Guardando Alberto Contador all’opera sul traguardo di Aprica, è chiaro che lo spagnolo sia un signor professionista anche con il microfono in mano. Super concentrato. Preciso come quando si allenava. Meticoloso nel dare spiegazioni e interpretazioni. Quando poi ci parli, capisci che questo mondo ce l’ha ancora addosso e la voglia di correre non l’ha mai lasciato. E allora, vedendo nel frattempo passare Valverde al termine della tappa chiusa al quinto posto, capisci che questi giganti hanno davvero uno spirito speciale e solo il cedimento fisico mette fine a carriere che meriterebbero d’essere eterne. La gente lo sa, al punto che lo acclama con lo stesso slancio che riserva ai corridori in gara.
«E’ bello stare qui – dice Alberto – alla fine serve per calmare un po’ il mio desiderio di gareggiare. Sei in contatto con la gara, una sensazione in cui sono immerso quotidianamente anche con la squadra, la Eolo-Kometa. E’ gradevole, mi piace. Posso stare un po’ nell’atmosfera da diversi punti di vista».
Com’è questo ruolo in Eurosport?
E’ un piacere che mi abbiano chiesto di esserci per un altro anno. Mi permette di continuare a godermi questo sport. Inoltre vedere l’impegno che mettono anche acquisendo i diritti delle gare maschili e femminili, mi fa pensare che per il ciclismo ci siano bei tempi in arrivo.
In che modo si vivono giornate come questa?
In un modo speciale, perché alla fine in questi posti ho vissuto alcuni dei giorni più importanti della mia vita, che mi hanno segnato. Però dall’altro lato cerco di scollegarmi. Cerco di dirmi: “Alberto, quel momento è passato, ora stai facendo altre cose”. E’ il modo per calmare un po’ il desiderio di competizione.
E’ difficile?
A volte sì, specialmente in alcune tappe come questa.
Hai già parlato due volte di desiderio di competizione.
Ho sempre detto che non si può passare dal fare 200 chilometri al giorno a una vita sedentaria. Per cui mi sono preso l’impegno di uscire 3-4 volte a settimana in bicicletta. Ma non avevo valutato l’aspetto psicologico. Staccare mentalmente è stata la parte più dura.
Cosa ti pare di questo Giro?
Mi piace, un Giro molto godibile per gli spettatori, ma la mia sensazione è che i corridori siano molto stanchi. Credo che le alte temperature di questo Giro d’Italia abbiano fatto sì che abbiano speso più del solito. E giorni come questo sono una barbarie (il modo spagnolo di far risaltare la durezza di un percorso, con accezione eroica, ndr), con 5.000 metri di dislivello. Sono andati molto forte e domani (oggi per chi legge, ndr) li aspetta una nuova tappa complicata. Credo sia un bel Giro.
Nessuno si aspettava tanto caldo.
La cosa più speciale del Giro è che è una corsa vissuta più quotidianamente del Tour o della Vuelta. Il corridore sa di doversi adattare il più possibile alle condizioni meteorologiche, diventa praticamente una sorta di sopravvivenza. Ma nessuno pensava di trovare due settimane così calde.
Carapaz ha già vinto?
Non ancora. Hindley, Landa e Almeida sono tra i principali candidati. Credo che Richard abbia la situazione abbastanza sotto controllo. Però sia la Bora, che il Bahrain e Almeida non glielo renderanno facile.
Credi che la crono di Verona sarà decisiva?
Penso di no.