Il domani per Elia Viviani è già oggi. Tanti progetti in cantiere, dal ruolo in federazione all’impegno come diesse della Ineos, ma intanto qualcosa è già parte del presente ed è il suo impegno nella Ducati, bandiera azzurra degli sport motoristici quanto la Ferrari, che ha lanciato la sua nuova alta gamma di bici affidando all’olimpionico, a Vincenzo Nibali e all’ex campione di downhill Lorenzo Suding non solo il ruolo di testimonial, ma coinvolgendoli direttamente in tutta la fase di realizzazione di ogni singolo modello, dalla progettazione fino ai test sul campo.


Viviani è entusiasta di questa iniziativa, ritrovando per strada anche vecchie conoscenze: «Tutto è partito dal rapporto che ho con la famiglia Zecchetto, proprietaria della Diamant Srl coinvolta nel progetto al pari di Alé Cycling e DMT. Li conosco da quando avevo 15 anni, Federico Zecchetto mi dava le scarpe già da ragazzino, negli anni ho testato scarpe nuove, prototipi, dato feedback. La parte tecnica mi è sempre piaciuta. Qualche mese fa hanno avuto questa opportunità e mi hanno reso partecipe di questo. Ovviamente è un progetto che mi ha subito preso. Combaciava anche con il fatto che avrei chiuso la mia carriera a fine stagione. Ed era una sfida su cui mi sono voluto buttare subito, con delle idee. Prima il design poi i primi prototipi, la prova, i primi prototipi degli studi sulle laminazioni, su tutto quello che si fa dietro le quinte per fare una bici di alta gamma, con montaggi moderni e di super qualità».
Quanto c’è di Ducati in tutto ciò?
Molto. Ducati è coinvolta al 100 per cento, non è una delega a occhi bendati al gruppo Zecchetto. Il brand Ducati è coinvolto nelle scelte e nell’approvazione di tutto, dal design alle colorazioni di tutto insomma, quindi è una cosa che è partita bene. E’ un primo passo e chissà cosa potrà riservare il futuro.


Che tipo di mercato potranno avere, solo per la vendita o potrebbero avere anche uno sbocco nel ciclismo agonistico?
Ovviamente in azienda se ne parla, ma il primo step è quello di fare delle bici che abbiano mercato e che siano comunque di qualità. Vediamo come andranno i prossimi anni, è una visione a lungo termine. Diciamo però che per la mentalità con cui Ducati approccia lo sport, quella è un’opzione importante. Ma bisogna avere i giusti tempi perché il mondo del professionismo è molto esigente e non richiede una bici da strada punto e basta, ma anche la bici da cronometro, quella aerodinamica, quella super light e quindi siamo ancora lontani.
Quando tu hai iniziato a correre, le aziende produttrici italiane erano quasi un monopolio nel mondo del ciclismo professionistico. Poi sono emerse tante altre realtà da tante nazioni. Questo restituisce anche un’immagine tricolore, considerando anche il peso specifico che la Ducati ha nel mondo del motociclismo?
Sì, assolutamente. Già il fatto che loro abbiano visto nel ciclismo un grande potenziale è una grande notizia. Questa è la parte che a me ha subito entusiasmato, perché se un grande gruppo così ha visto qualcosa vuol dire che il ciclismo ha qualcosa da dare. Questa è la parte su cui ovviamente dobbiamo lavorare. Ducati ha il pieno controllo di quello che viene prodotto in termini di qualità e di progetto. La bici da strada arriverà probabilmente intorno a marzo 2026, poi ci sarà un’e-mtb e la gravel è già avanti nella progettazione, queste saranno diciamo le tre bici che vedremo nel 2026, con ovviamente la volontà di ampliare la gamma.


Si dice sempre che mancano i grandi sponsor, le grandi aziende italiane al mondo del ciclismo tricolore. Potrebbe essere un primo passo questo per coinvolgere grandi nomi?
Perché no? Se aspettiamo che lo sponsor arrivi, che cada dal cielo, possiamo aspettare all’infinito… Secondo me il ciclismo è un ottimo mondo che può dare tanto in termini di visibilità ma che deve sapersi vendere. Se Ducati si è avvicinato significa che c’è qualcosa di interessante e noi dobbiamo lavorare su questo, saper vendere questo qualcosa per far sì che grandi aziende si avvicinino. E’ un importante brand che può fare da trascinatore, visto che stiamo soffrendo da anni e anni senza squadre nel WorldTour. Ci vorrà qualche anno, c’è da lavorarci dietro bene perché poi il sogno si avveri.
Come stai vivendo queste prime giornate extra bicicletta?
La gran differenza è che ti alzi al mattino e la priorità non è prendere la bici e chiedersi “che allenamento devo fare?”. La colazione è più libera, l’approccio alla giornata è molto più rilassante. Ovvio che cerco sempre di ritagliarmi uno spazio per fare sport e questa cosa qua da una parte mi piace perché alla fine vuol dire che non starò lì seduto al computer o sul divano tutto il giorno, dall’altra stempero l’impegno fra meeting, email e tutto il resto di una giornata lavorativa da costruire. Sai la cosa che mi piace di più?


Cosa?
Mangiare diversamente da quello mangiavi da atleta, quindi tipo la mattina mi sveglio e mi faccio una fetta di pane con la nocciolata invece dell’omelette… Vedo che i pasti nella vita normale sono un po’ meno “importanti” della vita da atleta.
A prescindere dagli impegni, avrai comunque qualche possibilità in più anche per uscire in bicicletta con tua moglie, accompagnarla nei suoi allenamenti…
E’ una delle cose che amo di più. L’altra mia priorità era non fermarmi, non sentivo la necessità di “staccare” 3-4 mesi per poi ripartire, il mio obiettivo era comunque rimanere all’ambiente e cercare di fare il meglio possibile in vari rami. Ma gran parte del tempo restante è dedicato a mia moglie, agli allenamenti insieme a lei, quindi diciamo che avrò delle tabelle di allenamento basate su quello che farà Elena per passare il tempo insieme. E ovviamente sarò più presente anche nella sua ultima stagione alle gare che a cui potrò esserci.