Le medie salgono, le bici migliorano così come le preparazioni, le strade peggiorano, sia come manutenzione, sia per la presenza di elementi di arredo urbano che non tengono conto della possibilità che prima o poi passi una corsa. E la sicurezza ovviamente diventa una chimera. La statistica realizzata da procyclingstats.com mostra come la media oraria delle corse WorldTour nel 2025 sia stata di 42,913 chilometri orari. Fra il 2001 e il 2020 si era arrivati a sfiorare i 40 orari, mentre dopo l’anno del Covid, i valori hanno preso a salire.
Dovendo metterci un freno, l’UCI si è infilata in un vespaio, imponendo una serie di limitazioni. Prima quella per arginare la rotazione delle leve dei freni. Poi quella per limitare la tendenza di stringere i manubri. Quindi imponendo un limite all’altezza dei cerchi. Infine cercando di avviare dei test per studiare la limitazione nello sviluppo metrico dei rapporti, fermata però dal garante per la concorrenza del Belgio, perché apparentemente avrebbe limitato solamente Sram.


Come la bici di Coppi
Intervistato di recente su tutt’altro argomento, Stefano Garzelli ci ha regalato uno spunto che si inserisce benissimo nel discorso.
«Lo scorso fine settimana – ci ha detto – mi sono trovato a fare la discesa di Pizzo Sant’Angelo in Costiera Amalfitana e mi sono ricordato di quando la feci per la prima volta alla Tirreno-Adriatico del 1999. Mi ricordo proprio la fatica della discesa. Molte volte la gente mi chiede quanto vadano forte quelli di adesso. E io rispondo che è vero, ma darei loro le biciclette che avevamo noi 20 anni fa e secondo me si scoprirebbe che non andavamo tanto più piano. Solo che la differenza di frenata tra i freni di una volta e quelli a disco è abissale.
«A casa ho la Bianchi con cui vinsi il Giro del 2000 e sembra la bici di Coppi. Oggi non potrei più usarla. Per andare a 40 all’ora in pianura, devi andare a tutta, ora invece a 40 all’ora ci vai quasi senza pedalare, grazie alle ruote, i cuscinetti in ceramica, l’aerodinamica, i profili. Le cadute ci sono perché con il freno a disco stacchi sempre dopo, quindi vuol dire che arrivi sempre più veloce alla curva e non puoi sbagliare. Se sbagli, cadi. Invece una volta si frenava 50 metri prima e nelle curve entravi con più margine».


Alto profilo, parliamone…
Vogliamo ridurre davvero le velocità? Non potendo limitare la capacità di prestazione dell’atleta, che anche grazie alla nutrizione ormai è sempre al top, bisogna intervenire sulle biciclette, ma non nel modo cervellotico e vano ipotizzato dall’UCI per non scontentare nessuno.
Non si può tornare indietro dai freni a disco e dai perni passanti che rendono la bici e la frenata più rigidi? Va bene. I telai in carbonio sono i più performanti, sicuri e confortevoli? Va bene. Si torni allora indietro sulle ruote. Il limite di 65 millimetri è troppo alto: fatte salve le cronometro e senza toccare i cuscinetti, si scenda a un profilo da 30. L’UCI dice di aver scelto la misura limite, notando che al Tour nessuno utilizzava cerchi più alti di 65. Se però le velocità sono troppo alte, qual è il senso di aver mantenuto lo status quo?
A questo punto si potrebbe ragionare anche sulle posizioni in sella, che attualmente proiettano il corridore così in avanti da rendere la bici difficilmente manovrabile. Il limite imposto un tempo all’avanzamento della sella, per arginare le posizioni troppo estreme, avrebbe oggi una nuova ragione di essere.


Bici più comode e sicure
Il traguardo finale dovrebbe essere avere biciclette più comode, con una distribuzione dei pesi che eviti squilibri e soluzioni tecniche che non trasformino l’atleta in un proiettile incontrollabile. Se il ritorno delle medie sotto il tetto dei 40 può ridurre il numero degli incidenti fatali (che purtroppo ci saranno sempre), crediamo che qualche sacrificio in questo senso possa essere accettabile. Se contemporaneamente si diventasse più intransigenti nella scelta dei percorsi e delle dotazioni di sicurezza per gli arrivi, i passi in avanti sarebbero anche maggiori.
Il Giro 2000 di Garzelli fu un raccoglitore di emozioni fortissime e venne corso a 37,548 di media. Assolutamente nulla da invidiare all’ultimo conquistato da Yates a 41,728 chilometri orari e anch’esso deciso da un capolavoro nelle tappe finali.