E’ sempre più evidente quanto la tecnologia stia diventando parte integrante del ciclismo moderno. Il Tour de France ha confermato una tendenza in forte crescita: l’uso di strumenti che monitorano in modo sempre più dettagliato i parametri fisiologici degli atleti. Tra questi, ha destato molta curiosità Tymewear, un dispositivo indossabile che misura la respirazione e che è utilizzato da squadre di altissimo livello come la Visma-Lease a Bike (in apertura foto Tymewear).
Il suo impiego apre un nuovo orizzonte nella preparazione atletica e nella gestione dello sforzo in corsa, ma forse ancora di più nei meandri infiniti della preparazione. Dati come la potenza espressa, i watt, sono dati di output, cioè di quel che rende il fisico. E fu un passo in avanti rispetto al cardiofrequenzimetro che invece monitorava il corpo, come lavorava (dato input). Adesso, per assurdo, il concetto di Tymewear legato alla respirazione, sembra (rimarchiamo il sembra) fare un passo indietro, tornando ad incentrasi sul corpo umano. In realtà poi non è del tutto così, come vedremo. Di certo il tema è affascinante.


Cos’è Tymewear
Tymewear è un sistema intelligente di misurazione della respirazione pensato per raccogliere dati in tempo reale senza l’ingombro di maschere o sistemi ingombranti. Già questo fa capire che il monitoraggio della respirazione non è una cosa nuova, ma è importante. Pensiamo ad un atleta che fa i test in laboratorio…
Il dispositivo nasce da un’idea di Tymewear, appunto, una startup statunitense che si è posta l’obiettivo di portare la misurazione ventilatoria all’interno dell’allenamento quotidiano. La sua promessa è quella di offrire un parametro in più rispetto a quelli classici già disponibili, come potenza, frequenza cardiaca, temperatura corporea, consumo dei carbo…
Ma perché proprio la respirazione, ci si chiede anche sul sito di Tymewear? La ventilazione è il primo indicatore della fatica interna. A differenza della potenza, che misura solo la prestazione esterna, la respirazione racconta quanto quell’intensità costi al corpo, in termini di carico fisiologico. Tymewear rileva in modo preciso il volume di ogni atto respiratorio, consentendo di identificare soglie e stati di fatica in modo più sensibile. Il dispositivo è stato testato anche in ambiente accademico e ha già dimostrato una buona attendibilità nella misurazione ventilatoria durante lo sforzo, aprendo di fatto a nuove strategie di allenamento e di valutazione della performance.


Come funziona
Tymewear si presenta come una fascia elastica da indossare sotto la maglia. Al suo interno è integrato un sensore piezoelettrico che rileva l’espansione del torace a ogni respiro, traducendo questo movimento in dati numerici. Il sensore è collegato via Bluetooth a un computer da bici o ad una app, dove l’atleta può visualizzare informazioni come la frequenza respiratoria, il volume corrente e il volume/minuto. Oltre a questi, il sistema incrocia i dati di respirazione con gli altri già noti: potenza, battiti, cadenza…
Tymewear è stato pensato per l’uso continuativo: si può indossare per ore, anche in gara. E’ leggero, lavabile e compatibile con i principali sistemi di visualizzazione presenti sul mercato. Il vero valore aggiunto però non è solo il dato “live”, ma la raccolta a lungo termine: costruire uno storico della risposta respiratoria a determinati stimoli consente ai tecnici di impostare con maggiore precisione allenamenti personalizzati e strategie di recupero.
Il prodotto è ancora in evoluzione, ma il feedback ricevuto finora dagli atleti è stato molto incoraggiante. Soprattutto perché permette di “leggere” con maggiore accuratezza il bilancio tra stimolo e risposta, uno dei temi centrali nella preparazione moderna.


Parola ad Affini
Raccolta a lungo termine: questa frase si collega perfettamente con quanto ci ha detto Edoardo Affini, durante il Tour. Il campione europeo a crono ci ha raccontato come viene impiegato il dispositivo e quali informazioni fornisce realmente ai corridori.
«Tymewear – ha spiegato Affini – monitora il numero di respirazioni per minuto. O meglio, il volume di ogni respirazione. Questo parametro è collegato a tutto il resto: potenza, frequenza cardiaca… In pratica è un modo per capire quanto costa, dal punto di vista fisiologico, uno sforzo».
Ma serve davvero in gara? «Ad essere onesti non lo usiamo ancora in modo diretto come feedback. E’ più una raccolta dati. Magari gli diamo un’occhiata, ma sono soprattutto i preparatori e gli ingegneri a esaminare tutto: pendenza, watt, frequenza, cadenza… Da lì cercano di trovare spazi di miglioramento».
Per ora, dunque, Tymewear è uno strumento al servizio del team più che del singolo. Ma i margini di crescita sono ampi, perché la misurazione della respirazione rappresenta una frontiera ancora poco esplorata ma potenzialmente ricca di informazioni. Nel ciclismo l’approccio scientifico è sempre più determinante e come si lavora forte su materiali e aerodinamica, lo stesso si fa sulla gestione delle energie in corsa. Il dato della ventilazione, se interpretato correttamente, può essere la chiave per sbloccare ulteriori margini di rendimento.


A chi serve? Atleti o coach
Viene spontaneo chiedersi se questi strumenti siano utili anche a chi non fa parte del WorldTour. E’ un dispositivo solo per l’elite o può diventare uno strumento accessibile anche per gli amatori evoluti? La risposta, almeno per ora, è duplice. Tymewear si inserisce in un processo di analisi molto sofisticato, che richiede competenze specifiche per sfruttato al massimo. Ma è anche vero che, per chi lavora con coach, preparatori o usa piattaforme evolute, può rappresentare una nuova fonte di dati preziosi.
Dal punto di vista della compatibilità, Tymewear funziona con la maggior parte dei sistemi GPS più diffusi sul mercato, come Garmin, Wahoo o Hammerhead. Il dato può essere visualizzato come qualsiasi altro parametro e, una volta scaricato, elaborato tramite software di training come TrainingPeaks o GoldenCheetah.
Si dice che Jonas Vingegaard abbia fatto riferimento proprio alla respirazione Tymewear durante la cronoscalata di Peyragudes. «Personalmente – riprende Affini – lo guardo in corsa, ci butto un occhio come si suol dire, ma non è che dici: “Sto respirando due volte in più, meglio rallentare”. Quando sei a tutta e lo sforzo è massimo pensi solo a spingere. Però è vero che può aiutare a calibrare l’intensità se sei in una fase più gestibile dello sforzo».
E’ evidente che siamo ancora in una fase di test (almeno ad alti livelli), ma con prospettive molto interessanti. Per ora serve soprattutto agli staff tecnici, ma in futuro potrebbe diventare una risorsa anche per chi vuole migliorare il proprio approccio all’allenamento. Non più solo la prestazione visibile, ma anche il costo nascosto del gesto atletico.