Se ieri è stato il giorno di Filippo Ganna nella cronometro, oggi il pensiero va al campionato italiano su strada. Il Friuli Venezia Giulia è pronto ad accogliere una sfida che si preannuncia entusiasmante, tanto più con un tracciato che apre la corsa a numerose interpretazioni.
Lo sostiene anche il cittì Marco Villa, alla sua prima volta da tecnico azzurro in un tricolore su strada. E’ con lui che analizziamo il percorso, da Trieste a Gorizia, valido anche per la Coppa Italia delle Regioni 2025, nuova iniziativa lanciata dalla Lega del Ciclismo Professionistico insieme alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, come avevamo visto per il tricolore donne.
E a proposito di Trieste, il cambio di partenza ufficializzato qualche giorno fa da San Vito al Tagliamento al capoluogo friulano, ha un po’ colto di sorpresa in molti. In parte anche il cittì stesso che si aspettava una prima parte in linea diversa. Ma alla fine la politica ha voluto che l’italiano del Friuli Venezia Giulia partisse dal suo capoluogo e… bene così.


Marco, di campionati italiani ne avrai visti centinaia, ma questo è il primo da cittì su strada. Come lo stai vivendo?
L’ho vissuto già qualche settimana fa, quando mi hanno chiamato per vedere il percorso. Domenica lo guarderò con occhi diversi. Ho sempre seguito con attenzione anche prima: tanti degli atleti che avevo in pista arrivavano da qui. L’emozione sappiamo gestirla…
Il percorso l’hai disegnato tu o lo hai trovato già pronto?
Mi hanno interpellato e sono venuto a vederlo. Avrei comunque dato un’occhiata. C’è un bando, chi lo vince propone anche il tracciato. Secondo me è un bel percorso, aperto a tante interpretazioni: ognuno può provare a metterci qualcosa del suo. C’è pianura, c’è salita… C’era in ballo la decisione sui giri finali. A me hanno chiesto un parere: non tanto sul tracciato, ma se farlo con tre o quattro giri.
E tu hai scelto per i tre giri, giusto?
Sì, perché a mio modo così è più equilibrato per tutti. Bisogna anche considerare che tanti corridori sono senza squadra o con pochi gregari perché militano in team stranieri. Chi parte da solo ha già un handicap. Un tracciato troppo duro avrebbe escluso qualche velocista che magari pensa al Tour de France. Io ho suggerito tre giri invece di quattro e la mia opinione è stata accolta. Poi le difficoltà organizzative le conoscono meglio loro. Io ho trovato un circuito interessante: c’è una salita con un versante che può stimolare anche gli scalatori. Ma allo stesso tempo un velocista con una buona gamba può provare a tenere fino alla fine.




Una volta il tricolore rispecchiava il Mondiale. Quest’anno il percorso del Mondiale in Ruanda sarà duro, mentre Gorizia è più veloce…
Mi ricordo il Trittico come selezione per il Mondiale, ma il campionato italiano è tre mesi prima del mondiale. Con un tracciato da 5.500 metri come quello del Ruanda non so quanti sarebbero partiti domenica. Poi ci sono le dinamiche di squadra: alcune sono più organizzate, altre meno. E’ difficile pensare a un tricolore su misura del Mondiale. Abbiamo tante gare per valutare le caratteristiche degli atleti che andranno alla corsa iridata.
Chiaro…
Poi tornando al Mondiale, io ho già un’idea delle caratteristiche che servono per il Ruanda. Dopo settembre valuteremo la condizione. Se un atleta ha fatto Giro e Tour e arriva scarico, devo cambiare. Ho una rosa allargata, ho già parlato con i team, i direttori, i preparatori. Il mio auspicio è fare un bel settembre di avvicinamento al Mondiale, senza penalizzare le esigenze delle squadre. Se si riesce a costruire un percorso condiviso, è già un modo per facilitare le scelte. Ribadisco, un tricolore modellato sul Mondiale avrebbe escluso una categoria di atleti troppo ampia.
Non puoi fare nomi, ma qual è la caratteristica giusta per questo tracciato?
I 230 chilometri sono già selettivi. La salita finisce a 9-10 chilometri dall’arrivo, può essere il trampolino ideale per uno scalatore. Ma anche un velocista in forma, magari con una squadra organizzata o trovando alleati, può chiudere su chi attacca. La discesa e i chilometri successivi possono aiutare a ricucire il gap. Un velocista resistente e con gamba può arrivare a giocarsela in una volata ristretta.


La discesa è tecnica?
Qualche curva impegnativa c’è, ma la strada è larga e l’asfalto buono. Un discesista può fare la differenza. Anche uno scalatore bravo in discesa può non perdere nulla. E un velocista abile può invece rientrare.
Hai parlato spesso di squadre: team come VF Group-Bardiani e Polti-Kometa correranno in tanti. La squadra conterà anche qui?
Sì, anche la squadra può fare la differenza. VF Group e Polti investono molto nel ciclismo italiano ed è giusto che abbiano occasioni così. Magari hanno meno individualità, ma possono compensare con il gioco di squadra. Un campionato aperto a tanti corridori e squadre che investono, a me non dispiace affatto.
Le crono si sono corse col caldo: inciderà anche sulla gara in linea?
Io penso che i ciclisti siano abituati. Il caldo fa parte del tricolore, lo è sempre stato. Gli atleti sanno ormai correre con ogni condizione, con i giusti accorgimenti. Noi come nazionale mettiamo a disposizione due ammiraglie per chi non ne ha. Le guideremo Scirea ed io. E’ un modo per non lasciare nessuno senza supporto.