Marco Frigo si rilancia tra l’Olanda e le prove contro il tempo

30.09.2021
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Quando abbiamo contattato Marco Frigo per fare questa intervista era la vigilia della Ronde de l’Isard (foto di apertura di La Depeche), non ci aspettavamo di commentare con lui la vittoria della prima tappa della gara francese, la prima in maglia Seg Racing Academy. Marco è partito da lontano per andare a correre in Olanda la scorsa stagione, dal suo Veneto, dove ritorna appena può.

Dice di essere freddo, di non essere uno con la lacrima facile, eppure oggi la voce un pochino gli trema. Come quella di chi si riprende qualcosa che gli era mancato per tanto tempo: la vittoria. Forse anche un po’ di fiducia, ma non nei propri mezzi, più nel destino, lo stesso che sulle strade di Rodi gli ha fatto trovare un masso sulla propria strada.

Azzurri alla partenza della prova in linea di Leuven poi vinta da Baroncini, Marco Frigo è il terzo da sinistra
Azzurri alla partenza della prova in linea di Leuven poi vinta da Baroncini, Marco Frigo è il terzo da sinistra
Come ti senti dopo questa prima tappa?

Sono contento, moderatamente, non ho fatto ancora nulla di eccezionale. Sono più felice per la squadra che per me, loro ci credono molto e mi hanno dato tanto in questo anno e mezzo.

Come mai questa scelta di andare alla Seg la scorsa stagione?

L’offerta, il programma di crescita e di allenamento era davvero molto bello e adatto a me. Poi penso che un’esperienza all’estero faccia bene, soprattutto nei paesi come l’Olanda. Impari a cavatela da solo e ad essere più autonomo. Passo molto tempo in giro tra allenamenti e ritiri tanto che a casa negli ultimi due mesi sono stato solamente tre giorni. Poi ho parlato con Dainese ed Affini e mi hanno detto: “Marco, se vuoi diventare un corridore professionista devi andare alla Seg”.

Il percorso però non è uguale per tutti

La differenza la fai tu e come vuoi affrontare le sfide. Personalmente ho scoperto dei lati di me che non conoscevo, pensavo di essere più “mammone” ed invece sto bene anche da solo.

È stato un anno e mezzo difficile in cui anche il lockdown ci ha messo lo zampino.

Il 2020 non è stato l’anno migliore per iniziare questo cammino, ho avuto modo di pensare molto alla mia scelta, mi sono fatto delle domande e mi sono dato delle risposte. Però non ho mai messo in dubbio la Seg e il mio percorso di vita.

Nel 2019, al tuo primo anno da Under hai vinto il campionato italiano ed eri alla Zalf.

Vero, ho vinto il campionato italiano ma ho vinto semplicemente una corsa. Non ero il più forte in gara e non ero il più forte neanche dopo, ho solo corso bene quel giorno.

Come dire: una rondine non fa primavera…

Esatto, non mi sono montato la testa, non sono uno che si esalta molto. Sono poco self confident, grazie a quella vittoria ho preso un po’ più di consapevolezza nei miei mezzi.

Marco Frigo in azione agli europei di Trento: ottimo rodaggio sulla via dei mondiali
Marco Frigo in azione agli europei di Trento: ottimo rodaggio sulla via dei mondiali
Questa stagione hai fatto anche le tue prime competizioni a cronometro (Campionato italiano, secondo e mondiale, trentatreesimo).

Ecco, questa disciplina ho iniziato a curarla proprio da quando corro qui, prima non l’ho mai considerata. Ho scoperto il mezzo e devo dire che mi piace molto, non ne voglio fare la mia attività principale però. I miei obiettivi poi sono altri.

Come mai non l’hai mai considerata?

Semplicemente nelle squadre in cui correvo prima non si allenava molto questa disciplina.

Quali sono quindi i tuoi obiettivi?

Io voglio diventare un corridore da corse a tappe e voglio migliorare in questo settore. A Rodi prima della caduta andavo forte e stavo sempre con i migliori.

Rodi è stato un momento difficile da superare?

Molto, ma non per i danni fisici, la clavicola in una/due settimane era a posto. Quel che mi ha frenato maggiormente è stata la paura che si potesse ripetere un episodio simile. Ho iniziato ad aver paura della velocità in discesa. Anche a causa di questo mio timore ho preso minuti in alcune tappe al Giro d’Italia Under 23 e al Tour de l’Avenir.

Hai fatto qualcosa per superarlo?

Sto ancora facendo qualcosa. Dopo il Giro, insieme alla squadra ho iniziato un percorso con una mental coach. È molto utile e stiamo facendo grandi progressi.

Come mai è così importante?

Lo è perché devi avere qualcuno di esperto con cui parlare e confrontarti. Non parlo di esperienza ciclistica ma di supporto, facciamo uno sport in cui la mente fa gran parte del lavoro. Puoi essere pronto quanto vuoi fisicamente ma se non ne sei convinto non farai mai nulla.

Quindi continuerai a fare questo lavoro?

Quasi sicuramente si. Fa parte della mentalità del team avere questi collaboratori, ora capisci quando ti dicevo della mentalità più professionale qui alla Seg?

Marco Frigo mette la propria firma sulla medaglia d’oro di Baroncini, i due sono stati compagni di stanza
Hai un fisico particolare (un metro e ottantotto e 65 chili).

Molti corridori con il mio tipo di fisico hanno vinto i grandi giri: Froome, Doumulin e Thomas per dirne alcuni.

Loro però vanno forte a cronometro…

Vero e per questo che sono felice del mio percorso in Seg. Mi aiutano a raggiungere i miei obiettivi e questo passa anche dalle sfide contro il tempo. Non devo guadare al secondo posto raggiunto ma al trentatresimo del mondiale. Quei due minuti presi dal corridore danese servono da monito, ho appena iniziato a lavorare e devo fare ancora molto.