La volata è lanciata: ancora una settimana di Tour, con in contemporanea alcuni test finali come la Settimana Italiana, fondamentale per la nostra nazionale su pista, e poi le Olimpiadi di Tokyo saranno realtà. Andiamo allora a fare un po’ di conti attraverso i numeri dei partecipanti, che molto ci possono dire su che gare vedremo.
Iniziamo da uno sguardo d’insieme. Il particolare regolamento di qualificazione ai Giochi, stabilito dall’Uci solamente in base al ranking, premia l’Australia, unica nazione ad essere presente in tutte le discipline e la più ricca come contingente con i suoi 38 elementi. Merito sicuramente di un movimento ciclistico all’avanguardia e i risultati delle ultime rassegne olimpiche sono lì a dimostrarlo, ma favorita anche da evidenti ragioni geografiche, con una concorrenza continentale pressoché nulla considerando che anche la Nuova Zelanda emerge solo in specifiche prove.


Azzurri, nono posto (come contingente)
Sopra i 30 elementi sono anche Olanda (36), Germania (33) e Francia (32), l’Italia si attesta in nona posizione, al pari della Polonia, con 23 elementi, ma d’altronde c’è un intero settore non coperto, quello delle prove veloci su pista. E’ un buco pesante, che testimonia come sia urgente rilanciare il settore che nel secolo scorso era un serbatoio pressoché costante di medaglie.
Nella gara maschile, i partecipanti saranno 130 per 58 nazioni, con solo 6 (Belgio, Italia, Olanda, Francia, Colombia e Spagna) con 5 elementi per squadra. L’Italia avrà il solo Nibali proveniente dal Tour, altre squadre invece proveranno a sfruttare la condizione acquisita in Francia per la gara olimpica: 4 corridori per la Colombia di Quintana e Uran, senza la maglia rosa Bernal; 3 per il Belgio di Van Aert, con l’aggiunta di Evenepoel; 4 per la Francia di Gaudu e Martin, e poi Pogacar e Roglic (SLO), Fuglsang e Asgreen (DEN), Porte e Haig (AUS), Thomas e Simon Yates (GBR) e così via. Quanto il connubio sia proficuo sarà solo la strada a dirlo.
Già, ma la gara olimpica ha anche un’altra caratteristica. Insieme ai big ci sono anche rappresentanti di movimenti meno noti, che si vedranno all’inizio ma poi lasceranno andar via un gruppo sempre meno folto. Le regole dell’Uci hanno portato nazioni come Eritrea, Algeria, Turchia ad avere due rappresentanti, esattamente come Paesi di altro peso come Usa e Nuova Zelanda.


Tante maglie quasi sconosciute
Fra chi dovrà “giocare da solo” ci saranno Argentina, Ungheria, Lituania (ossia Paesi presenti nei team del World Tour) e poi Ruanda, Namibia, Taipei, Peru… Ecco perché nel presentare le Olimpiadi, viene sottolineato il fatto che appena si comincerà a fare sul serio, il numero di concorrenti in ballo per un risultato importante sarà ristretto, quanto in una tappa alpina di Giro o Tour, ma ciò renderà la gestione della corsa molto diversa da qualsiasi altra.
La prova femminile del giorno dopo avrà 67 concorrenti di 42 Paesi: qui la selezione sarà ancora più marcata, rendendo evidente la sfida tra l’Olanda e il Resto del Mondo, con 4 campionesse arancioni a tenere a bada tutte le altre, ma anche qui ci saranno presenze più rappresentative che altro, come Thailandia, Trinidad & Tobago, Cipro, Etiopia, Paraguay.


Paesi esotici sul podio? Forse sì…
Da questo punto di vista, la situazione su pista alle Olimpiadi è più complessa. Alcuni Paesi sconosciuti su strada, come ad esempio Hong Kong o Malaysia, potranno invece recitare un ruolo molto importante, soprattutto nelle prove veloci. Va detto che nello specifico, le gare olimpiche su pista hanno un percorso di accesso molto più selettivo che quelle su strada: non ci sono scorciatoie legate all’appartenenza geografica o a wild card, fa fede solo il ranking legato ai principali eventi del quadriennio, per questo il numero di presenze è più esiguo da un lato ma con un tasso qualitativo molto più alto
Il ciclismo su pista rientra nel novero di discipline dove accedendo alle Olimpiadi, si è già compiuto un passo importante verso le medaglie. Basti guardare al complesso e lungo cammino di qualificazione per i quartetti dell’inseguimento, appena 8 al via, davvero la “creme de la creme”. Una qualità generale talmente alta che ad esempio ha spinto il Canada a decidere di rinunciare all’americana femminile, pur essendo qualificato, non avendo una coppia all’altezza secondo il giudizio dei propri tecnici.