Belgio: nella patria dei campioni mancano le quote rosa…

24.09.2021
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Il popolo belga aspetta l’acuto iridato, quello mancato domenica per “colpa” di un certo Filippo Ganna. Il tifo per Wout Van Aert, Remco Evenepoel e gli altri campioni è palpabile in patria. Bastano le foto della gente ammassata ai bordi delle strade e inneggiante ai propri beniamini per capire che il ciclismo da queste parti è un’istituzione. Guardando bene, però, si nota una particolare contraddizione: a fronte di un movimento maschile che sforna campioni a getto continuo quasi monopolizzandone la storia, in campo femminile non c’è un simile panorama, anzi.

Kopecki Tokyo 2021
Lotte Kopecki è l’unica belga di livello internazionale. Sarà così anche nel mondiale nella sua patria?
Kopecki Tokyo 2021
Lotte Kopecki è l’unica belga di livello internazionale. Sarà così anche nel mondiale nella sua patria?

Poche” campionesse

L’unica vera stella del ciclismo rosa in Belgio è stata Yvonne Reynders, quattro volte iridata dal 1959 al ’66 e capace di salire sul podio anche dieci anni dopo, ma erano quasi anni pionieristici. L’ultimo alloro risale addirittura al 1973 con Nicole Vandenbroeck. Poi il nulla, acuito dalla crescita mastodontica delle vicine olandesi, che monopolizzano il settore ancor più di quanto facciano i belgi al maschile.

La differenza si sente, pesa, è sotto gli occhi di tutti. Una differenza che ha radici antiche, secondo il direttore tecnico della Federazione belga Frederik Broché: «E’ questione di cultura, di storia. Il Belgio ha sempre avuto campioni al maschile, grandi se non grandissimi e questi hanno influenzato le generazioni successive in un ciclo continuo. Non altrettanto si può dire per le donne. E in questo dobbiamo fare tutti un mea culpa, perché forse sia la federazione che i media potevano fare di più, anche se a dirsi è facile, farlo molto meno».

Broché 2021
Frederik Broché, 42 anni, ha corso da pro’ dal 2003 al 2006. Dal 2017 è direttore tecnico del ciclismo belga
Broché 2021
Frederik Broché, 42 anni, ha corso da pro’ dal 2003 al 2006. Dal 2017 è direttore tecnico del ciclismo belga

Mancano i numeri…

Broché lavora proprio a un’inversione di tendenza: «Ma non sono cose che realizzi dall’oggi al domani. Abbiamo aumentato le gare, ma il primo impegno deve essere quello della promozione, del fare proselitismo perché dalla quantità arriverà poi la qualità. Per avere una nazionale di livello serve un gruppo più grande di praticanti, ma perché ciò avvenga bisogna lavorare alla base e portare le bambine a fare ciclismo».

Perché, le donne nella patria belga non vanno in bici? «Ci vanno, ma non tanto per agonismo. Faccio un esempio: all’ultima edizione dei Campionati nazionali junior su strada hanno partecipato 40 ragazze. Non sono numeri questi che consentono di avere un’adeguata selezione. Perché ciò succede? Come ho detto, è questione di cultura: molte ragazze identificano il ciclismo come uno sport pericoloso, da praticare nel traffico con il rischio di cadere».

L’Olanda da decenni ormai domina. Domani schiererà tra le altre: Van Der Breggen, Van Dijk, Brand, Van Vleuten e Vos
L’Olanda da decenni ormai domina. Domani schiererà tra le altre: Van Der Breggen, Van Dijk, Brand, Van Vleuten e Vos

L’Olanda domina…

E’ davvero singolare il fatto che nella vicinissima Olanda il ciclismo femminile abbia invece soppiantato come risultati quello degli uomini, un paragone che fa soffrire?: «Soffrire è una parola grossa – risponde Broché – ma certamente il loro dominio un po’ influisce. Io penso che per certi versi sia un vantaggio, perché le ragazze olandesi sono un esempio per capire come fare. Vi garantisco comunque che i media locali fanno spesso paragoni, in certi casi impietosi…».

Il calendario internazionale ormai protende sempre più verso il parallelismo, ogni classica maschile ha il suo corrispettivo rosa, questo può aiutare?

«Sicuramente, in federazione si è deciso che le gare devono essere sia per uomini che per donne, con sviluppi separati. Il problema è che le cifre di partecipazione sono ancora ben diverse e non sufficienti al femminile per sostenere un calendario adeguato, per questo bisogna lavorare sulla promozione. Un risultato importante nella gara in linea di sabato aiuterebbe. Noi ci speriamo, Lotte Kopecki è stata quarta ai Giochi di Tokyo su un percorso più duro e non adatto a lei. La speranza c’è, ma contro le olandesi sarà durissima, certamente una sua medaglia sarebbe un incentivo per le giovani, sarebbe un regalo meraviglioso».

Lorenzo Masciarelli già da qualche anno vive, studia e corre in Belgio, con ottimi risultati
Lorenzo Masciarelli già da qualche anno vive, studia e corre in Belgio, con ottimi risultati

In bici per escursionismo

Fin qui Broché, ma abbiamo voluto saperne di più e per farlo abbiamo sentito uno che è testimone diretto non solo delle gare, ma della vita di tutti i giorni, l’azzurro di ciclocross Lorenzo Masciarelli che corre e vive in Belgio: «Qui il calendario su strada per gli juniores è anche più ricco di quello italiano. La partecipazione è ricca numericamente quando si tratta di gare internazionali, nelle regionali un po’ meno e questa differenza è amplificata a livello femminile. Nel ciclocross ad esempio, nelle gare delle categorie giovanili le praticanti sono molte meno che in Italia».

Allarghiamo il discorso prescindendo dall’agonismo, le donne vanno in bici?: «Se la consideriamo come puro mezzo di spostamento, allora sì, ne vedi tante in bici e anche la domenica, per le escursioni in gruppi, ce ne sono molte che pedalano, ma la maggior parte non ama l’agonismo, neanche a livello amatoriale. E’ davvero un problema di cultura, i ragazzi sognano di diventare campioni, le ragazze guardano ad altro. La Kopecki è abbastanza conosciuta, ma è un fiore nel deserto».