Campionati del mondo 2020, Imola, foto di gruppo per Davide Cassani, Federico Morini, Gianluca Carretta, Vincenzo Nibali

Gli infortuni senza ritorno: la lettura di Gianluca Carretta

06.10.2025
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«Se butti nella mischia un atleta di alto livello – dice serio Gianluca Carretta – perché normalmente spingi per il recupero degli atleti top, rischi di ottenere l’effetto opposto. Anche gli atleti vertice, se non sono in condizione, con i ritmi di adesso vanno in difficoltà. Per cui il rischio è di mettere sotto stress un organismo che è già sotto stress. Perché ha già subito quelli del trauma e quelli di un recupero affrettato. Quando è così, il corpo reagisce e ci sta che vengano fuori dei flop. E’ sicuramente meglio un recupero graduale e corretto, a maggior ragione nel ciclismo di adesso in cui vanno sempre a tutta».

Bernal è tornato in gruppo dopo l’incidente del 2022, ma non ha mai ritrovato il suo livello precedente e ha spesso dovuto fermarsi (foto La Sabana)
Bernal è tornato in gruppo dopo l’incidente del 2022, ma non ha mai ritrovato il suo livello precedente e ha spesso dovuto fermarsi (foto La Sabana)

I campioni spariti

Gianluca Carretta (in apertura con la maglia bianca assieme a Cassani, Morini e Nibali) è uno degli osteopati più esperti che abbia lavorato nel mondo del ciclismo. Ha aiutato il recupero di decine di atleti: quelli delle squadre in cui ha lavorato e anche quelli che si presentavano al suo ambulatorio di Parma. E ora che ha lasciato il mondo delle squadre ed esercita la professione nel suo studio, ha passato il testimone a suo figlio Matteo, fresco di inserimento nello staff della XDS-Astana. Lo abbiamo coinvolto per dare una misura ai mancati ritorni alla piena efficienza di atleti come Froome, Bernal, Alaphilippe, Marta Cavalli. I campioni che dal 2019 in avanti, in seguito a infortuni piuttosto seri, sono rientrati in gruppo senza più ritrovare il loro livello. Dipende dal tipo di incidente, dalla fretta di recuperare o dal ciclismo di adesso che non ti perdona lo stop di un anno in cui cerchi di ricostruirti?

«C’è infortunio e infortunio – annuisce Carretta – se mi rompo il femore, una volta che l’osso è a posto e recupero la muscolatura della gamba, il lavoro è fatto. Se vai accanto alla spalla e magari trovi delle lesioni ai legamenti o ai tendini, il discorso diventa un po’ più complesso. Altra storia invece è subire dei politraumi come quelli che hanno subito Froome e Bernal. Io non conosco bene la loro storia clinica, ne ho letto sui giornali, però il concetto resta. Nel momento in cui si parla di politrauma, cioè hai varie fratture e magari vai accanto alla colonna vertebrale, come è successo per Bernal, è chiaro che le cose si complicano».

Il 2022 fu anche l’anno dell’incidente che, sia pure non all’istante, ha segnato la carriera di Marta Cavalli
Il 2022 fu anche l’anno dell’incidente che, sia pure non all’istante, ha segnato la carriera di Marta Cavalli
La colonna vertebrale è la vera discriminante?

Si va potenzialmente accanto al sistema nervoso centrale e al sistema neurovegetativo. Non dimentichiamoci che la colonna vuol dire plessi nervosi che gestiscono i movimenti, ma vuol dire anche plessi nervosi latero-vertebrali che gestiscono l’attività fisiologica viscerale, che permette il recupero. Se vengono influenzati i processi di recupero, si incide in modo abbastanza importante sulla funzionalità del corpo.

Si dice che gli atleti di vertice siano fenomenali anche nella rapidità del recupero. Nella carriera di Gianluca Carretta è mai capitato di dover forzare la mano?

Sono ragazzi giovani, che hanno dei tempi di recupero molto rapidi, ma ci sono dei criteri da rispettare. Il tempo dedicato al recupero dipende dalla squadra. Io sono stato in gruppi che hanno sempre rispettato i tempi, senza mai fare troppa pressione. Se non l’ultima volta, ma di comune accordo con l’atleta, quando si decise di forzare i tempi. Mi riferisco al Tour del 2018 in cui Nibali ebbe una frattura da compressione di una vertebra.

Si parlò molto del tipo di intervento, proprio per accelerare il recupero, dato che i mondiali di Innsbruck sembravano perfetti per lui…

Venne fatto un tentativo di recupero veloce, per permettergli di correre anche la Vuelta. Ricordo che finii anche in una mezza polemica, perché mi scappò detta una cosa a un giornalista, che lo scrisse. Dissi che avevamo tentato di recuperare alla svelta, non rispettando i tempi corretti. Era vero, ma in squadra ci fu un po’ di maretta. Lo facemmo di comune accordo, perché Vincenzo era consapevole di tutti i rischi. Voleva andare alla Vuelta, per cui nel giro di un mese fu abile per tornare, sebbene la frattura da compressione di una vertebra normalmente richieda un po’ più di pazienza.

Un mese dopo la frattura al Tour del 2018, Nibali si schierò al via della Vuelta: un recupero forzato, secondo Carretta, concordato fra atleta e squadra
Un mese dopo la frattura al Tour del 2018, Nibali si schierò al via della Vuelta: un recupero forzato, secondo Carretta, concordato fra atleta e squadra
La cosa funzionò?

Vincenzo venne rimesso in condizioni di correre la Vuelta, chiaramente però in una condizione non ottimale dal punto di vista atletico e andò come andò. In quel caso in effetti vennero fatte un po’ di pressioni. Per il resto non ho dovuto gestire grossi infortuni. Mi viene in mente Cancellara al Tour del 2015, quando era maglia gialla. Anche lui si era fratturato due o tre vertebre, ma in modo meno grave di Vincenzo. In quel caso non venne fatta troppa pressione, anche perché con Luca Guercilena certi tempi venivano rispettati. Oppure ricordo il bacino rotto di Michele Bartoli al Giro del 2002, ma rispettammo i tempi.

Evenepoel tornò in gara al Giro d’Italia sette mesi dopo l’incidente del Lombardia 2020, ma trovò un livello troppo alto e dovette fermarsi. Bernal è tornato e si è fermato più di una volta. Non sarebbe meglio rientrare quando si è davvero a posto?

Su questo con me trovate una porta aperta. Secondo me è sbagliato accelerare i tempi rispetto a certi infortuni, a meno che non si tratti di un infortunio banale.

Traduci banale?

Quando Lance Armstrong tornò a correre, poco prima del Giro del 2009 si ruppe la clavicola in una garetta in Spagna, se ben ricordo (nella prima tappa delle Vuelta Castilla y Leon, ndr). Venne operato, gli fu messa una placchetta in titanio sulla clavicola e dopo tre giorni era in bici. Con la placca, la clavicola rotta era più solida dell’altra: quello è un incidente banale.

Dopo l’incidente del 2019 Froome non è più stato neppure l’ombra del campione vincitore di 4 Tour, un Giro e 2 Vuelta
Dopo l’incidente del 2019 Froome non è più stato neppure l’ombra del campione vincitore di 4 Tour, un Giro e 2 Vuelta
Per quelli più complessi?

Per un atleta di prestazione è sicuramente meglio tornare in gara nel momento in cui fisiologicamente è completamente recuperato, dal punto di vista osseo e anche funzionale. Deve ritrovare la condizione, quindi accelerare i tempi significa sollecitare il corpo in modo eccessivo. Ribadisco: soprattutto in questo ciclismo che non ammette ritmi blandi. Io sono sempre dell’idea che sia meglio rispettare la fisiologia. Per cui, se mi chiedete se sono d’accordo su un recupero veloce o su un recupero lento e fisiologico, sicuramente scelgo la seconda.