tre Cime di Lavaredo, luogo storico, mistico, stupendo. Le leggende che si aggirano sui tre grandi bastioni dolomitici sono tante e antichissime, ma quelle legate al ciclismo sono più recenti. Nacquero nel 1974 quando la corsa rosa vi salì per la prima volta e quelle rampe, micidiali e irregolari, mandarono in crisi persino Eddy Merckx. 

Da allora il Giro si è arrampicato lassù altre quattro volte. Noi in particolare ci ricordiamo bene dell’ultima: il 25 maggio 2013.

Nibali trionfa sulle Tre Cime e conquista il suo primo Giro
Nibali trionfa sulle Tre Cime e conquista il suo primo Giro

Verso la tempesta

Quel giorno “non era maggio”, ma inverno pieno! Il Giro aveva incontrato tanta pioggia sin dalle prime tappe e freddo intenso sulle Alpi occidentali e proprio quando sembrava fosse esplosa la primavera, il meteo cambiò radicalmente durante la cronoscalata da Mori a Polsa. I primi partirono con 30 gradi, un sole che spaccava le pietre e tutta la consueta afa del fondovalle dell’Adige. Gli ultimi arrivarono su con il diluvio e una manciata di gradi sopra lo zero.

Il peggio però stava per venire. Il giorno dopo si doveva disputare un tappone storico con Tonale, Gavia, Stelvio e arrivo in Val Martello. Invece nulla di tutto ciò andò in scena. La carovana si svegliò in Val di Sole con parecchi centimetri di neve a terra. Impossibile salire due chilometri più in alto, vale a dire alle quote di Gavia e Stelvio.

Vegni a quel punto pensò solo a salvare il gran finale delle Tre Cime. Tanto più che Vincenzo Nibali era in maglia rosa.

Nibali re del Giro

Il giorno dopo la tappa fu rivista. Via i passi più alti, si scalarono “solo” il Tre Croci e appunto le Tre Cime. L’Astana, la squadra in cui militava Nibali in quel 2013, non lasciò molto spazio ai fuggitivi. L’occasione di trionfare tra la folla e il contorno imbiancato era unica. Un poster da appendere in salotto per lo Squalo. In più i tifosi erano in delirio e quasi tutti per lui.

Ma certo non era facile gestire quel freddo intenso. A Misurina, all’imbocco della salita, c’era mezzo metro di neve. I bus furono fatti fermare lì. Impossibile salire fin lassù con quei bestioni. In cima era stata allestita nella notte dall’Esercito una tensostruttura per far cambiare i corridori.

Quando il gruppo attaccò l’erta finale riprese a nevicare. In certi momenti era quasi complicato distinguere i corridori.

Nibali aumenta e pian piano tutti cedono. Il Giro è ad un passo. Lo Squalo non vuol rischiare nulla. Nessun fuorigiri. E così improvvisa una sorta dei suoi tipici 40”-20” che era solito fare in allenamento. Tre, quattro progressioni. Solo i colombiani, che per assurdo non sentono il freddo, sembrano tenere il passo. Duarte, Uran, Betancur… arrivano ad una manciata di secondi da Nibali.

Scarponi quel giorno arrivò 13° a 1’14” da Nibali
Scarponi quel giorno arrivò 13° a 1’14” da Nibali

Neve e coriandoli

La voce dello speaker, Stefano Bertolotti, è più emozionata del solito. Le sue parole sono l’unica cosa chiara in quella bolgia. La nevicata è fittissima. I fotografi sull’arrivo, tra i fari delle moto e i fiocchi di neve, fanno fatica a mettere a fuoco Nibali. I coriandoli si mischiano alla neve.

Vincenzo esulta. E’ stremato ma non congelato. In fin dei conti, a parte la breve discesa del Tre Croci, la frazione era tutta a salire. Tuttavia questi scriccioli consumati dalla fatica del finale di Giro vanno preservati e infatti “venti centimetri” dopo il traguardo Michele Pallini ha già avvolto Nibali in una giacca a vento. Nel frattempo arrivano tutti gli altri. E senza neanche scendere di sella s’infilano sotto il tendone. Si cambiano in fretta. Indossano le giacche a vento, i guanti da sci, si arrotolano un asciugamano al collo e scendono verso i bus, mentre molti colleghi ancora lottano con quelle rampe che più volte toccano il 18 per cento.

Una veduta della salita finale quel 25 maggio 2013
Una veduta della salita finale quel 25 maggio 2013

Sala stampa in fuga

Passa la buriana, del post arrivo, ma non della tempesta. Tutti noi giornalisti siamo nella sala stampa allestita nel rifugio Auronzo, alla base della Cima Grande, quando un tizio entra e ci dice: «Signori dovete sgombrare velocemente perché la neve sta attaccando e rischiate di rimanere bloccati qui». E così ecco un altro fuggi fuggi generale.

Mentre scendevamo ci godevamo lo spettacolo della neve, sempre più alta, e della gente che nonostante il freddo era contenta mentre imbacuccata scendeva a valle. Aveva assistito ad una pagina storica del ciclismo e al trionfo di Nibali in maglia rosa sulle Tre Cime di Lavaredo. Una bella storia da raccontare ai nipotini o più semplicemente agli amici. E che speriamo di rivivere, magari senza troppo freddo, al prossimo Giro.