Paret-Peintre si prende il Ventoux e la Francia scoppia di gioia

22.07.2025
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MONT VENTOUX (Francia) – Ogni volta che Valentin Paret-Peintre attaccava o rispondeva a un attacco di Ben Healy sul Ventoux, esplodeva il boato. Noi eravamo proprio in cima al Gigante della Provenza, e sotto di noi c’era la curva ai 150 metri con un maxischermo. Quel maxischermo trasformava il Ventoux in uno stadio e Paret-Peintre nel loro eroe.

Un eroe francese sulla montagna simbolo di questo Tour de France. Ascoltavamo i commenti dei cugini: questa per loro era la tappa simbolo, quella a cui forse tenevano di più. Il fatto che abbia vinto uno dei loro significa tantissimo. Sul Gigante della Provenza non fa né freddo né caldo, ma c’è sempre un certo venticello che complica le cose per gli attaccanti e per chi è a bordo strada.

Sul Ventoux un bagno di folla, nonostante strade chiude da due giorni. E i francesi godono con Paret-Peintre
Sul Ventoux un bagno di folla, nonostante strade chiude da due giorni. E i francesi godono con Paret-Peintre

Finale da brivi

Gli ultimi 2.700 metri erano praticamente tutti controvento, esclusi gli ultimi 80 metri dove si girava. Paret-Peintre oggi ha fatto una vera impresa: ha gestito lo sforzo, non ha perso la testa quando davanti erano rimasti i corridori sulla carta più forti. Con la voglia di conquistare un traguardo ambizioso si è messo sotto: è stato il primo a scattare, il primo ad aprire il drappello dei contrattaccanti e il primo a richiudere sullo spagnolo.

E’ stato intelligente anche nella gestione dello sforzo quando sono iniziati gli scatti con Healy. Il finale è storia che tutti abbiamo visto: una volata tesissima e quella mezza ruota che precede quella dell’irlandese.

Dopo il traguardo abbiamo incontrato Davide Bramati, ci saluta, si ferma, tira fuori il braccio dall’ammiraglia. «Non riesco a parlare», ci “urla sottovoce”… senza voce. Riesce appena a sussurrare qualcosa. La gendarmerie fa sgombrare tutti. E’ il caos solito, solo che stavolta siamo in cima a una montagna di 1.910 metri e la strada è strettissima.

Il Brama forse vorrebbe parlare molto più di altre volte, ma proprio non ci riesce. A chiudergli la gola è un mix di emozioni e la voce effettivamente se n’è andata. Solo quando da dietro piomba Ilan Van Wilder e si sente un “Brama” in un italiano perfetto, il direttore sportivo ferma di nuovo la macchina. I due si abbracciano e scoppiano a piangere. Stavolta neanche il gendarme s’intromette.

Van Wilder come Pogacar

«Abbiamo giocato bene le nostre carte – racconta Van Wilder – Valentin ha attaccato, mi ha detto che si sentiva molto bene. Io invece no, quindi è stato facile scegliere di tirare per lui. Non sono egoista, se un mio compagno sta meglio di me corro per lui. Così ho accelerato e Valentin è partito dalla mia ruota. A quel punto, quasi all’improvviso, ho ritrovato il mio ritmo e le mie gambe. Ho fatto un crono con e contro me stesso!».

La scalata di Van Wilder ricorda vagamente quella di Pantani nel 2000, quando si staccò e poi rientrò sui migliori.
«Verso il finale – riprende il belga – ho visto che i ragazzi davanti a me non erano lontani e intorno all’ultimo chilometro ero di nuovo davanti. Vedevo che la situazione era difficile per Valentin, sia davanti che dietro. Sentivo che la maglia gialla si avvicinava velocemente quindi non ho esitato. Mi sono messo a blocco e ho tirato per lui.
«Fortunatamente ha fatto una bella volata e ho sentito dallo speaker che aveva vinto. Per radio “Brama” è impazzito completamente. Ha iniziato a urlare, non capivo cosa dicesse. E’ stato incredibile, non dimenticherò mai questa giornata. Per le montagne russe che abbiamo vissuto in questo Tour sono contento per la squadra. E’ come se avessi vinto io». Una chiosa alla Pogacar con Wellens.

In effetti dopo la batosta Remco, questa è stata una grande risposta per la Soudal-Quick Step. La squadra belga ha corso benissimo e, tutto sommato, liberandosi del leader tutti hanno avuto più libertà. Oggi la Soudal ha corso alla perfezione. Oltre a Paret-Peintre e Van Wilder, nella fuga c’era anche Pascal Eenkhoorn.
«E’ stato anche grazie a Pascal – ha concluso Van Wilder – se siamo riusciti a rimanere nel gruppo degli attaccanti. In pianura ha lavorato moltissimo consentendo a me e Valentin di risparmiare energie».

Valentin Paret-Peintre ha conquistato il Ventoux da pochi secondi. Una bevanda per recuperare seduto al fianco della pietra miliare della cima
Valentin Paret-Peintre ha conquistato il Ventoux da pochi secondi. Una bevanda per recuperare seduto al fianco della pietra miliare della cima

Sulla pietra del Ventoux

Quindi ecco l’eroe di giornata. Lo caricano letteralmente dal traguardo, e non ci vuole molto visto che Valentin è il più leggero del Tour: 52 chili. Lo portano dietro il palco dove c’è la pietra miliare tipica delle montagne francesi che indica la cima. Una di quelle pietre con la testa arrotondata, di colore giallo, il nome della montagna e la quota. Lo trascinano lì. Chiede e manda giù una di quelle bevande per il recupero.

La sensazione è che non abbia ancora realizzato l’impresa. Il patron del Tour Christian Prudhomme si avvicina e con ammirazione si complimenta con lui. In fin dei conti è anche la prima vittoria francese in questo Tour. Il fatto che sia arrivata quassù amplifica tutto.

«Una vittoria sul Ventoux… Non so che dire – attacca spaesato Paret-Peintre – è incredibile. Quando chiedono agli appassionati stranieri qual è la salita che conoscono in Francia, dicono il Ventoux. Davvero, non so che dire…

«All’inizio non credevo troppo alla fuga, guardavo cosa succedeva, ma pensavo che stare lì davanti non servisse a nulla. Poi finalmente si è creato un grande gruppo e le cose sono andate meglio. Ho detto a Ilan e a Pascal che mi sentivo davvero bene. Quando poi è partito il drappello di Arensman, la squadra ha scelto di tenere con noi Eenkhoorn. Lui ha tirato e penso che questa sia stata la strategia giusta. Non abbiamo sprecato energie».

Per la squadra

A chi dice che il ciclismo non è uno sport di squadra bisognerebbe far sentire le parole degli atleti e portarli dentro la corsa, dentro il gruppo. Quante cose ci sono che sfuggono.
«Questa vittoria – riprende Valentin – è di squadra. Se non ci fossero stati Eenkhoorn e Van Wilder non avrei vinto».

E questo vale anche a parti inverse, cioè se ci fosse stato ancora il leader, Remco Evenepoel. Anche in quel caso tutti per lui.
«Con Remco in corsa – conclude Paret-Peintre – non so se avrei avuto la libertà di andare davanti. Giustamente eravamo qui per lui. In ogni caso oggi è stato molto diverso rispetto a una giornata come quella di Carcassonne. Lì ho potuto pedalare tranquillamente nel gruppetto e fare così due giorni di recupero (la tappa tranquilla più il giorno di riposo di ieri, ndr), mentre se ci fosse stato Remco sarei dovuto restare al suo fianco. E questi, ai fini del recupero in un Grande Giro, contano tantissimo».

La Francia gode dunque, almeno oggi. Passata l’ondata Alaphilippe (e in attesa di Seixas), i cugini non hanno molto. Non più di noi… E come detto prima, il fatto che un francese abbia vinto quassù, proprio quando tutti davano per scontata la vittoria di Pogacar, è un regalo di quelli grossi. Una bella scossa che rinnova l’amore dei francesi per la loro corsa.
E intanto aspettiamo la prima pagina dell’Equipe di domani…