L’unico che per due volte è arrivato in cima senza scendere di bici è stato Iserbyt e per questo s’è beccato la salva di applausi dai tifosi sulla salita di Vermiglio. Un freddo cane. Il sole è rimasto sul paese per un’ora appena, Fruet aveva ragione. E comunque s’è fermato dall’altro lato della valle, tanto che i belgi hanno scherzato parecchio sul nome Val di Sole. Come dargli torto? Farsi scaldare le spalle, sia pure per pochi minuti, è stato piacevole, poi ci siamo arrampicati anche noi quassù per vederli passare. Questo è il racconto di quasi un’ora all’ombra e nella neve durante la prova, nel tratto che verosimilmente farà la differenza nelle due gare di domani.
Iserbyt è il solo che è riuscito a farla in sella: eccolo mentre schiva altri atleti Il belga, campione europeo 2020, sembra a suo agio nel nuovo terreno
Il sorriso della Vos
Marianne Vos non s’è mai fermata. L’olandese è stata la prima arrivare e l’ultima ad andarsene. Solo Pidcock è rimasto fino all’imbrunire, ma è partito parecchio dopo, rintanato nel maxi camion della Ineos Grenadiers, sbarcata in Val di Sole con strutture da Tour de France.
La grande campionessa olandese della Jumbo Visma prima ha provato a salire pedalando sulla sua nuova Cervélo, ma al secondo tentativo se ne è fatta una ragione e ha cominciato a inanellare giri con la bici in spalla. Il primo camminando, altri due correndo. Quella ragazza, pensiamo osservandola, è portatrice sana di grazia e grinta. Infatti ha trovato il modo di rispondere al saluto con un sorriso, poi lo sguardo è tornato fisso davanti. E quando il passaggio in cima non le è piaciuto, ha scavalcato la recinzione, è tornata indietro e ha ripetuto il passaggio.
Pidcock l’acrobata
Pidcock passa una prima volta camminando piano e guardandosi intorno, come quando sei in montagna e gestisci il tempo fra un passo e il successivo. Con lui c’è un corridore della Trinity, la squadra in cui Tom ha corso fino allo scorso anno. Arrivato in cima, si mette a osservare la compressione successiva allo scollinamento.
«Guarda quel pezzo là in fondo – dice al compagno di scalata – si vede un po’ di terra perché c’è tanta contropendenza. Bisogna stare attenti».
Pidcock ha interpretato il test con grande flemma, senza mai forzare Tom è arrivato intorno all’ora di pranzo, direttamente da Gran Canaria Meccanico Ineos e bici Pinarello: si va ai box. Pidcock sta per partire
Pidcock ha interpretato il test con grande flemma, senza mai forzare Tom è arrivato intorno all’ora di pranzo, direttamente da Gran Canaria Meccanico Ineos e bici Pinarello: si va ai box. Pidcock sta per partire
Il tempo di dirlo e si lancia nel mangia e bevi, con il piede a monte sganciato per tenere l’equilibrio e le mani nella parte sopra. Poi arriva alla curva che immette nella discesa. Afferra con la mano il palo di legno che delimita il percorso e ci fa il pendolo intorno, lanciandosi nella picchiata. L’altro in maglia Trinity lo segue e in quel passaggio di contropendenza, scivola e cade. Pidcock però non lo vede perché è già in fondo alla discesa. Al passaggio successivo sarà solo, masticando una barretta.
«Un’esperienza interessante – dirà poi il britannico – il tracciato è pieno di insidie. Quando il sole scende inizia a essere freddo, la neve cambia a ogni giro. Dalle foto sembrava un percorso piatto, invece l’ho trovato duro e tecnico. La prova è sempre diversa, sarà interessante affrontarlo in gara. E’ importante essere qui e sarà importante vedere come finisce. La neve è un’esperienza da fare, sentiremo i corridori, ma la chance olimpica merita che si provi».
Entusiasmo Teocchi
La temperatura alle 15 inizia a scendere in modo fastidioso, mentre si susseguono i passaggi su questo calvario gelato. I corridori usano scarpe basse e copriscarpe che non coprono anche la suola. Solo che all’affondare del piede nella neve, la punta si solleva e camminano con scarpe che fanno un po’ sorridere perché ricordano quelle rotte dei film di Charlot.
Decidiamo di concedere un po’ di riposo a Chiara Teocchi. Basta una battuta, infatti, e la bergamasca si ferma con un sorriso e il fiatone.
«E’ bellissimo – dice – è davvero molto bello. Sembra di essere sulla sabbia, ma non quella del Belgio che ti impianti. Una sabbia diversa, non so come spiegare. Serve una guida dinamica, non puoi mai rilassarti, devi assecondare la bici».
Poi riparte. Gli atleti non hanno giacche e cappucci, le loro tenute li difendono dal gelo, ma fermarsi è un grosso rischio.
Pericolo ghiaccio
Aspettano tutti Van Aert, salvo realizzare che il grande belga è ancora in patria a correre sulla sabbia. Fatto di ingaggi o cos’altro, Wout arriverà domattina in tempo per provare la neve. In compenso gli altri girano ed è palpabile che con il passare delle ore le condizioni della neve cambiano. Si indurisce, tanto che qualcun altro prova a salire in bici e quasi ci riesce.
«Se gela – dice Silvia Persico – le canaline diventano pericolose e si rischia di cadere. Non è il posto migliore per andare in bici, ma se non altro è così per tutti».
Le fa eco Lorenzo Masciarelli, al primo anno da under 23. Dice che nel primo giro si riusciva a farlo quasi tutto in bici, ma è bastato che sulle scarpate siano iniziati i passaggi a piedi per rompere la neve e costringere tutti a scendere. Dice che se ghiaccia come sta accadendo verso la fine della prova, diventerà pericoloso.
Pontoni in paradiso
Fra gli ultimi ad andarsene c’è il cittì Pontoni, in compagnia di Mirko Celestino, e si è divertito come un ragazzino, avendo girato per tutto il tempo con le atlete della nazionale.
«Perché hanno un ritmo che posso ancora permettermi – scherza – ho tolto un po’ di ruggine, perché non andavo da anni sulla neve. Ho sentito ragazzi molto motivati e sono fiducioso per i nostri atleti azzurri. Su un percorso come questo, la forza conta fino a un certo punto, tanto conta lasciar andare la bici e saperla guidare. E noi abbiamo gente che sa guidare molto bene in entrambe le categorie».
Nella prova Dorigoni ha scelto di girare da sé, cercando i suoi riferimenti E’ Bertolini a guidare gli azzurri durante la ricognizione Bertolini ha scelto le gomme: sono le Challenge modello Dune
Dorigoni ha scelto di girare da sé, cercando i suoi riferimenti E’ Bertolini a guidare gli azzurri durante la ricognizione Bertolini ha scelto le gomme: sono le Challenge modello Dune
«Non sarà un esperimento esotico – saluta il cittì della nazionale – ma una gara tecnicamente sostenibile. Il contesto olimpico fa sì che sia molto seguita dalla gente. Magari parlo così perché sono di parte, ma io oggi là dentro ero come un bambino. Anzi ho dovuto frenarmi, perché ho un ruolo e non posso farmi male. Abbiamo fatto le scelte tecniche e saranno a metà fra l’esigenza di grip e quella di velocità. Ogni atleta si è affidato alla sua sensibilità. Siamo tutti qui e aspettiamo con trepidazione quello che succederà domani».