Caruso si prepara per la campana dell’ultimo giro

17.10.2024
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A Ragusa il tempo è sempre bello e, quando fa brutto, di solito dura poco. Damiano Caruso è tornato a casa il giorno dopo il Lombardia. Il sabato si è fermato a Milano con i compagni per una pizza e la domenica ha preso un volo verso casa. Per i suoi gusti, dice ridendo, i 27 gradi degli ultimi giorni sono anche troppi, ma è pur vero che laggiù l’inverno non è mai rigido come in qualsiasi altra parte d’Italia. La stagione non è stata indimenticabile, piena più di imprevisti che di soddisfazioni, e questo fa pensare. Quando è a casa, Damiano si riconnette con le sue origini e il periodo senza bici diventa una fase di bilanci necessari.

«Cerchiamo di vivere come una famiglia normale – dice – dedico più tempo ai bambini che mi chiedono se li porterò io a scuola. Vedono gli altri papà che ci sono sempre, mentre io non posso quasi mai. Durante l’anno, se mi chiedono di fare un giro sullo scooter, magari devo dirgli di no perché sono stanco. Non sempre riusciamo a uscire per un gelato. E allora cerco di recuperare. Li accompagno a fare sport il pomeriggio. E dedico del tempo anche a Ornella, mia moglie: un pranzettino, una cena, quello che si può».

Il Lombardia di Caruso è stato una fuga dal chilometro zero, conclusa con il ritiro per i crampi
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I sacrifici di tutti

Ristabilire il senso di normalità che lo stile di vita del corridore spesso impedisce. Anche perché i sacrifici non sono solo quelli degli atleti, ma investono il resto della famiglia.

«Mia moglie è abituata a stare da sola – ammette – a sbrigarsi le cose. Però i bambini nella loro sincerità, certe volte te lo dicono: “Papà basta, rimani a casa, non partire, rimani con noi”. Insomma, certe volte te ne vai anche con un po’ di male al cuore. Ti dici: “Cavolo, ma ha senso tutto questo?”. Per fortuna poi ricordo che siamo dei privilegiati e quindi vado a fare quello che devo fare, il mio lavoro, con altre motivazioni. In certi casi infatti tutto questo è anche uno stimolo. Nel senso che devi fare tesoro e far fruttare il tempo sottratto alla famiglia. Non sprecarlo bighellonando in giro, dargli un senso facendo bene il tuo lavoro».

Milan e Caruso, il giovane e il più esperto: fino allo scorso anno correvano insieme
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Una stagione faticosa

Forse una stagione faticosa come l’ultima rende il distacco più faticoso, anche se a 37 anni sai benissimo cosa ti aspetta. Sai anche e soprattutto che non si può portare indietro il tempo e allora magari vai a cercare le motivazioni in altri angoli della mente.

«In questo momento non è la nostalgia che mi dà fastidio – spiega – quanto piuttosto il fatto che il fisico cominci a non rispondere e a recuperare come prima. Là fuori il livello è altissimo, quindi magari parti da casa sapendo che i tuoi numeri sono buoni, invece arrivi in gara e prendi una batosta. Forse bisogna cominciare a guardare in faccia la realtà. Se poi becchi una stagione come la mia, che è stata abbastanza complicata tra cadute e malanni, allora ti ritrovi tutto il tempo a inseguire. Solo che se inizi a inseguire da inizio stagione, spesso insegui tutto l’anno. A 37 anni, la paghi cara. E’ vero che di testa sei più forte e riesci a superare meglio il momento di difficoltà. Però a un certo punto ti accorgi che non bastano solo l’esperienza e la grinta. Ci vogliono anche le gambe».

Giro d’Italia, si va verso il Mottolino. Zambanini, Caruso e Tiberi nella scia di Pogacar: la Bahrain Victorious c’è
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Gregario di Tiberi

Il suo ruolo nel Team Bahrain Victorious, di cui è uno dei senatori, è stato per tutto il 2024 quello di stare accanto ad Antonio Tiberi, perché potesse fare esperienza con una maniglia importante al fianco.

«Posso dire che il Giro – ricorda Caruso – è stato il momento in cui ero più performante. Solo che per stare vicino al tuo capitano che fa classifica, devi essere forte quasi quanto lui. E comunque per raggiungere quel livello devi lavorare quanto lui e anche di più, perché lui magari è toccato dal talento. Quello che è stato dato a me, l’ho sfruttato al 100 per cento, ho raggiunto il massimo che potevo. Potevo forse svegliarmi prima, ma in quegli anni i giovani dovevano crescere con calma. Era un altro ciclismo, non era permesso bruciare le tappe. L’unica cosa che mi auguro per la prossima stagione è di divertirmi e avere un anno liscio, a prescindere dai risultati».

Anche la Vuelta nel 2024 di Caruso, che qui posa per un selfie con il grande meccanico Ronny Baron
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Suona la campana

Non sarà un inverno particolare, insomma. Non ci sono motivazioni da recuperare, quelle ci sono. Come lo chiami uno che cade a Burgos e quattro giorni dopo corre a San Sebastian con dieci punti nel ginocchio?

«La motivazione in più – ammette – sarà tutto quello che farò a partire da ora, dopo i 15 giorni di vacanza che mi attendono. Quando ricomincerò, suonerà la campana dell’ultimo giro e ogni cosa sarà per l’ultima volta. Sto cercando di auto-motivarmi, perché non voglio finire l’anno trascinandomi. Sicuramente mi piacerebbe tornare al Giro d’Italia con il massimo della condizione e divertirmi. Certo, il Lombardia mi ha dato da pensare. E’ vero che l’ho corso debilitato dal virus intestinale, ma è stato incredibile. Poche volte abbiamo affrontato una Monumento con l’atteggiamento di corsa da 150 chilometri. Da quando ho attaccato al chilometro zero a quando mi sono staccato per i crampi, non ho mai mollato una pedalata. Io qualche Lombardia l’ho fatto, però non avevo mai visto una roba così».