Il lungo addio di Bardet, 7 momenti da ricordare

22.06.2025
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«Ca va Bardet, Ca va Bardet», quel grido risuona nelle orecchie all’ultima edizione del Giro del Delfinato. E’ ancora più forte del solito, probabilmente perché forse non lo risentiremo. Perché Romain ha deciso di chiudere la sua carriera, a 34 anni dopo 13 stagioni da pro’. Ha voluto farlo nella corsa che ama di più, anche se nel mezzo della stagione: «E’ la mia preferita, quella dove sono andato più vicino alla vittoria e dove ho conquistato il mio primo successo importante, in una tappa nel 2015. Non potevo che chiudere qui». Con i più grandi del ciclismo odierno a fargli da contorno, da Pogacar a Vingegaard a Evenepoel, protagonisti di un ciclismo che forse non gli appartiene più.

Uno dei tanti cartelli dei tifosi all’ultimo Giro del Delfinato, dove gli hanno tributato una vera ovazione
Uno dei tanti cartelli dei tifosi all’ultimo Giro del Delfinato, dove gli hanno tributato una vera ovazione

Un francese dalle mille sfumature

D’altro canto si dice sempre più spesso che il ciclismo cambia velocemente e quello dei suoi inizi, nel 2012 quando esordì all’AG2R la Mondiale, non era quello di oggi. E’ curioso il fatto che di vittorie Bardet ne ha collezionate poche ma buone, 11 in totale, di cui due in classifiche di corse a tappe (Tour de l’Ain 2013 e Tour of the Alps 2022) eppure passerà alla storia come uno specialista di grandi giri.

Non che se la sia cavata male, in fin dei conti vanta 4 tappe al Tour, una alla Vuelta, al Giro affrontato tardi in carriera si è pure distinto, ma la sua storia non è semplicissima da raccontare, soprattutto se lo si vuole identificare in uno stereotipo. Perché Bardet da Brioude (Alta Loira) è come un personaggio pirandelliano, pieno di sfaccettature. Proviamo allora a venirne a capo attraverso episodi.

Il francese in fuga all’Amstel del 2012. Il sogno vivrà fino a 10 chilometri dal traguardo
Il francese in fuga all’Amstel del 2012. Il sogno vivrà fino a 10 chilometri dal traguardo

Amstel Gold Race 2012, il primo squillo

Romain, figlio di un maestro e un’infermiera, è appena passato di categoria, ma di recitare un ruolo di contorno proprio non gli va. D’altronde nelle categorie giovanili si è ben distinto, soprattutto come corridore di classiche (2° alla Liegi U23 dell’anno prima). All’Amstel dopo 40 chilometri si lancia all’attacco. E’ la fuga di giornata, figurati se va al traguardo. Sono in 7 (fra loro anche un giovanissimo Pello Bilbao), si aggiungono altri 2 e il vantaggio monta, monta fino a 13 minuti. Il gruppo si sveglia e inizia la rimonta, ma lui non molla. Mollano gli altri, lui no, tira dritto. Lo riprendono a 10 chilometri dal traguardo eppure ci crede ancora e quel 25° posto finale vale molto. Quel ragazzo ha un bel caratterino…

L’esordio al Tour 2013

L’anno dopo arriva l’esordio al Tour de France. Bardet non ha ancora vinto da pro’, ma nelle prove a tappe è sempre fra i migliori giovani e l’AG2R decide di dargli fiducia. Si parte dalla Corsica e Romain si distingue perché ha già capito che deve rimanere nelle prime posizioni, soprattutto nel finale delle tappe, poco importa che ci si scanni per la volata. Ma quando si tratta di salire, sa tenere il passo, anche se poi paga a cronometro. Alla fine è 15° in classifica, il migliore dei francesi. Poca cosa? Forse, ma intanto si capisce che quella è la “sua” dimensione.

L’attacco di Mende, dove con Pinot nasce una forte rivalità, che Bardet però ha sempre negato
L’attacco di Mende, dove con Pinot nasce una forte rivalità, che Bardet però ha sempre negato

Il Tour 2015 e “il pasticciaccio” di Mende

Ci si attende tanto da lui, la prima parte di stagione è stato tutto un lungo prologo al Tour. Ma in classifica non c’è, sui Pirenei accusa distacchi pesanti mentre Chris Froome mette subito le cose in chiaro. Il vantaggio di accusare minuti e minuti c’è, perché cominciano a controllarti di meno. Bardet inizia a pensare a riprendere vigore, è 3° a Plateau de Beille e si sente pronto per il primo centro nella Grande Boucle. Nella tappa di Mende però succede qualcosa. Va in fuga con un altro francese di belle speranze, Thibaut Pinot.

I due si studiano, si guardano, si fanno i dispetti: Steve Cummings, anziano britannico del Team MTN-Qhubeka ringrazia e li prende in contropiede. In casa sudafricana si festeggia, i due “galletti” continuano a beccarsi e la loro rivalità rimarrà a fare da contrappunto a un ciclismo francese che con loro riprende a crescere, anche se non come vorrebbe. Bardet però non si dà per vinto e alla diciottesima tappa, a Saint Jean de Maurienne coglierà la sua prima vittoria al Tour, riuscendo anche ad agguantare la Top 10 finale.

A Saint Gervais-Mont Blanc una delle sue quattro vittorie di tappa al Tour
A Saint Gervais-Mont Blanc una delle sue quattro vittorie di tappa al Tour

Il Tour 2016 e il podio finale

Il francese ci crede e il popolo è con lui. Che sia arrivato il momento di chiudere la lunga astinenza da maglia gialla, che risale all’epoca d’oro di Hinault? L’anno dopo Bardet si prepara pensando solo al Tour, questa volta i Pirenei non fanno male, la cronometro invece sì, accusa quasi 3 minuti da Froome. Ma d’altronde il britannico ha una corazzata, lui è un autodidatta. Sulle Alpi è un crescendo rossiniano: recupera sull’arrivo in salita di Finhaut-Emosson, va bene anche nella cronoscalata di Megève, a Saint Gervais-Mont Blanc si scatena e dà scacco matto a Mollema e Adam Yates. Sul Joux Plane controlla gli avversari, sa che Froome è troppo lontano e chiude secondo a 4’05”. I media francesi lo acclamano: «Abbiamo trovato il campione per il Tour».

Alla Grande Boucle del 2020 il ritiro dopo la caduta alla tredicesima tappa con esiti molto pesanti
Alla Grande Boucle del 2020 il ritiro dopo la caduta alla tredicesima tappa con esiti molto pesanti

La terribile caduta del Tour 2020

L’anno dopo finisce ancora sul podio, ma quell’ultimo centesimo per completare l’euro non riesce proprio a trovarlo e man mano perde fiducia. Bardet ci prova, ci prova sempre. Anche nel 2020, nell’anno del folle calendario legato al covid, è lì a lottare. Alla tredicesima tappa è quarto in classifica: «Quella mattina mi sentivo alla grande – ha raccontato poco tempo fa all’Equipea un certo punto sono caduto e ho battuto la testa. In quel momento non ci ho neanche fatto caso, sono risalito in sella e ripartito, pensavo solo a riagganciarmi al gruppo. Ma iniziavo a non sentirmi bene, ero come in trance. Faticavo più del normale. Sono arrivato al traguardo, poi il buio più totale».

Bardet riporta una commozione cerebrale, viene naturalmente fermato: «Non facevo che vomitare con un forte mal di testa. Ci ho messo tantissimo per recuperare, fisicamente e come stress psicologico: se ti rompi un osso si riaggiusta, con il cervello è più difficile e qualcosa ti lascia». Molti dicono che qualcosa sia cambiato da allora, fatto sta che non è stato più uomo da classifica.

Il riscatto del transalpino alla Liegi 2024, dove solo lo scatenato Pogacar lo precede
Il riscatto del transalpino alla Liegi 2024, dove solo lo scatenato Pogacar lo precede

Il riscatto della Liegi del 2024

Fatto sta che l’anno dopo cambia team e lascia la Francia, approdando al Team DSM. Per molti appassionati francesi è un’onta: è come se Totti lasciasse la Roma o Del Piero la Juve (per chi crede ancora alle bandiere…). Ma lo fa con cognizione di causa: basta classifiche, meglio pensare ai traguardi singoli. Così comincia a raccogliere, vince una tappa alla Vuelta 2021, vince al TOTA 2022 e nel 2024 stupisce tutti con la piazza d’onore alla Liegi-Bastogne-Liegi. Non è che avesse ambito alla vittoria, davanti c’è Pogacar che… fa il Pogacar, ma gli altri li mette tutti in fila con un paio di attacchi vecchia maniera.

«Ho abbastanza esperienza per sfruttare le situazioni – racconterà al traguardo – è la dimostrazione che bisogna sempre crederci e che il karma sa ripagarti». Una frase che stupisce qualcuno, chi non ricorda l’episodio di due anni prima: caduta di Alaphilippe e lui che non ci pensa un attimo, butta la bici da una parte e va a prestargli soccorso. Alla faccia della rivalità…

Bardet in giallo, un sogno realizzato proprio a fine carriera in quel di Rimini
Bardet in giallo, un sogno realizzato proprio a fine carriera in quel di Rimini

Rimini, l’ultimo acuto al Tour 2024

Il  podio alla Doyenne ha un valore, ma non è quello che davvero cerca. Come fare per mettere il sigillo alla sua carriera? A Bardet manca una cosa, colorata di giallo. Sarebbe bello conquistare la maglia di leader al Tour e se non si può fare in Francia, perché non farlo in Italia? Alla tappa inaugurale a Rimini sono tanti che la cercano ma lui ha in mente un piano e trova in Frank Van den Broek l’uomo giusto per attuarlo. Il francese attacca sulla salita di San Leo e va a prendere i fuggitivi, poi con il fidato gregario se ne va. Il gruppo è affamato al loro inseguimento, ma l’olandese è fenomenale sul lungomare scortandolo verso quel successo che gli regala il simbolo inseguito per tutta la carriera.

Il resto è un lungo, lunghissimo saluto, fino al Delfinato, sentendo sempre quel grido: «ça va Bardet». Ma chissà che non torneremo a sentirlo, perché Romain ha detto basta al ciclismo su strada, ma vuole ancora togliersi qualche sfizio sulla gravel e punta al mondiale di Nizza. E i suoi tifosi già si stanno organizzando…