Campionati europei 2025, Drome et Ardeche, Tadej Pogacar tra la folla in salita

EDITORIALE / Percorsi troppo duri o Pogacar troppo forte?

06.10.2025
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La lunghezza del mondiale e la sua durezza. Nei giorni di Kigali si è fatto un gran parlare del fatto che soltanto trenta corridori avessero finito la corsa: dove sta lo spettacolo? I 267,5 chilometri a 1.600 metri di quota e per giunta all’Equatore erano probabilmente troppi. Avrebbero potuto tirare via una cinquantina di chilometri e il risultato non sarebbe cambiato: Pogacar campione del mondo. Condivisibile o meno, probabilmente l’assunto è giusto. Va fatto notare, che se l’organizzazione non avesse fermato gli atleti staccati, al traguardo ne sarebbero arrivati di più. Ma cambia poco.

La controprova si è avuta ieri ai campionati europei in Drome et Ardeche. Corsa di 202,5 chilometri: lo stesso vincitore e appena 17 corridori all’arrivo. Considerando che Pogacar è rimasto da solo a 77 chilometri dall’arrivo, vogliamo dire che sarebbe bastato un percorso di 125 chilometri? Questa è chiaramente una provocazione, ma ci permette di fare una premessa e due osservazioni in materia di calendario e di eccezionalità di questa fase storica.

Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, attacco Isaac Del Toro, Tadej Pogacar, Juan Ajuso
La grande selezione dei mondiali di Kigali sarebbe stata identica anche con 50 chilometri in meno? Probabilmente sì
Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, attacco Isaac Del Toro, Tadej Pogacar, Juan Ajuso
La grande selezione dei mondiali di Kigali sarebbe stata identica anche con 50 chilometri in meno? Probabilmente sì

Il mondiale ad agosto

La premessa: non cadiamo nell’errore di parametrare tutto sull’anomalia di Pogacar. Tadej vincerebbe anche se le gare avessero un chilometraggio minore, per tutti gli altri c’è una bella differenza fra 200 e 250 chilometri. Detto questo, se serve per rendere il ciclismo più spettacolare, lasciando i Monumenti alle distanze originali, nulla vieta di ragionare su durata e lunghezza. Flanders Classics si è unita a Cycling Unlimited e ha preso in mano l’organizzazione del Giro di Svizzera. Hanno ridotto i giorni di gara, equiparando quelli degli uomini a quelli delle donne: lo spettacolo non cambierà. Un errore? Proviamo e poi valutiamo.

Il calendario. Se il mondiale è davvero una corsa importante, è tempo di riportarlo ad agosto, com’era fino al 1994. C’erano i corridori che uscivano bene dal Tour e quelli che si erano preparati dopo il Giro. Era un ciclismo meno veloce dell’attuale e a maggior ragione prevedere ancora il mondiale a fine settembre, con corridori spremuti come limoni dall’intera stagione e dalla Vuelta, è fare un torto alla gara più rappresentativa dell’UCI. Nessuno dei corridori della Vuelta ha fatto bene a Kigali, ad eccezione di Ciccone.

Altra annotazione sul calendario è che troviamo sciocco aver ravvicinato così tanto i mondiali e gli europei, proponendo per giunta percorsi pressoché identici. Lo hanno fatto notare sia Pogacar sia Evenepoel, ci meravigliamo che non lo capiscano i padroni del ciclismo, nonostante lo sfoggio di scienza con cui modificano ogni cosa senza chiedere riscontri. Ma questo non avviene per caso e ci porta alla seconda considerazione sull’eccezionalità di questa fase storica.

Evenepoel campione europeo della crono dopo aver vinto il mondiale: questa maglia nel 2026 non la vedrà nessuno
Evenepoel campione europeo della crono dopo aver vinto il mondiale: questa maglia nel 2026 non la vedrà nessuno

Pogacar, la testa e le gambe

Tutti vogliono Pogacar in fuga. E’ come avere la possibilità di scritturare il cantante più in voga e puntare sempre e soltanto su quello che vende più dischi. Chiaramente gli sponsor sono più contenti di… vestire una sua vittoria, piuttosto che quella di un velocista. Eppure è anche un fatto di opportunità. Sapevano tutti che in caso di vittoria dello sloveno il prossimo anno non avremmo visto la maglia di campione europeo sulle strade del mondo, come accadrà con quella di campione della crono conquistata da Evenepoel. Evidentemente il ritorno della vittoria di ieri copre anche il prezzo della scomparsa del simbolo.

Il periodo è eccezionale perché tolto Pogacar, le corse avrebbero uno sviluppo ben più normale. Il gruppetto uscito compatto dal Mount Kigali sarebbe entrato nel circuito finale del mondiale e si sarebbe giocato la corsa con altri equilibri. Ma qui non stiamo dicendo che non vogliamo Pogacar in azione, semplicemente sarebbe interessante se gli rendessero la vita meno facile. Che noia erano i Tour de France con le crono da 60 chilometri per favorire Indurain? Se gli organizzatori lavorassero per amore del ciclismo e dello spettacolo, disegnerebbero percorsi aperti a più soluzioni, dimostrando anche un rispetto superiore per il resto del gruppo. Per i corridori africani in Rwanda, ad esempio. Per il resto del gruppo agli europei. Pogacar vincerebbe lo stesso, però magari per farlo dovrebbe usare anche la tattica e non dovrebbe accontentarsi solo delle gambe.