Prima, durante e dopo. Con Dario Cioni, persona di una correttezza esemplare, abbiamo parlato prima che il tentativo di Ganna iniziasse. Lo abbiamo osservato impietrito e concentrato durante. Poi ci abbiamo parlato alla fine di tutto, prima che anche lui raggiungesse Pippo e gli altri ragazzi al McDonald’s di Grenchen.
Indiscrezioni australiane
Con il preparatore toscano della Ineos Grenadiers c’erano domande rimaste aperte dall’incontro ai mondiali australiani, quando non aveva potuto dire tutto. Quando forse non era neppure necessario. Eppure nel parco di quella intervista, sul tappeto era rimasto il grosso punto di domanda della crono andata male.
«La condizione c’è – aveva detto – e secondo me la crono di domenica scorsa è stata una giornata storta. Lo abbiamo visto con il Team Relay. E se fosse qualcosa di diverso da una giornata storta, bisognerà capire cosa non ha funzionato. Però personalmente sarebbe una grossa sorpresa».
Le giuste condizioni
Sono passate due settimane, ma sembra un secolo e forse è meglio così. Ganna ha trascorso qualche giorno in famiglia e poi si è immerso totalmente nei ritmi e nella magia della pista. Prima a Montichiari e poi qui a Grenchen, tempio della pista svizzera.
«Prima di tutto – diceva Cioni l’altra sera – doveva recuperare energie mentali, ritrovare un po’ di freschezza e digerire la sconfitta del mondiale. Però insieme doveva iniziare anche a guardare al record. E’ avvenuto tutto quello che speravamo. Anzi, secondo me è arrivato molto più convinto di come sarebbe stato se avesse vinto il mondiale. Forse più carico e insieme rilassato».
Sensazioni e rapporti
Il coach propone e osserva. Cioni sapeva che prima di partire per l’Australia, Pippo aveva fatto un primo test per il record. Poi ha osservato la sua delusione ai mondiali e l’ha confrontata con i dati di allenamento e le scorie di un viaggio così lungo. Per questo a Wollongong e malgrado le tante critiche, Dario non era parso troppo allarmato. Così lo ha ripreso per mano, ha costruito attorno l’ambiente migliore e ha rilanciato l’andatura.
«Nel famoso test di lunedì scorso – diceva prima del via – Pippo avrebbe voluto continuare, mentre a noi bastavano 35 minuti. La durata minima era di 30 minuti, la massima 40. Non perché a 40 minuti va in crisi il processo di smaltimento dell’acido lattico: quel limite lui ce l’ha più avanti. Solo abbiamo preferito non esagerare perché era lunedì, quindi se avesse fatto troppo, magari non avrebbe potuto recuperare per bene.
«Tante prove sono servite anche per scegliere il rapporto. Venerdì ha voluto provare il 65 e il 66. Ha girato un po’ col 65 ed era contento. Il problema è che se le cose vanno bene, il 66 magari è vantaggioso. Però nel momento in cui dovesse calare, quel dente in più potrebbe essere svantaggioso. Si tratta di pedalare oltre le 96 pedalate, nella fase finale saranno 97-98».
Un piccolo rimpianto
Durante il record, Cioni è rimasto all’interno della pista, leggendo i tempi e passando a Villa i cartelli concordati per segnalare a Ganna l’obiettivo raggiungibile e il ritmo necessario. Così se da un lato il tecnico della pista mostrava i tempi su giro con il tablet, Dario preparava dei grossi cartelli con informazioni supplementari.
Quando la corsa è finita e Pippo ha centrato il nuovo record in 56,792 chilometri, Cioni ha stretto i pugni e poi lentamente si è sciolto. Ha accolto il suo corridore. Ha stretto mani ai ragazzi dello staff. Ed è rimasto costantemente un passo indietro. Era così anche da corridore, figurarsi adesso.
«Sapevamo – ha detto – che 56 sarebbe stato il minimo. Per scommessa s’era messo arrivare a 57. Eravamo partiti abbastanza convinti che Boardman si potesse battere e comunque non era poco. E’ stato un salto di quasi un chilometro e mezzo anche dal record di Bigham, fatto appena tre mesi fa».
«E’ stato chiaro da subito – ha detto ancora – che non andava per il 56, dopo 20 minuti si vedeva che fosse sempre un pochino in anticipo. Probabilmente però, se tornasse indietro, sono convinto che dal ventesimo al centesimo giro starebbe un attimo più coperto. Però in bici c’era lui, sapeva quello che doveva fare, ha deciso di rischiare. Alla fine, comunque, è sempre venuto un grandissimo risultato.
«Ha cercato di raggiungere il massimo o andare anche oltre, consapevole che c’era spazio per atterrare. Ti crei lo spazio di sicurezza, così puoi recuperare qualche giro casomai arrivasse la crisi. Boardman lo ha superato presto, andava per i 57, però è stato comunque un grandissimo risultato».
La scelta di Villa
Infine Villa, che lo ha ringraziato per avergli ceduto il posto in pista pur avendo il titolo di guidare Ganna. Si è trattato di un evento Ineos, la squadra avrebbe avuto tutto il diritto di pretendere il suo tecnico a bordo pista.
«Io ho sempre detto: il coach dietro l’atleta. C’è l’atleta che fa i risultati – ha spiegato Cioni – il ruolo del coach è mettere l’atleta nelle migliori condizioni. Questa è una pista e Villa è il tecnico della pista, quindi chi meglio di lui aveva l’esperienza per stare lì? C’era per le Olimpiadi e i mondiali. Pippo ha vinto i primi mondiali con Marco, quando io ancora non lavoravo con lui.
«E poi in pista c’era Marco, ma c’ero anch’io. Nel senso che siamo una squadra. Lavoriamo tutto l’anno insieme, non solo per questo evento. E Marco è quello di cui Pippo si fida ciecamente in pista, quindi sarebbe stato egoistico volere prendere il suo posto. Però, ripeto, la scelta deve essere dell’atleta, non di chi c’è dietro. E qua c’era anche tanta altra gente dietro che ha fatto un grande lavoro».