La campagna di comunicazione dell’Adriatica Ionica Race segue quest’anno la via tracciata dal Giro d’Italia: presentazioni delle tappe con il contagocce, per dare a ognuna il giusto risalto e mantenere viva l’attenzione. Per ora ne sono state presentate tre, mancano le ultime due che si svolgeranno nelle Marche, ma intanto il suo ideatore Moreno Argentin tira le somme sulla storia scritta fin qui, con tante ambizioni all’orizzonte.
Gli anni passano, ma è indubbio che nello spirito Argentin sia rimasto il ragazzo di una volta, con quella voglia di stupire e di gettarsi nella mischia che lo ha portato nella storia del ciclismo. Quando si parla con lui della gara, sembra davvero di rivolgersi a un esponente delle nuove generazioni: «Ci muoviamo soprattutto attraverso i social, si sa che ormai è grazie a loro che si arriva alla gente, quindi stiamo centellinando le presentazioni delle tappe passando per loro e abbiamo già risultati confortanti»
Non si tratta di presentazioni classiche…
Ho coinvolto alcuni personaggi del ciclismo nostrano, miei amici di lunga data come Martinello, Cassani, Ballan. Ognuno presenta le tappe che coinvolgono le loro zone come un vero testimonial e tester, giriamo delle clip che raccontano le tappe non solo dal punto di vista tecnico, ma anche per far capire dove si pedala perché la nostra missione è dare all’Adriatica Ionica Race un’immagine che vada al di là del puro agonismo.
Sembra quasi un discorso legato più a manifestazioni amatoriali che professonistiche…
I professionisti svolgono il loro compito, ma possono anche essere protagonisti di qualcosa che vada al di là. Noi vogliamo promuovere il territorio, mostrare un’immagine bella dell’Italia e delle zone che attraversiamo, fare promozione turistica per portare gente a pedalare su quelle strade tutto l’anno. Vogliamo soprattutto che si capisca bene dove si pedala, è un concetto importante.
Ogni tappa rappresenta una regione.
Iniziamo con il Friuli per poi andare in Veneto, Romagna e le ultime due tappe, ancora da presentare, saranno nelle Marche. Volevamo arrivare in Abruzzo ma non ci è stato possibile. Il mio sogno è abbracciare tutta la costa adriatica, arrivare fino in Puglia, ma per farlo avremmo bisogno di più giorni, almeno 7 tappe e al momento non è una cosa fattibile considerando il calendario già fin troppo intasato.
E’ un percorso che cambia di continuo…
Ogni anno proponiamo qualcosa di diverso. Ad esempio quest’anno abbiamo deciso di non prevedere sterrati, che erano stati un po’ il nostro marchio di fabbrica, ma abbiamo comunque lavorato molto sui tracciati da due punti di vista: farne una sorta di ipotesi di percorsi ciclabili da utilizzare tutto l’anno e dall’altra parte rendendoli tecnicamente appetibili per i corridori, che si troveranno ad affrontare tappe con finali un po’ inaspriti.
Accennavi alla possibilità di abbracciare altre regioni: che cosa ve lo ha impedito?
Potremo farlo quando la gara salirà di grado, diventando una gara Pro oppure, ancor meglio, WorldTour, ma ci vuole tempo, noi stiamo crescendo per gradi, ci facciamo le ossa in base al potenziale. Sicuramente dopo 4 edizioni ci sentiamo pronti per salire ancora, ma si sa che non è semplice. Perché ciò avvenga, perché l’Uci ti tenga in considerazione servono i giusti appoggi, non è neanche questione di soldi, di solidità economica da dimostrare, devi davvero avere chi all’interno spinga perché la gara abbia una giusta collocazione. Noi dal punto di vista politico abbiamo perso molto terreno, è innegabile e poi Lega, Fci e componenti italiani nell’Uci litigano invece di collaborare, ottieni poco…
Una squadra italiana nel WorldTour aiuterebbe in tal senso?
Enormemente. Sarebbe tutto più facile perché avrebbe un effetto trascinante. Noi invitiamo tutte le squadre WorldTour, ma nello stesso periodo della gara (4-8 giugno, ndr) c’è il Giro del Delfinato, la Brussels Classic, il Giro del Limburgo. Se gli sponsor delle squadre hanno più mercato in quelle zone, è chiaro che vorranno che i team gareggino lì e noi veniamo penalizzati. Poi è un problema di punteggio: le corse in linea danno troppi punti rispetto a quelle a tappe a fronte di un impegno minore, anche questo è un fattore da considerare.
Veniamo all’aspetto tecnico partendo dalla tappa in Friuli…
È una frazione per velocisti, si va da Tarvisio a Monfalcone, una prima presa di contatto per le squadre attraverso 189 chilometri, anche se bisognerà stare sempre attenti a qualche colpo di mano.
Seconda frazione in Veneto.
Qui c’è una primizia assoluta, da Castelfranco Veneto al Monte Grappa su 155 chilometri, ma il monte sarà affrontato dalla parte bellunese che è stato affrontato pochissime volte. Dobbiamo dire grazie all’impegno dei 14 comuni coinvolti, si tratta di strade ai più sconosciute. Una tappa breve ma con ben 27 chilometri di salita, sarà spettacolo puro.
Terza tappa ancora per velocisti?
Non direi. Si va da Ferrara a Brisighella su 139 chilometri, è una frazione pimpante, con un inizio pianeggiante, ma poi propone strappi corti ma impegnativi, che sicuramente influiranno sulla classifica.
Resta la parte ancora “coperta”, nelle Marche…
Posso dire solamente che saranno due frazioni molto diverse fra loro, che potranno ancora dire molto in termini di evoluzione della corsa, ma che daranno nuovo spazio anche ai velocisti.
La scelta di gareggiare nella prima decade di giugno ti soddisfa?
Non credo sia il periodo ideale, per le concomitanze di cui ho detto prima, ma noi dobbiamo comunicare le date entro fine dicembre e non c’era altra possibilità. Se dobbiamo crescere come vogliamo dovremo trovare altri spazi, ma ce ne occuperemo dal 9 giugno in poi…