Cordoba è una delle perle dell’Andalusia: case bianche con porte e finestre colorate di giallo e un passato glorioso testimoniato dalle tante diverse architetture ne fanno un vero gioiello del Sud della Spagna. E la Mezquita ne è il suo simbolo. Il suo riassunto. Questa struttura al centro della città mescola l’architettura islamica con quella cristiana. In qualche modo quindi Cordoba è stata abituata alle invasioni, solo che di solito venivano dall’Italia (i romani) o da oriente (i saraceni), e non dalla Danimarca! E sì perché oggi l’ha spuntata, con merito, quel Magnus Cort Nielsen che tanto era piaciuto ieri a Riccardo Magrini, il quale bisogna dirlo, ci aveva visto lungo.
Il danese ha faticato un po’ sull’ultimo Gpm, ma poi ha tenuto, è rimasto col gruppo (orfano dei velocisti puri) e ha scaricato a terra tutti i suoi cavalli. Vincendo così la sua terza tappa alla Vuelta (le altre nel 2020 e nel 2016).
Il gruppo entra nella splendida Cordoba… Il sud della Spagna è bellissimo Magnus Cort (28 anni) oggi non si è fatto riprendere ai 200 metri come ieri
Il gruppo entra nella splendida Cordoba… Il sud della Spagna è bellissimo Magnus Cort (28 anni) oggi non si è fatto riprendere ai 200 metri come ieri
Ciccone e la sua grinta
Tuttavia questa tappa qualcosa ha detto. Ha detto che l’Italia, seppur a fatica, vuole esserci. Chi per un obiettivo chi per un altro i nostri ci hanno provato. Giulio Ciccone, ha deciso di battere un colpo. Bardet era avanti e ha colto l’occasione di riprenderlo per tentare di fare come i saraceni e conquistare Cordoba. Ci era quasi riuscito, ma lui Bardet e i compagni di fuga, non avevano fatto i conti con il gruppo.
La BikeExchange e la UAE, rispettivamente per Matthews (terzo) e Trentin (quarto), hanno chiuso un gap che a quattro chilometri dal termine sembrava incolmabile. Ma degli scalatori come loro nulla potevano contro i pesi massimi. Cicco sta cercando di portare qualcosa a casa in questa sua prima occasione da leader. Ma non è facile ed è giusto che ci provi in queste occasioni. Infatti, per ora almeno, in salita non ha possibilità contro Roglic e company. E stando in classifica (è 12°) non ha spazio per andare in fuga.
«E’ stato un attacco ponderato perché potevano esserci chance. E così è stato: lo dimostra il fatto che dietro si sono dannati per riprenderci. Con un pizzico di fortuna poteva finire diversamente, ma allo stesso tempo sono contento perché ho ritrovato un po’ di fiducia e sensazioni migliori».


Trentin, un passo per volta
E poi c’è Matteo Trentin. Il trentino è in crescita e questa è la notizia più bella.
«Le sensazioni sono buone, il risultato meno – dice Trentin – Oggi ci è stato chi è stato più bravo di noi. La EF ha fatto un capolavoro nel finale. Sono partiti fortissimo e con un tempismo eccezionale. Una volata da manuale che infatti ha tagliato fuori la BikeExchange. Io mi sono rialzato perché vedevo che tanto non riuscivo a passare Matthews e dietro c’era il buco».
Certo che non è facile per Trentin lottare con gente che forse ha più fondo e già almeno un grande Giro nelle gambe. Lui però non cerca scuse.
«No, no… mi sono allenato per questo obiettivo e il non aver fatto grandi Giri non incide. Questo era il programma. Oggi volevo vincere. Era una buona occasione. Una tappa dura nel finale e infatti davanti eravamo rimasti 50 corridori di cui 48 scalatori (il riferimento ai due mancanti è a lui stesso e a Matthews, ndr), segno la gamba è buona.
«Che voto mi dò sin qui? Beh, senza voto direi. Alla fine ho avuto solo due tappe veramente adatte a me. In una ho fatto ottavo e ho preso la volata dalla quarantesima posizione, e in una ho fatto quarto. Oggi in particolare, poteva essere buona, per questo ho messo la squadra a tirare. Però non era quello che volevo sin qui. Ma sono fiducioso, la condizione è in crescita e la gamba c’è. Sto correndo questa Vuelta pensando alla gara stessa, ma anche all’europeo (al quale Matteo tiene tantissimo, ndr) e al mondiale che c’è subito dopo. C’è da tenere un po’ di più in qualche tappa intermedia per migliorare ancora. Poi in quelle dure per davvero chiaramente si mettono i remi in barca. E nelle altre si prova a fare qualcosa».
Lo spirito è quello giusto, la determinazione non manca. Da qui all’Europeo ci sono altre due settimane abbondanti per riempire la gamba.


Bagioli, che corridore!
Ma se Ciccone ci provava per far vedere che era tra i grandi e Trentin per uscire dal lungo periodo difficile e battere un colpo in ottica iridata, Andrea Bagioli ci ha provato e basta. Per lui la situazione è molto più leggera. Che dire: bravo, bravissimo. Un combattente, una classe come pochi. Viene da mordersi le unghie per quella caduta al Laigueglia. Che stagione ci avrebbe regalato? Cosa avrebbe combinato al Giro? L’età è dalla sua e avrà tutto il tempo, a partire da questa Vuelta, per provarci ancora.
La cosa bella di questo ragazzo è che va forte un po’ su tutti i terreni. E il fatto che si butti in volata (e sia veloce) è fondamentale per il ciclismo moderno. Oggi ha perso al colpo di reni contro un atleta che è ben più maturo di lui e soprattutto che ha ben altra stazza. E non è poco.



