Una madre conosce il proprio figlio come nessun altro, ne conosce i pregi e i difetti, ricorda aneddoti passati e apprezza quelli del presente. Proprio per questi motivi è Flavia a parlarci del figlio Michele, il grande Michele Scarponi…
Come mai ha iniziato a fare ciclismo?
A casa nostra non si praticava, ma si seguiva tantissimo. E’ nato tutto un po’ per caso. Per fare ciclismo si sarebbe dovuto spostare, perché qua a Filottrano non c’erano squadre e visto che sia io che mio marito lavoravamo era difficile per noi accompagnarlo. Un nostro amico, però, che spesso lo vedeva vicino casa andare in bici, ci diceva che era portato per questo sport. Così ci convinse e anche con l’aiuto di mio suocero che lo accompagnava agli allenamenti, ha iniziato.
La sua simpatia…
Fin da bambino aveva un carattere allegro, scherzoso e giocoso. Da ragazzino raccontava sempre barzellette che facevano molto ridere. E’ nato con questa dote che non lo ha mai abbandonato.
Da chi ha ereditato questo carattere?
Forse dai nonni sia materni che paterni, sono persone molto allegre e aperte.
Alle gare…
Quando era ragazzino l’ho sempre seguito, finché mi è stato possibile, ma alle gare avevo sempre paura che cadesse, che si facesse male, soprattutto quando andava in discesa. Una paura che non è mai passata, ciò non toglie il fatto che mi piacesse il suo lavoro… Ma da madre si vive con ansia. Ogni volta che finiva una gara e lo vedevo oltrepassare la linea del traguardo, facevo un sospiro di sollievo.
La vittoria più bella?
Ha iniziato a correre a otto anni, era piccolissimo. Fece la prima gara il giorno del suo compleanno e vinse. Quella vittoria se chiudo gli occhi ancora la rivedo, è stato davvero bello. Era ancora un gioco, ma forse lì c’è stato l’inizio di tutto.
Com’era come papà?
Giocherellone, speciale. I bambini non se li godeva molto a causa del lavoro, ma per quel poco che c’è stato li faceva divertire e si divertiva insieme a loro.
Quanto è stato importante questo sport per Michele?
Il ciclismo è una donazione di vita. E’ stato importantissimo per lui, l’ha fatto crescere tanto forse anche grazie alla varie difficoltà che ha dovuto affrontare. Ci vuole carattere per fare questo sport. Da bambino è un gioco, ma durante l’adolescenza se non hai tanta volontà e forza mentale, se non sei circondato da persone che ti incoraggiano… molli! Se ti piace, se hai qualcuno che ti segue sempre, se hai carattere vai avanti, nonostante tutti i sacrifici e i divertimenti di cui devi privarti per allenarti o fare una gara. Non aveva amici che facevano il suo stesso sport, mollare sarebbe stato semplice. Ma lui ha avuto questa grande forza, che non è per nulla scontata (accenna un sorriso, ndr).
Come sono i due gemellini?
Meravigliosi! Assomigliano tanto al papà, uno dei due poi… ha il suo stesso modo di scherzare, parlare, camminare. Anna, la loro madre, è una persona meravigliosa. Non gli fa mancare nulla, sono sempre felici e allegri.
Nella 19ª tappa del Giro 2016, Michele fece qualcosa che pochi sarebbero disposti a fare…
Quel giorno ero lì con mio marito. Ero arrabbiatissima (ride, ndr), era in fuga e stava andando a conquistare la vittoria. Gridavo a più non posso: «Michele, devi vincere, non ti fermare, non ti fermare!». Ma lui è stato molto più bravo di me e si fermò. Volevo con tutta me stessa che vincesse, se lo meritava, ma è stata comunque bellissima quella tappa. Lui era così: forte e umile.
Quel giorno, dopo il Colle dell’Agnello, Michele si fermò per aspettare il capitano Vincenzo Nibali che, grazie al suo grande lavoro, riuscì a vincere la tappa e ribaltare il Giro d’Italia. Un capolavoro a quattro gambe.
Michele è amato da molti.
L’anno scorso dalla Svizzera una signora con suo figlio passarono dalle Marche. Il ragazzo, autistico, era agitatissimo, ma hanno comunque continuato il viaggio per andare giù dai nonni. Lui amava tanto Michele, conosceva tutto di lui ed era agitato perché aveva capito di essere vicino a Filottrano e sarebbe voluto passare. Tempo dopo, effettivamente, sono venuti a trovarci ed è stato un bellissimo momento. In queste occasioni capisco quante cose belle ha lasciato mio figlio negli altri.
Continuate a seguire il ciclismo?
Se possiamo seguire qualche gara dal vivo andiamo, ma quando mio marito segue le corse in televisione, guardo qualche secondo e poi vado via. E’ uno sport che mi è sempre piaciuto, ma adesso… Mi interessa sempre, sì, ma nei limiti…
La Fondazione Michele Scarponi…
Mi auguro che mio figlio sia d’esempio, grazie alla Fondazione, spero che le persone capiscano, inizino a ragionare e a stare molto più attenti in strada. Michele amava il suo lavoro, tantissimo, se non aveva la bicicletta era come se gli mancasse qualcosa. E quando qualcosa si ama, si tende a non vederne gli aspetti negativi, ma bisogna sempre stare attenti.