Nella Mitchelton-Scott è cambiato quasi tutto. E alla fine, oltre al nome e ai dirigenti, cambieranno anche le bici, che saranno Bianchi. L’annuncio è arrivato poco dopo metà ottobre in pieno Giro d’Italia. L’azienda di Treviglio ha ringraziato e salutato la Jumbo-Visma, che pochi giorni prima aveva abbandonato in massa il Giro d’Italia, prima di vincere la Vuelta. Mentre Scott ha impacchettato le sue cose per trasferirsi alla Sunweb, che a sua volta ha ceduto le Cervelo proprio alla Jumbo di Roglic. In questa girandola di nomi da Fiera dell’Est, qualcuno ha pensato a chi fisicamente ha spostato le bici da una casa all’altra?
Noi abbiamo parlato con Alberto Chiesa, meccanico della squadra australiana che da Scott è passata a Bianchi e che assieme ai suoi colleghi ed un furgone ha ritirato le Scott e consegnato le Bianchi.
Cambia tutto o non cambia niente, a parte il nome?
Normalmente non c’è molta differenza, se non individuare la taglia giusta. Ogni brand ha le sue misure, angoli e lunghezze, e il lavoro da fare è sistemare al meglio i corridori che rimangono, nel nostro caso quelli che avevano le Scott. Per i nuovi è diverso, perché cambiando squadra sanno anche di doversi adattare alla nuova bici. Mentalmente è differente.
Tante differenze di centimetri?
Scott, vado a memoria, fa 47-49-52-54-56-58-61. Bianchi fa 47-50-53-55-57-59-61-63. Sembra poca roba, ma quando ci sei sopra, un po’ si sente.
Partite dalle schede o partite da zero?
Partiamo da quello che abbiamo su carta e poi facciamo il meglio possibile con i vari componenti.
Quando avviene questa prima fase?
Di solito si fa un pre-ritiro a fine stagione. Quest’anno si è fatto poco dopo la Vuelta, anzi ne abbiamo fatti due. Una parte in Spagna, una a Varese. Si accontentano tutti, anche se non si può dire che tutti avranno la stessa posizione dell’anno precedente.
Cambia soltanto il telaio o i componenti seguono a ruota?
Telaio, selle e attacchi, perché Scott portava con se la sua parte accessori.
Di quali bici parliamo dunque?
I più correranno con la nuova Specialissima, presentata alla fine del Giro d’Italia. Altri avranno anche l’Oltre. Gruppi Shimano Dura Ace Di2 disco, attacchi Vision di Fsa e selle Fi’zi:k ma di questi si occupa direttamente Bianchi che ha il contatto con le aziende fornitrici.
La Jumbo-Visma non usava freni a disco, però…
Esatto, mentre noi con Scott sì. Non so se Bianchi spingesse per questa soluzione e loro non volessero, queste a volte sono scelte dei team. Anche Pinarello ha le bici pronte con i dischi, ma Ineos vuole i rim-brakes.
Dal tuo punto di vista?
Capisco che un’azienda voglia sviluppare quel che sul mercato sembra tirare di più. Dal punto di vista del meccanico, il disco va bene fra gli amatori, meno per il professionista.
Come mai?
Sicuramente funziona benissimo e ormai abbiamo anche imparato a cambiare le ruote velocemente con il perno passante. Ma quando arrivi in hotel la sera, è sempre tardi. Se non ci sono problemi, la bici è perfetta. Ma se qualcosa non funziona, non finisci più. Se c’è stata una caduta e qualcosa si è storto il lavoro si complica di molto.
Mitchelton aveva già usato selle Fi’zi:k in precedenza?
Sì e questo è positivo, anche se i modelli nel frattempo sono cambiati. Per cui i nostri hanno individuato dei modelli a catalogo e abbiamo fatto la nostra richiesta, mentre loro hanno proposto di provare anche un modello nuovo che si chiama Argo. Adesso siamo nella fase in cui i corridori provano e poi scelgono.
Attacchi e manubri?
Si userà l’integrato, il Metron 5D, ma anche una combinazione di attacco più manubrio, ugualmente aero. La scelta è soggettiva, ma tante volte dipende dalle misure. Ad esempio per le ragazze, che usano manubri più stretti da 38, l’integrato non viene fatto. Va da 40 a 44.
Ci sono differenze di montaggio fra Scott e Bianchi?
Non troppe. Il nostro responsabile è stato in Bianchi e gli sono state indicate le particolarità di cui tenere conto, per cui imparato il sistema Bianchi, si procede spediti. Detto questo, facciamo questo lavoro da così tanto tempo, per cui già alle corse ci siamo informati con i colleghi che usavano Bianchi. Abbiamo chiesto e osservato. Nessuno di noi è novellino e alla fine le bici nel montaggio sono abbastanza simili fra loro.
Da quanto tempo lavori nel professionismo?
Con le squadre dal 2007, ma faccio il meccanico da 40 anni.
Avete già messo mano anche alle bici da crono?
Stiamo cominciando. Gli atleti hanno la prima bici da strada, che a norma non potrebbero ancora utilizzare, ma sappiamo come funziona. Quelle da crono vengono subito dopo. Ci sono anche qui geometrie un po’ diverse, ma ho visto che con le misure arriviamo vicini al passato. Sono io che faccio il primo montaggio e valuto queste cose. Le prime vanno agli atleti australiani, che fra poco tornano a casa e devono fare il campionato nazionale. Agli altri più o meno arrivano tutte insieme.
Chi ha portato le Bianchi ha anche ritirato le Scott?
Esatto, abbiamo fatto tutto nello stesso viaggio. Noi da Varese siamo andati dai due italiani, Konychev e Colleoni. Poi Matthews, Stannard e Mezgec in Slovenia. E da Zeits che sta a Montecarlo.
Ci sarà una bici a parte per la Roubaix?
No, la normale bici da strada. Del resto quando vincemmo con Hayman nel 2016, aveva una bici da strada. Di sicuro parecchi anni fa con i telai su misura era diverso. Potevi personalizzare in base ai singoli corridori e ai percorsi. Partivi dalla scheda e ognuno aveva la sua bici.