Knudsen, parlaci dei tuoi eredi norvegesi a cronometro…

02.10.2022
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L’uno-due del ciclismo norvegese a Wollongong ha fatto rumore, Tobias Foss e Soren Waerenskjold hanno portato a casa l’oro mondiale nelle due principali categorie maschili a cronometro, rinnovando quella scuola nordica che ha sempre avuto un grande peso nella specialità. Ori nati non a caso, che hanno radici lontane, riconducibili a un atleta, Knut Knudsen.

Knudsen è stato l’uomo che ha aperto un’epoca, un po’ come Borg per il tennis svedese o Nadal per quello spagnolo, ossia campioni dietro i cui successi si è costruita una scuola. Knudsen vinse l’oro olimpico a Monaco ’72 nell’inseguimento, conquistò ben 6 tappe a cronometro al Giro d’Italia sfiorando anche la conquista della maglia rosa alla fine degli anni Settanta, conquistando in tutto 31 successi.

Knut Knudsen è nato a Levanger il 12 ottobre 1950. Ha vinto 6 tappe al Giro d’Italia
Knut Knudsen è nato a Levanger il 12 ottobre 1950. Ha vinto 6 tappe al Giro d’Italia

Oggi Knudsen è in pensione e divide il suo anno fra la Norvegia e l’Italia, alla quale è sempre rimasto legato dopo averci vissuto tutta la sua carriera professionistica, portando tanti suoi connazionali a conoscere il Bel Paese in bicicletta e organizzando per anni anche un’apprezzata granfondo nel Lazio.

Come nasce questa propensione dei norvegesi per le prove contro il tempo?

Credo che sia dovuta molto alla conformazione fisica dei norvegesi e del nostro Paese. Il nostro territorio è molto più grande di quello italiano, ma la popolazione è di soli 5 milioni di persone. Questo significa che ci sono grandi distanze e ciò porta molti ragazzi ad allenarsi da soli, ad abituarsi a confrontarsi con se stessi. Questo vale nello sci di fondo che resta il nostro sport principale, ma anche nel ciclismo. Un’altra particolarità è che ci si allena sempre: quando arrivai in Italia rimasi sorpreso dal vedere che molti, con la pioggia rimanevano a casa. Noi ci alleniamo con qualsiasi condizione atmosferica: se dovessimo uscire solo con il sole, staremmo sempre in casa…

In Norvegia la passione per il ciclismo sta dilagando anche a livello amatoriale
In Norvegia la passione per il ciclismo sta dilagando anche a livello amatoriale
Parlavi però anche di una propensione fisica…

Fisica e culturale. I bambini sin dalla più tenera età sono abituati a fare sport, questo aiuta nello sviluppo fisico negli anni più delicati. Molti norvegesi hanno il fisico alto e slanciato e acquisiscono per le ragioni dette prima una certa abitudine a confrontarsi con il tempo, il che poi diventa anche la base per l’attività ciclistica a 360 gradi. Faccio un esempio: ai miei tempi arrivavamo a iniziare la stagione con i ritiri senza avere chilometri nelle gambe, ci eravamo allenati un po’ sui rulli e basta, ma quando iniziavano le gare in Belgio e Olanda eravamo già pronti per tenere testa ai locali.

Quanto è cambiato il ciclismo norvegese rispetto alla tua epoca?

Enormemente, ai miei tempi eravamo davvero pochissimi, nelle gare elite c’era al massimo una quarantina di corridori, non c’erano squadre, non c’era una grande struttura. Oggi il ciclismo in Norvegia è molto diffuso, non come lo sci di fondo ma è sicuramente uno degli sport più praticati e seguiti, la bici è diventata un mezzo comune di spostamento e non solo. Inoltre si stanno sviluppando grandi squadre: la Uno-X è un riferimento assoluto, ma intorno ad essa ne stanno sorgendo anche altre e questo è un grande aiuto. I numeri di oggi non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli dei miei tempi.

Nono al Giro 2021, Foss con l’oro iridato punta ora a un ruolo di primo piano nei grandi Giri
Nono al Giro 2021, Foss con l’oro iridato punta ora a un ruolo di primo piano nei grandi Giri
Che impressione hai avuto dell’impresa di Foss?

Lo conosco da tempo, lo seguo da qualche anno. E’ un corridore che già ha colto qualche buon successo e ha fatto vedere cose buone, ma secondo me deve ancora esprimersi appieno. Se guardate questo inizio di carriera, migliora ogni anno che passa. Non è solo un cronoman, in salita va bene, magari in quelle lunghe cede a 2-3 chilometri dalla cima ma non molla mai del tutto e questo significa che c’è del talento, anche come carattere.

Molti lo paragonano a te, anche per la sua propensione per le corse a tappe considerando che vanta la vittoria al Tour de l’Avenir…

Io ero più pesante, infatti nei tapponi di montagna tenevo per la prima salita, magari la seconda, ma poi avevo troppo peso da portar su. Tobias è meglio strutturato, io credo che ci regalerà grandi soddisfazioni anche nei grandi Giri.

Waerenskjold era stato già argento europeo nel 2021 a cronometro e nel 2017 in linea
Waerenskjold era stato già argento europeo nel 2021 a cronometro e nel 2017 in linea
E di Waerenskjold che cosa puoi dire?

Quello è un talento assoluto: va forte contro il tempo, ma anche in salita e in discesa, io dico che può fare davvero tutto. E’ un fuoriclasse e soprattutto un bel personaggio. Mentalmente è concentrato, ma sa stare al mondo, ha una simpatia innata, si pone sempre bene.

E’ chiaro che per il ciclismo norvegese resti un riferimento, ma sei appagato della carriera che hai avuto?

Assolutamente sì. Venivo da un piccolo Paese e sapevo che per diventare professionista dovevo mettermi in luce. Allora era forse più facile passare di categoria se avevi ottenuto risultati, ma quella era l’unica strada. Inoltre nessuno l’aveva mai fatto prima nel ciclismo in Norvegia. Un giorno venne Marino Fontana e mi convinse a trasferirmi in Italia, alla Jollyceramica, da lì è iniziato tutto e quei 3-4 mesi a Vicenza hanno influito su tutta la mia vita. L’Italia non l’ho lasciata più, ogni anno arrivo a marzo e vado via a settembre…