Gasparotto ha cambiato ruolo, ma non lo sguardo. La capacità di guardare dritto al cuore delle cose che aveva da corridore l’ha portata oggi nel nuovo ruolo di regolatore. Anche se, ammette con disappunto, alcuni corridori e parte dell’ambiente non hanno ancora capito di che cosa si tratti. Enrico detto “Giallo” è salito sulla moto di Rcs Sport al Uae Tour e poi chilometro dopo chilometro, è arrivato al Giro d’Italia. Ieri ha preso la prima pioggia della corsa rosa, ma oggi sarà peggio. E comunque ricorda di essersi bagnato ben di più alla Tirreno nel giorno in cui Van der Poel vinse a Castelfidardo.
«Mi hanno proposto questo incarico ai primi di gennaio – racconta – anzi inizialmente era venuto fuori che si liberavano delle posizioni, solo dopo ho saputo di cosa si trattava. Sono uno dei quattro regolatori che Rcs vuole per gestire al meglio il gruppo. Gli altri sono Velo, Longo Borghini ed Enrico Barbin. Siamo più di quelli che prevede l’Uci, ma per stare tranquilli, da noi si fa così. Ero curioso di sapere che cosa ci fosse da fare. Mentre però il Uae Tour non era così difficile da gestire, la Tirreno è stata la prima vera gara, fra moto e auto al seguito. E ho capito davvero il mio compito».
Enrico e il suo motociclista Marco stamattina a Piacenza prima del diluvio Sula moto e sui caschi ci sono le loro iniziali
E’ un compito difficile?
Dipende dal ruolo che hai. Velo è quello che sta davanti al gruppo e la sua posizione è la più pericolosa. In ogni caso è un ruolo in cui devi avere capacità decisionale, fermezza e devi essere fermo in quello che decidi, altrimenti è un attimo che qualcuno se ne approfitti.
In che modo lavorate?
Siamo tutti collegati tramite Radio Direzione, un canale attraverso il quale comunichiamo i problemi che ci sono. E’ una frequenza cui hanno accesso la direzione e tutte le figure ufficiali che gestiscono la corsa. Chi è davanti avvisa chi è dietro di eventuali rischi per il gruppo. La figura del regolatore nasce per la sicurezza dei corridori. Ogni ragionamento che facciamo è per la massima sicurezza dei ragazzi. Parliamo di gestire il sorpasso delle moto staffette e quello delle moto dei fotografi, gestendo anche la loro rotazione in testa al gruppo, perché possano lavorare tutti in condizioni di sicurezza. Sta a noi permettere a chiunque abbia un ruolo di lavorare in gruppo, ammiraglie comprese.
Il fatto di aver corso ti permette di capire i movimenti del gruppo?
E’ il motivo per cui siamo tutti ex professionisti, perché riusciamo a capire e prevenire il movimento dei ragazzi. Se capisci in che modo si muove il gruppo, puoi disporre il passaggio di chi deve superare. Comunichiamo le indicazioni a Velo, che sposta il gruppo di conseguenza.
Sembra brutto, ma sembra che voi siate i cani e il gruppo un gregge…
E avete ragione, perché sono come un branco di pecoroni. Ho discusso tante volte quando correvo di questi dettagli, affinché lasciassero lavorare le ammiraglie, dando a tutti modo di fare la propria parte. Quello che mi dispiace è che tanti non sappiano che cosa sia il regolatore. Mi chiedono che cosa faccia in moto, se stia collaborando con la Rai…
Forse si dovrebbe insegnarlo ai corridori?
Servirebbe una formazione a livello Uci e non soltanto per i corridori, perché anche alcuni team manager o direttori non capiscono. Alla Sanremo ho dovuto discutere con un’ammiraglia, per la quale ero poco più di una staffetta o di un fotografo.
Sei tranquillo in corsa sulla moto?
Il motociclista che mi è stato assegnato ha fatto tanti anni come scorta, ma non aveva mai guidato in gruppo, perciò gli ho insegnato come muoversi. E devo dire che in queste prime due tappe in linea, si è mosso bene. E questa è una bella soddisfazione. Per contro, anche io ho dovuto imparare la mia parte. E comunque è bello perché sento che in questi giorni si sta creando il feeling in tutto il nostro gruppo.
Dovete ispezionare i percorsi in qualche modo?
Ogni giorno, finita la tappa, facciamo un briefing mettendo sul tappeto tutte le informazioni sulla corsa del giorno dopo. Abbiamo software nei telefonini, la stessa tecnologia che usano i direttori sportivi sulle ammiraglie.
Quali sono dunque i tuoi strumenti quando sali in moto?
A parte il casco e l’abbigliamento tecnico, il più importante è il fischietto. Poi la bandierina, l’elenco dei partenti e la mappa della tappa. Questa una volta era di carta e in certi casi lo è ancora, ma di fatto sotto il cupolino della moto si riesce a mettere uno smartphone con lo schermo gigante che ha cambiato le cose.
Arrivi stanco la sera?
Non ho il mal di gambe dei ragazzi, ma c’è comunque tensione. Se piove, se le strade non sono grandi. E comunque c’è tensione per fare le cose al meglio. Inoltre con la diretta televisiva integrale, c’è una pressione incredibile. L’Uci sorveglia ogni fase e le multe arrivano. E noi regolatori abbiamo la responsabilità e ci chiediamo sempre se potevamo fare meglio. Quando alla Tirreno, Simon Carr è finito contro quel paletto, mi sono chiesto per giorni se avrei potuto fare di meglio.
Riesci ancora a mandare avanti la tua squadra continental?
La squadra va avanti da sé e io comunque non sono il tecnico principale. Per quello c’è Marcello Albasini, io do una mano quando serve. Riesco ancora a farlo benissimo.