Il Moscon che non ti aspetti. Oppure meglio: il Moscon che aspettavi da tanto. E’ questo lo stato d’animo con cui cominciamo a scrivere questo pezzo, con le parole di Gianni che risuonano nelle orecchie e un senso di ritrovata leggerezza. Da quando Tosatto ci raccontò che del trentino si sarebbe occupato lui, la speranza di aprire un giorno la porta e trovarci davanti il Gianni dei bei tempi si era fatta largo, ma questa volta ci siamo e appare chiaro che il Toso stia davvero cambiando abitudini e concezioni al Team Ineos.
In Provenza
Gianni è in Trentino. Di ritorno dal ritiro di Gran Canaria avrebbe dovuto iniziare alla Vuelta Valenciana, ma come tutti è stato costretto a metter via la valigia: corsa annullata. Così è rientrato in Italia e si sta preparando al nuovo debutto al Tour de la Provence, che scatterà giovedì prossimo, l’11 febbraio.
«Sto bene – sorride – stanno tutti bene finché non si comincia. Ma devo dire che lavorare con Toso, Cioni e il gruppo italiano mi fa bene. A dicembre siamo andati da soli a Gran Canaria (foto Instagram di apertura), con Pippo Ganna e Leonardo Basso. A gennaio siamo stati con tutta la squadra e abbiamo lavorato proprio bene. Sarà una stagione da vivere alla giornata, data l’incertezza del calendario. Andremo agguerriti ad ogni corsa, con l’obiettivo minimo di tornare a vincere. Sono in scadenza di contratto, qui sono sempre stato bene, ma adesso ci sto anche meglio. Insomma, resterei volentieri…».
Cambiato preparazione?
Cambiato un po’ tutto. Nell’allenamento, ho fatto più qualità e meno volume, perché prima c’era soprattutto la tendenza di fare tante ore. E poi è cambiato molto sul piano dell’alimentazione, dove si era arrivati a livelli un po’ ossessivi.
Parole sante! Racconta…
Tra corridori ci si spinge spesso al limite e si arriva al punto quasi di patire la fame. Quest’anno ci abbiamo messo un punto, provando a tornare alla freschezza giovanile, a viverla in modo più spensierato. Avere la gamba bella piena ti fa stare meglio, anche se poi saranno le gare a dire se funziona oppure no. Ma se in allenamento ti spingi al limite, in corsa non hai limiti da superare e tanto faticare e soffrire a casa diventa controproducente. Se fai meno, da una parte hai più margini e dall’altra hai meno possibilità di combinar danni. E a quel punto la differenza la fai con il talento.
Tutto questo grazie a Tosatto e Cioni?
Lavorare con loro significa tornare alla mentalità italiana. Mi seguono, standomi vicino fisicamente. Ma anche a livello di squadra, il Giro d’Italia vinto a quel modo forse ha cambiato qualcosa. Si è ritrovata una mentalità arrembante, in una squadra che era abituata a vivere diversamente. Certo, molto dipenderà dagli scenari di corsa. Se avremo di nuovo un super leader, ci saranno giorni in cui correremo di nuovo in stile Sky.
Quello che al Giro non si è mai visto…
Siamo sempre stati abituati a controllare la corsa con un leader come Froome, che di fatto era il numero uno al mondo. Controllare o inseguire tutti insieme. Ora l’idea è di sfruttare le occasioni, facendo leva sulla qualità media di tutti noi, che indubbiamente è piuttosto alta. Costringere gli altri a inseguire. Toso ha questa visione della corsa e il Giro d’Italia gli ha dato ragione.
Ti rendi conto che si tratta di una vera rivoluzione?
Matteo ha addosso anni e anni di esperienza. E soprattutto è l’unico che stia riuscendo a influenzare il management inglese, perché ha il coraggio di dire chiaramente le cose che non lo convincono. Prima erano tutti abituati ad assecondare quella mentalità, invece Toso è riuscito a dare la svolta. Uno come lui fa gruppo e porta uno stile italiano che funziona. Lui non ha paura di dire le cose.
Quindi non si è sentita troppo l’assenza di Froome in ritiro?
Non più di tanto, ma è stato comunque un ritiro strano. Eravamo divisi in tre gruppi e abbiamo vissuto praticamente sempre con le stesse persone. Però è chiaro che, complice l’incidente, non lo vedevamo già da un pezzo. Il suo allontanamento dalla nostra scena è stato graduale e dopo un po’ si è smesso di parlarne. Detto questo, la sua presenza in questa squadra è stata fondamentale, perché ha portato lui il gruppo ai livelli che tutti conoscono. Ma ora è difficile dire se dopo quell’infortunio potrà tornare ad essere il numero uno.
Tu cosa pensi?
Che sia fortunato ad essere vivo. Poi che sia fortunato ad essere tornato in piena efficienza fisica. Quello che sta facendo dimostra il suo carisma, ma è difficile dire se potrà tornare quello di prima, perché l’infortunio è stato davvero importante.
Facciamo un passo indietro. Se sei nel gruppo italiano, vuol dire che finalmente potresti fare il Giro d’Italia?
Finalmente, ben detto. Il Giro è la corsa che ogni bambino italiano sogna. Io stesso mi sono avvicinato al ciclismo guardando le classiche del Nord e poi il “Gibo” (Gilberto Simoni, trentino come lui, ndr) che lottava per vincere la maglia rosa nel 2001 e nel 2003 e nelle altre occasioni in cui era davanti. Per me, come italiano, il Giro vale più del Tour de France, anche se finora ho fatto solo due Tour e una Vuelta.
Quindi a partire dal Provence, che cosa prevede il programma di Moscon?
Dopo il Provence, Het Nieuwsblad e Kuurne. Poi Laigueglia, Strade Bianche, Tirreno e Sanremo. Ardenne e Giro. Giusto, fra i cambiamenti di quest’anno c’è anche che proveremo a fare le Ardenne, che si legano meglio col Giro. Ho proprio voglia di rimescolare le carte.
Ma senti che bel tono di voce?
Sto bene, è vero. Questa svolta mi ci voleva, mi sto proprio divertendo. Come vi dicevo, con la freschezza di quando ero un ragazzo,