Tornare a vedere la luce in fondo al tunnel. Con la sua vittoria al Gp Slovenian, Mirco Maestri sembra proprio esserci riuscito. Il reggiano si è lasciato alle spalle avversari e sfortune varie. Adesso può finalmente tornare a guardare avanti con serenità.
Quando lo pizzichiamo, il corridore della Bardiani Csf Faizanè è appena rientrato dall’allenamento. Tre ore e 40′ e passa la paura.
La tua vittoria della scorsa domenica, Mirco, arriva dopo un brutto infortunio…
Esatto, l’anno scorso mi sono rotto la scapola in tre parti. La notte non riuscivo a dormire e poi c’è stata la paura di quando si rientra a correre, tanto più dopo una stagione quasi nulla come quella dell’anno scorso. E’ stata come se non avessi corso.
Tu eri in Argentina, al San Luis…
Sì e venivo da un buon ritiro in Spagna. Poi dovevamo andare in Oman ma è stata annullata così ci hanno invitato in Colombia. L’idea non era male perché si correva a 2.500 metri di quota, si poteva fare dell’ottima base in altura e invece poi si fermato tutto.
E in estate il tuo incidente, sei caduto mentre scendevi dal Gavia in una galleria. Come è stato il tuo recupero?
Appena tornato a casa, Leonardo Morelli, amico e fisioterapista, mi ha consigliato il dottor Porcellini di Forlì, che lavora con i piloti della MotoGp, è un guru della spalla. Non mi ha fatto operare, temeva per le aderenze a venire. Dopo dieci giorni la muovevo e poi andava sempre meglio. Ancora oggi in certi movimenti, ma molto estremi, tira un po’, altrimenti è come se non avessi avuto nulla. Dopo 20 giorni con la terapia in acqua ero quasi tornato normale e mi ha tolto il tutore. Il giorno successivo ho fatto una lastra e Porcellini mi ha detto di muoverla normalmente. Il ventinovesimo giorno sono risalito in bici. Lui mi faceva fare degli esercizi al limite e pensavo: adesso me la spacca!
E quando sei tornato in sella avevi paura?
Un po’ sì, più che altro perché facevo fatica a prendere il manubrio. Ma ho notato subito un miglioramento netto. Sarà stata la circolazione, non so, ma dopo tre giorni di bici era come se non fosse successo nulla. E comunque che tutto sia a posto, l’ho verificato la settimana scorsa: in Belgio sono caduto due volte, e posso dire che il pavè è duro!
Tu sei di Reggio Emilia, ma come fai con le salite per allenarti?
Sono di Luzzara, nel bel mezzo della pianura Padana, anche se adesso abito in provincia di Mantova, a Suzzara. Ma mi sento reggiano! Come faccio con le salite? Ho sempre la bici in macchina! D’inverno vado verso il lago di Garda, dove anche le temperature sono migliori, d’estate vado verso le colline di Reggio. Raramente esco di casa in bici, giusto se devo fare dietro motore con mio papà Gianluca.
Che grinta!
Eh, me lo dicono in tanti, ma per me è normale. Sono cresciuto così. E infatti quando vado in ritiro mi sembra di rilassarmi, parto e ritorno in bici, faccio subito la doccia…
Che corridore è Mirco Maestri? Tu vincesti anche una crono in Cina due anni fa…
Era una crono anomala: tutta un saliscendi, ipertecnica, si correva con la bici da strada. Che corridore sono: completo, vado piano dappertutto! No, scherzo. Sono un passista veloce che quando sta bene bene, si difende anche sulle salite brevi. Una mia buona dote è la resistenza.
Ma quanto è cambiata la Bardiani quest’anno?
E’ cambiata ed è normale che si voglia fare qualcosa di più anche per gli sponsor, visto come è andata l’anno scorso e con gli stessi che ci hanno dato fiducia, ma devo dire che lo spirito di famiglia si sente ancora.
Chiudiamo il cerchio: la tua vittoria è stata una liberazione? Te l’aspettavi?
Una liberazione sicuramente – esclama Maestri – non me l’aspettavo per le sfortune dalle quali venivo. Ero caduto in Belgio, un’altra corsa sempre lassù non l’avevo conclusa per una noia meccanica… Però devo dire che proprio nel giorno in cui sono caduto due volte, sono riuscito a finire la corsa e lì ho capito che stavo bene. Lassù non è facile quando tutto va bene, figuriamoci quando cadi. In più io prediligo le corse a tappe e ne avevo fatte solo di un giorno. Insomma, ci voleva proprio!
Beh a questo punto raccontaci la tua vittoria. Portaci in sella con te…
E’ stata una corsa di 150 chilometri, ma con 2.200 metri di dislivello. Noi Bardiani abbiamo cercato di fare la gara e nel finale eravamo in superiorità numerica. E’ partita una fuga di tre. Lì abbiamo avuto un po’ di paura perché a controllare eravamo in pochi, ma siamo comunque riusciti a tenerli a tiro. Ai meno tre sono rientrato grazie ad una tirata di Mazzucco. Io ho provato a tirare dritto, ma non mi hanno lasciato spazio. Nel chilometro finale è partito un corridore sulla destra che è arrivato fino ai 500 metri. Con il diesse Donati avevamo visto che il vento era a favore e che si poteva partire lunghi, ma 500 metri… sono 500 metri.
E quindi?
Mentre pensavo tutto ciò è partito un altro ragazzo che però è arrivato fino ai 400 metri a quel punto non volevo ripetere l’errore del Giro 2019, cioè di aspettare troppo, e sono partito. Ricordo che c’era un dosso, ho buttato giù il 10 e ho chiuso gli occhi. Li ho riaperti ai cento metri. Marchiori dell’Androni mi stava rimontando ma poi anche lui si è fermato…. E mamma mia, una volata che mi è sembrato durasse un’eternità!
E adesso quali sono i tuoi prossimi impegni?
Aspetto il programma di aprile e vediamo che corse fare. Il Giro, come giusto che sia, noi della Bardiani ce lo dobbiamo guadagnare. Ci va chi è più in forma.