Vincenzo Galati ha vissuto il ciclismo in modo intenso, conoscendone suo malgrado anche le pieghe più brutte. Ora ci è rientrato solo dopo averci fatto pace per prestare la sua esperienza al servizio dei giovani dell’Onec Team di Parma.
Il 54enne palermitano era uno scalatore pimpante e non è stato uno qualunque a cavallo degli anni Novanta. Da junior nel 1987 conquista il secondo posto al Lunigiana dietro Zanini, nel 1992 stesso piazzamento dietro il grande Pantani nella generale del Giro d’Italia Dilettanti, categoria nella quale Galati ottiene otto vittorie e dodici secondi posti. Tutti risultati che gli valgono un contratto tra i pro’ con la Amore&Vita. Poi però nel ’94 qualcosa non va per il verso giusto e la sua carriera si interrompe, vivendo difficili momenti sul piano psicologico e personale. Partiamo da qui per capire quale sia stata la molla che lo ha fatto tornare nel mondo del pedale dopo tanti anni e come lo ha ritrovato.
Vincenzo come mai ha smesso di correre?
Mi sono trovato di fronte a un bivio. Già a fine ’92 avevo perso gli stimoli però Giorgio Vannucci, l’allora diesse dell’Amore&Vita, voleva prendermi perché credeva in me. Accettai volentieri perché alla fine era il mio sogno. Ripresi morale, stavo bene e nel ’93 disputai il Giro d’Italia. Nonostante non fossero arrivati i risultati, fu una buona stagione. L’anno successivo mi dissero di prepararmi che avrei corso nuovamente il Giro per farmi trovare pronto soprattutto dalla seconda settimana in avanti. L’avvicinamento fu buono. Andai bene all’Appennino e al Trentino (attuale Tour of the Alps, ndr). Poi arrivò la mazzata…
Cosa successe?
Vannucci se ne era andato dalla squadra e per me si complicarono le cose. Infatti a poche settimane dall’inizio del Giro, mi dissero che ero già troppo avanti con la condizione, che la squadra aveva puntato sui velocisti e che quindi serviva gente che andasse forte in pianura. In pratica non gli servivo più. Per me fu la goccia che fece traboccare il vaso. La presi molto male. Conclusi la stagione, ma non ne volevo più sapere del ciclismo. Mi dava fastidio anche solo vedere girare una ruota. Da quel momento non mi vergogno a dire che ho passato circa otto anni di depressione. E capisco gli stati d’animo vissuti dal povero Marco. Che corridore che era, quello andava forte davvero in salita. Ho avuto la fortuna di duellare con lui e quel secondo posto per me vale una vittoria (sospirando e riferendosi a Pantani, ndr)…
Adesso però la ritroviamo in una formazione di U23. Come ci è arrivato?
La vita mi ha portato a vivere a Salsomaggiore Terme. E contemporaneamente a riallacciare il rapporto col ciclismo. Un po’ di anni fa ho conosciuto Allegri, il presidente dell’Onec Team, che mi chiedeva dei consigli. Aveva suo figlio che correva, ma non aveva riferimenti. Così abbiamo iniziato a frequentarci, finché lui a metà 2022 ha rilevato la società che aveva diverse difficoltà e mi ha chiesto di entrare nello staff. Non posso fare il diesse, perché non ho la tessera e perché col lavoro non riuscirei a garantire una certa presenza, però sono ottimamente coperti con Olivano Locatelli. In ogni caso mi sono reso subito disponibile per aiutare il presidente e i suoi ragazzi.
Perché ha accettato questa proposta?
Non voglio entrare troppo nello specifico della precedente gestione della squadra, ma il motivo è semplice. All’inizio del 2022 avevo visto alcuni ragazzi che, da fuori, sembravano abbandonati a se stessi. E che ad un certo punto si sono ritrovati senza un alloggio. Sono stati tutti ospitati dal presidente Allegri e questa cosa mi ha toccato l’anima. Perché non si può giocare col sogno di un ragazzo. In loro mi ci sono rivisto io quando da addirittura esordiente e allievo emigrai dalla Sicilia al Lazio per correre. Per fortuna che in quel periodo trovai brave persone che mi insegnarono anche un lavoro, quello del meccanico, che faccio tutt’ora.
Che squadra è l’Onec Team?
Abbiamo tanti ragazzi giovani che, per un motivo o l’altro, non voleva più nessuno. Siamo contenti di poterli formare e farli crescere. La nostra punta è Andrea Colnaghi (fratello di Luca della Green Project Bardiani, ndr) che è già elite. Abbiamo anche Nikita Tur, un ragazzo bielorusso con un buon talento e che è andato lontano da casa per correre e diventare un corridore. Infine mi fa piacere ricordare che tesserata con noi c’è anche Veronica Frosi, già campionessa italiana di handbike.
Si ritrova a lavorare con Locatelli. E’ uguale ai suoi tempi o si è ammorbidito?
Con Olivano c’è una buona amicizia. Con lui da dilettante alla Domus 87 ho fatto i miei migliori risultati con 175 punti internazionali che valevano tanto all’epoca. So che è sia amato che odiato, ma per me rimane uno dei migliori tecnici e preparatori in circolazione. Ha dovuto certamente rivedere i suoi metodi perché sa anche lui che non vanno più bene per i corridori di oggi. Ma secondo me sa ancora tirare fuori il meglio dai corridori.
Che tipo di ciclismo ha ritrovato Vincenzo Galati a distanza di tanto tempo?
E’ cambiato parecchio naturalmente. Stanno bruciando le tappe col rischio che alla fine si brucia soltanto il ragazzo. Adesso c’è troppo stress attorno a questi ragazzi. Ho sposato il progetto del nuovo Onec Team perché vogliamo insegnare un ciclismo vecchio stampo, con dei valori. E’ un programma a medio-lungo termine. Abbiamo gettato le basi. Ci vorrà pazienza però siamo convinti di raccogliere risultati e soddisfazioni.
E’ una scelta anacronistica visto il ciclismo giovanile attuale. In cosa consiste?
Sì, è vero, ma siamo una squadra piccola. Ad oggi il nostro budget non ci permette di avvalerci di figure specifiche fisse come nutrizionista o biomeccanici o altre ancora. Non è detto che non possa succedere in futuro, però vogliamo far capire ai ragazzi che si può fare ciclismo anche in questo modo. Quantomeno nella nostra zona. Poi vogliamo che i nostri atleti crescano sotto il profilo umano. Per noi è importante che vadano bene con lo studio perché gli tornerà utile nella vita. Ci teniamo che sappiano fare aggregazione fra loro. Il ciclismo ha anche un valore sociale. Ti tiene lontano dalle cattive compagnie e ti fa crescere nelle relazioni con le altre persone.