In questi giorni Paolo Sangalli è a casa e morde il freno. Da lunedì sarà al Giro d’Italia, il suo primo Giro d’Italia, sull’ammiraglia della Lidl-Trek e a sentirlo parlarne si coglie l’emozione del debutto. Potrebbe sembrare singolare per un tecnico che ha guidato la nazionale per quattro Olimpiadi e quindici mondiali, ma il Giro è speciale e tutto nelle sue parole lo lascia trasparire.
«Quando mi hanno detto che avrei fatto il Giro – racconta – è stato emozionante, perché comunque per un italiano il Giro d’Italia è il Giro d’Italia. Se ci fosse stato in ballo il Tour, avrei scelto comunque il Giro. Poi è stato tutto un avvicinamento. Dopo la Tirreno, ho fatto il Catalunya, poi il Tour of the Alps e il Romandia. In queste gare trovi quelli che faranno la corsa rosa e cominci a vedere le dinamiche delle squadre, che non conoscevo perché arrivo da un ambiente diverso. E questo mi è stato davvero utile per capire, visto che c’è ancora tanto da imparare».


Fino agli ultimi mondiali, Paolo Sangalli è stato il cittì delle donne junior ed elite. E’ subentrato all’amico Dino Salvoldi, quando alla fine del 2021 il bergamasco fu spostato agli juniores, mentre alla fine dello scorso anno, si è trovato d’accordo con Luca Guercilena e ha accettato l’ammiraglia della Lidl-Trek. Tutti si aspettavano che lo avessero preso per guidare le donne, invece è stato assegnato alla squadra WorldTour, pur con qualche apparizione nel devo team e con le donne. E ora arriva il Giro d’Italia: se ci fosse la maglia bianca per i tecnici, Sangalli sarebbe pienamente in lotta.
Coma sta andando questo debutto?
Sono molto, molto contento. Sapevo dal di fuori com’era la squadra, ma posso confermare che non c’è nulla lasciato il caso. Ognuno ha un compito preciso e le cose vengono fatte in modo davvero ultra professionale, sono davvero contento.
In che modo cambia il rapporto con gli atleti?
Dal mio punto di vista, che siano uomini o donne, il rapporto è identico. Chiaramente fra uomini e donne ci sono delle sfumature diverse. In nazionale con le junior ero quasi il papà, mentre con le grandi c’era un altro rapporto. Con i professionisti è ancora un’altra cosa. Ho fatto anche la Roubaix con il devo team e si capisce che sono ancora dei ragazzi. In assoluto il bello in questa squadra è la percezione in tutte le situazioni, che si parli di donne, uomini o under 23, che siamo un solo gruppo.


Secondo te hai provato tante situazioni per prendere le misure e fare esperienza?
Secondo me per farmi entrare nella squadra, in modo da avere una visione complessiva. Tanti di questi direttori sportivi e tanti dello staff ci sono dal 2012, da quando è nata la squadra. Si respira un’atmosfera di squadra vera, consolidata. Quindi il fatto di farmi girare in ogni ambito probabilmente serve per farmi entrare in tutte le dinamiche. E vi assicuro che è una buona scelta, perché adesso ho chiaro come funziona tutto.
Serve anche per legare con i vari membri dello staff?
Certamente, anche se in certe situazioni, vedendo Archetti, Adobati e Cerea, mi sembra di essere ancora in nazionale.
Per il tuo passaggio è stato decisivo il buon rapporto con Luca Guercilena?
E’ stata una cosa nata negli anni. La conoscenza reciproca, anche la frequentazione col capo delle performance Josu Larrazabal. E’ stato un insieme di cose, non è che ci siamo trovati un giorno e l’abbiamo deciso. Ci siamo avvicinati piano piano. In più, io avevo nella testa che dopo quattro Olimpiadi e quindici mondiali, fosse arrivato il momento di cambiare. Non perché stessi male, ma perché probabilmente avevo bisogno di stimoli nuovi. Penso di aver dato tanto in nazionale e tanto ho ricevuto. Sapete come lavoravo, tutta la mia giornata era dedicata a quello. Andavo a vedere le gare delle junior, andavo all’estero a vedere le gare delle grandi. Avevo gli stessi rapporti con le squadre delle piccole e le WorldTour. Avevano la stessa importanza.


Ti capita più di sentire le ragazze della nazionale?
Non come prima, ma le seguo. Domenica c’è stata anche una gara delle junior in Francia, che abbiamo sempre corso anche noi, e ho saputo i risultati in tempo reale. Per le donne ho anche un compito di scouting. Quindi sono molto attento e ci tengo un occhio di riguardo.
Come stai vivendo questa prima settimana di Giro vista in televisione? Stai mordendo il freno?
Non vedo l’ora che venga lunedì e sono contento di cosa hanno fatto sinora. C’è un grande campione che è Pedersen, ma finora c’è stata una grande squadra, non c’è ombra di dubbio. Era un obiettivo chiaro per tutti, ci siamo arrivati pronti e lo abbiamo conseguito. Chiaramente Pedersen non porterà la maglia rosa fino a Roma, ma la terrà il più possibile. Abbiamo visto Ciccone aiutare tutti e Mosca davanti dai primi chilometri. Vedere che c’è la squadra è la cosa più bella (purtroppo ieri la Lidl-Trek ha perso Kragh Andersen per frattura nel polso, ndr). Un po’ mordo il freno, darò il cambio a Kim Andersen e ci presenteremo alla seconda settimana belli freschi anche sull’ammiraglia.