Enrico Gasparotto, Amstel Gold Race 2016

Gasparotto, il tricolore, l’Amstel e Scarponi…

12.12.2020
7 min
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L’ultima volta che Gasparotto è ripartito da casa dei genitori, era ancora un corridore. La Vuelta era finita da poco e probabilmente Enrico aveva in testa la possibilità di correre fino alle Olimpiadi. A cose normali, il 2020 sarebbe stato il suo ultimo anno, con Tokyo e il mondiale di Martigny in maglia svizzera. Lo aveva deciso, poi il Covid ha cambiato tutto.

«Per cui – dice – dover telefonare a mio padre per dirgli che smettevo, è stato un passo importante. Lui correva, ma non è mai riuscito a passare professionista. Ce l’ha fatta il figlio. E da quando era in pensione, senza nulla togliere a mia madre, un momento bello della sua giornata era sedersi davanti alla televisione per guardare le mie corse. Quando gli ho detto che era finita, mi ha ricordato che passando professionista gli avevo detto che avrei smesso a 38 anni. E poi ha aggiunto che se c’è riuscito lui, ci sarei riuscito anche io. L’ho ringraziato per essermi rimasto accanto senza mai intromettersi. E quel punto si è messo a piangere».

Enrico Gasparotto 2005
In maglia tricolore nel 2005, da neoprofessionista. Gasparotto: una sorpresa per tutti
Enrico Gasparotto 2005
Nel 2005, neopro’ e campione italiano

Non è facile raccontare l’addio di un corridore che hai visto ragazzino, è come perdere un pezzetto di te. La storia di Enrico in particolare ha vissuto momenti molto forti, cui non è stato possibile restare indifferenti. Dalle vittorie al brusco risveglio durante il viaggio di nozze, quando scoprì di non avere più un contratto. Certi risvegli lasciano il segno e il cammino compiuto da “Gaspa” per riprendersi quello che aveva perduto è stato uno dei momenti più belli da raccontare. Anche se alla letteratura più commerciale certe storie non interessano. E’ meglio osannarli se vincono e per il resto fingere che non esistano. Questa chiacchierata avrebbe meritato una birra, la possibilità di guardarsi negli occhi, ma il periodo lo impedisce. La birra ci sarà di certo al momento di scriverla e sarà una La Chouffe, come quella che ci consigliò anni fa.

La porta si è chiusa.

Non me ne rendo conto al 100 per cento, perché siamo a dicembre e c’è il Covid. Forse quando a febbraio non andrò sul Teide e saranno ricominciate le corse, allora sarà diverso. Adesso mi sveglio al mattino e se fuori nevica, sono contento perché non devo uscire o inventarmi il modo per fare fatica.

Enrico Gasparotto, maglia rosa, Giro d'Italia 2007
Cronosquadre in Sardegna: vince la Liquigas e Gasparotto prende la maglia rosa
Giro 2007, in maglia rosa dopo la cronosquadre
Avresti voluto continuare fino a Tokyo?

Ho cercato l’opportunità per farlo. Il 2020 sarebbe stato l’ultimo anno. Avevo avvisato mio padre che mi sentivo pronto. Poi durante il lockdown ho cominciato a pensare di spostare la riga più avanti, perché l’idea di fare le Olimpiadi mi stuzzicava. Però l’opportunità non è arrivata e non me la sono sentita di andare in giro a pregare dopo una carriera così. Ho preferito chiudere il discorso. 

Come avevi immaginato l’ultimo anno di Gasparotto?

Ogni corsa sarebbe stata l’ultima. Avrei avuto il tempo di salutare, ma la pandemia ha segnato tutti. Le classiche si sono corse senza pubblico e l’Amstel non si è neanche fatta. Ma sono contento della mia carriera. Il campionato italiano. La maglia rosa. Passare con il Giro d’Italia per il mio paese. La prima Amstel. Le difficoltà che mi hanno portato alla Wanty. La risalita grazie a un mental coach per riconquistare quello che avevo già vinto prima, quindi la seconda Amstel. Aver ricevuto i messaggi privati di tanti giovani mi riempie di orgoglio.

Enrico Gasparotto, Tre Giorni La Panne, 2008
Nel 2008 batte Paolini nella prima tappa della Tre Giorni di La Panne
Enrico Gasparotto, Tre Giorni La Panne, 2008
Nel 2008, prima tappa alla Tre Giorni di La Panne
Non solo messaggi privati…

Mi hanno detto che Ganna nella conferenza dopo i mondiali ha ringraziato Gaspa e Sobrero per averlo aiutato a restare tranquillo. Il fatto che a 24 anni, sul tetto del mondo, si sia ricordato di me… E prima nemmeno eravamo particolarmente amici, ci siamo avvicinati proprio in quel ritiro sopra Macugnaga. Ma mi hanno scritto Battistella, Sobrero, Gino Mader. Persino Tao Geoghegan Hart mi ha mandato un bellissimo vocale, ringraziandomi per i consigli che gli avevo dato sul Teide, allenandoci due volte insieme. Non sono arrivato al punto di mettermi a piangere, ma certo pensandoci un po’ di magone mi viene.

Enrico Gasparotto, Amstel Gold Race 2012
Nel 2012 la prima Amstel Gold Race di Gasparotto in maglia Astana
Enrico Gasparotto, Amstel Gold Race 2012
Amstel Gold Race, la prima nel 2012

Lo sai, più o meno. Ma se vuoi che un campione possa salutare bene il suo pubblico, devi permettergli di mettersi a nudo. E se accetta di farlo, chi lo ha applaudito per quello che ha fatto in bici, lo amerà scoprendo l’uomo che c’è dietro l’armatura.

Ci sono stati momenti duri?

Su tutti, i due lutti. Hanno segnato una svolta. Uno è stata la morte di Demoitié, che era mio compagno di squadra (fu investito da una moto alla Gand del 2016 ed è poi morto all’ospedale di Lille, ndr). E poi la morte di Scarponi.

Eravate amici?

Scarpa è uno dei quattro ciclisti in attività che c’erano al mio matimonio. Un’amicizia nata all’Astana, durante una serata a Calpe, mi pare. Lo sapete com’era, era capace di trattarti come il migliore amico e contemporaneamente pensare che fossi chissà cosa. Grazie a questo, era amico di tutti e nemico di nessuno. Ma io sono uno diretto e così glielo chiesi cosa pensasse davvero di me. Restammo a parlare tutta la notte in camera mia. Dovevamo fare capodanno insieme, le Feste insieme e… non ci siamo riusciti. E mi dispiace (la voce si strozza, ndr). Faccio fatica ancora adesso ad andare a Filottrano. Andai al funerale e non ci sono più tornato. Ho paura, penso per un senso di protezione pensando a quanto potrei stare male. Ho incontrato i suoi genitori e mi veniva da piangere. Faccio fatica a non farlo ogni volta che vedo Anna e i gemelli. Forse adesso avrò più tempo…

Enrico Gasparotto, moglie Anna Moska
Torna dalla luna di miele con Anna e scopre di essere rimasto senza squadra: è il 2016
Enrico Gasparotto, moglie Anna Moska
Con Anna, sempre al suo fianco
Già, il tempo. Il tempo sana tutte le ferite. Hai pensato a cosa farai adesso?

Mi piace essere sempre attivo, impegnarmi in qualcosa che tocco con mano. Aver smesso così tardi non aiuterà. Alla mia ex squadra avevo presentato un progetto, offrendomi di correre per metà anno e poi con un ruolo da talent scout. L’età media dei corridori si è abbassata e nei team serve qualcuno che vada in giro a scovare talenti. I procuratori fanno l’interesse degli atleti, non delle squadre. Matxin è stato un grande talent scout per la Quick Step

Saresti un ottimo direttore sportivo.

Il progetto ora è prendere la licenza Uci da direttore e da trainer. L’esperienza di questi anni assieme ai più giovani mi ha fatto capire quanto sia cambiato questo ambiente. E’ più facile che i corridori si aprano con quelli che hanno sofferto assieme a loro. Si confidano più facilmente. Per questo le squadre sono contente di ragazzi come Pellizotti e Popovych, perché arrivano dove altri diesse non arrivano. Poi se diventi bravo, vai avanti. Altrimenti largo ai giovani.

Enrico Gasparotto, Amstel Gold Race 2016
Nel 2016 vince la seconda Amstel in maglia Wanty e riconquista il WorldTour
Enrico Gasparotto, Amstel Gold Race 2016
Nel 2016 la seconda Amstel di Gasparotto
Cosa ha detto Anna, tua moglie, della scelta di smettere?

La cosa più bella di tutta questa avventura è stato il suo supporto. Mentre io facevo il mio percorso con il mental coach, lei studiava per diventarlo. Quello che mi è piaciuto in questi anni è vederla serena. La vita cambia e lei è più tranquilla di me. Gliel’ho chiesto se sia vero o sia facciata per non turbarmi. Avere accanto una persona così mi rende felice e più sereno davanti a ogni cosa che affronterò. E’ fondamentale, perché ho fatto lo sportivo, ma sono un uomo.

Ci sarà ancora la bici nella vita di Gasparotto?

In questi giorni ho camminato in montagna, fatto scialpinismo, usato le ciaspole e la mountain bike. Ma sono caduto e mi sono fatto male alla schiena. Per ora mi entusiasmano di più altri sport, poi magari quando riprenderò la bici da corsa sarà come tornare a casa. Ma spero anche di poter tornare a casa davvero, in Friuli, per salutare le persone che in questi anni ho trascurato. E rivedere la mia stanza. In cui mio padre ha sistemato tutti gli articoli di giornale, le maglie e i trofei. E’ uguale a quando l’ho lasciata. Solo ci abbiamo messo il letto matrimoniale.

Enrico Gasparotto, mondiali Imola 2020
A Imola per Gasparotto il primo mondiale della carriera, in maglia svizzera: arriva 46°
Enrico Gasparotto, mondiali Imola 2020
A Imola 2020 il primo mondiale della carriera
Meglio smettere così che nel 2015, quando non volevi andare alla Wanty?

Assolutamente. Se avessi smesso allora, avrei avuto addosso tanta rabbia. Quando arrivò quel contratto, rimasi a pensarci per due giorni e per fortuna accettai, perché si trasformò in una spinta fortissima. Vinsi l’Amstel e ritrovai un posto nel WorldTour. Voglio smettere ed essere contento. Non diventare uno di quei cinquantenni pieni di rancore che parlano male del ciclismo. Non sarebbe stato giusto per tutto quello che il ciclismo ha rappresentato nella mia vita.