Coach Malori e il piano B che sta andando alla grande

25.11.2023
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BASILICANOVA – Parma dista una ventina di minuti, dietro le colline là in fondo c’è una valle incantata in cui vengono prodotti i prosciutti migliori. Lo studio di 58×11 di Malori lo riconosciamo dalla vetrina e difficilmente lo dimenticheremo, dato che prima di ripartire un vigile ha pensato bene di regalarci una multa per il verso sbagliato nell’uscire dal parcheggio. Colpevoli, bisogna ammetterlo, ma lui è stato inflessibile.

Dopo la solita raffica di battute, Malori fa da guida (in apertura con Fabrizio Pasolini e Nicola Percivaldi, i titolari di Regola Bikes, di cui Malori è testimonial). L’ambiente è dominato da alcune sue foto da corridore. Lo capisci da ogni parola che il discorso interrotto da quell’incidente del 2016 in Argentina continui a galleggiare nell’aria. La sua seconda vita richiede ugualmente abnegazione e impegno e in breve il campione del mondo 2008 della crono U23 si è costruito una posizione. Preparatore per gli amatori, ma anche per gli juniores della Nial Nizzoli, perché un piede nel ciclismo agonistico continua a tenerlo, in prospettiva che magari qualche squadra più grande un giorno venga a bussare alla sua porta. Intanto la sua esperienza la… sfruttiamo noi, con i tanti e bellissimi approfondimenti su quel che succede nel gruppo.

«Sono partito a fare questo mestiere – racconta – nel settembre 2017. Prima lo facevo da un meccanico poi nel 2018 mi sono messo in proprio. E dopo un periodo in un altro centro, mi sono trasferito qui. Non ci avrei mai pensato, senza quell’incidente. Finché ho corso, anche per l’ultima gara, non ho mai voluto considerare un piano B. Volevo soltanto tornare a correre. Invece il giorno che ho smesso, eravamo a Ponferrada, sotto strada c’era un bar. Ho bevuto un paio di birre e ho chiamato Zabala, il mio allenatore di allora alla Movistar».

Nello studio di 58×11 si riconoscono le maglie delle società con cui collabora, ma anche tante delle sue
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Cosa dovevi dirgli?

Poche parole. Gli ho detto: «Insegnami a fare il preparatore, perché è l’unico modo per non disperdere il mio background». Mi venne in mente che fosse il modo migliore per passare agli altri il bagaglio tecnico che non avevo potuto sfruttare a causa dell’incidente.

Il fatto di chiamarsi Malori funziona come richiamo?

Sicuramente sì. All’inizio molti venivano chiaramente attratti dal nome. Adesso viene gente anche da fuori, perché hanno sentito parlare di come lavoro. E questo lo trovo molto gratificante.

Hai abbandonato la biomeccanica, spostandoti sulla preparazione?

Continuo a fare entrambe, ma il training è la parte dove sono più forte: quando alleno un ragazzo, mi immedesimo in lui e cerco di immaginare i lavori che gli do, come se dovessi farli io. Come mi sento. Le sensazioni in base al freddo e al caldo. I percorsi su cui andrà a lavorare, perché il mio lavoro mi ha dato la fortuna di conoscere i percorsi in tutta Italia. Quindi posso dare indicazioni a un cliente dal Trentino al Piemonte, l’Umbria, la Sicilia, la Puglia. Dovunque il ciclismo mi abbia portato.

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Quando si apre un centro come questo, si lavora con i corridori, ma anche con gli amatori. Cosa cambia?

Infatti alleno per la maggior parte degli amatori. Poi ho un buon bagaglio di under 23, di juniores e qualche ragazza che corre in squadre continental. L’importante è avere ben chiare le differenze, che ci sono e sono consistenti. Non tanto sui lavori singoli, ma certo cambia tanto il recupero. Se un ragazzo di una continental è capace di fare un lavoro di intensità per tre giorni di fila, un amatore riesce a farlo una sola volta e poi ha bisogno di recupero. La capacità del preparatore sta nell’essere bravo a calibrare tutto.

I tuoi juniores invece di cosa hanno bisogno?

Di poche parole e soprattutto chiare. Oltre all’aspetto atletico, cerco di tenerli sulla corda a livello motivazionale. Vorrei che corressero senza subire la corsa, pensando piuttosto a come mettere in difficoltà gli avversari.

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Hai parlato del tuo background e infatti sei testimonial di un’azienda di bici, un’altra di plantari, casco, occhiali. Diciamo che la tua esperienza è apprezzata, no?

E questo mi fa molto piacere. Essere considerato nell’ambiente, nonostante siano quasi 10 anni che ho smesso. Per il resto continuo ad andare in bici, un paio d’ore per volta e sempre a tutta. Non mi piace passeggiare, nonostante tutto, sulla bici ho sempre amato andare veloce. Volevo diventare il corridore più forte del mondo, mi sono fermato prima di poterci provare davvero.