Il caso Iannelli: la versione ufficiale, discorso ormai chiuso?

03.03.2025
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«Il ciclista durante la volata finale tentava il sorpasso del gruppo in cui stava gareggiando, perdendo l’equilibrio della bicicletta, per poi sbilanciarsi alla sua sinistra, così da andare a sbattere con il pedalino sinistro e la ruota anteriore del velocipede sul primo pilastro del cancello del civico 45 di via Roma, per poi cadere con il capo sull’altro pilastro del predetto cancello ed infine sbalzare in avanti di pochi metri, dove rimaneva inerte fino all’arrivo dei soccorsi. In base alle dichiarazioni rese da Giulia Fassina, si appurava altresì che in merito all’accaduto non venivano segnalate irregolarità sportive, in quanto Iannelli avrebbe perso autonomamente l’equilibrio, senza coinvolgimento di terzi ciclisti gareggianti».

Il viaggio nel racconto di Carlo Iannelli prosegue con un estratto del rapporto dei Carabinieri intervenuti, che raccolgono la testimonianza della giudice in moto. La sua relazione parla di una manovra di Giovanni Iannelli, che si è spostato verso sinistra nel tentativo di superare il gruppo lanciato in volata. In quel tratto non c’erano transenne a delimitare la carreggiata né protezioni per impedire agli atleti di finire contro colonne, pali della luce, cestini per l’immondizia. Nonostante sia appena morto un ragazzo di 23 anni, non c’è nulla da segnalare.

La caduta di Giovanni Iannelli avviene in volata e per i rettilinei di arrivo la normativa tecnica prevede dispositivi di sicurezza diversi e specifici che in quel caso sembrano tutto fuorché a norma. Non a caso la giustizia sportiva sanziona gli organizzatori. Eppure nulla di tutto ciò basta per aprire un’inchiesta.

La ruota anteriore non sembra aver urtato un muro a 70 all’ora
La ruota anteriore non sembra aver urtato un muro a 70 all’ora

L’innominabile

A un certo punto si scopre che la maglia bianca dei giovani al Giro d’Italia Giovani U23 del 2020 avrà la sponsorizzazione di Aido, l’Associazione italiana donatori organi. I genitori di Giovanni hanno donato i suoi organi e nella mente di Carlo Iannelli prende forma un’idea.

«Si dà il caso che mio figlio Giovanni abbia corso il Giro d’Italia U23 nel 2018 – dice – portandolo a termine con grande fatica. Nel 2019 muore e dona gli organi, nel 2020 c’è questa piccola opportunità. Così mi metto in contatto con gli organizzatori del Giro, ma anche con la Presidente di AIDO, la dottoressa Flavia Petrin. La chiamo, le spiego quale sarebbe la mia intenzione e lei la accoglie con grandissimo entusiasmo. Dice che sarebbe fantastico, ma io freno il suo entusiasmo, dicendole che non sarà affatto semplice. E infatti quella dedica a Giovanni non si è mai realizzata, perché di Giovanni non se ne deve parlare. Giovanni è diventato un innominabile».

Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Un giovanissimo Edoardo Zambanini conquista la maglia bianca AIDO al Giro U23 del 2020
Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Un giovanissimo Edoardo Zambanini conquista la maglia bianca AIDO al Giro U23 del 2020
E la dottoressa che cosa ha detto?

Una volta che la mia idea viene dichiarata improponibile, la chiamo nuovamente e lei mi dice che ha fatto di tutto, ma non è stato possibile. E io allora le dico che al suo posto ritirerei la sponsorizzazione e lei alla fine ammette che la sponsorizzazione non è diretta di AIDO. Dice che loro sono gli sponsor etici e ci mettono il nome, ma i soldi sono di Chiesi Farmaceutici, un’azienda farmaceutica che produce i broncodilatatori. Quando capisce che sono per questo contrariato e minaccio di farlo sapere in giro, fa un comunicato ufficiale di AIDO, in cui spiega come funziona la loro sponsorizzazione.

Nel frattempo l’inchiesta va avanti?

Viene nominato Roberto Sgalla come consulente del Pubblico Ministero di Alessandria: un tesserato della Federazione come consulente di un’inchiesta in cui si indaga per presunte responsabilità di soggetti tesserati. Prima di questo, Sgalla fa anche il consulente per la Procura della Federciclismo. Eppure nonostante il suo parere, la Procura non solo parla di transenne irregolari, ma parla anche di estrema pericolosità di quel rettilineo d’arrivo. Tant’è che sanziona la società organizzatrice nella misura massima per due gravissime irregolarità direttamente correlata alla morte di Giovanni: cioè la transennatura non conforme e l’estrema pericolosità del rettilineo d’arrivo.

Iannelli ha partecipato al Giro d’Italia U23 del 2018
Iannelli ha partecipato al Giro d’Italia U23 del 2018
L’inchiesta penale non ha sbocchi, ma nel frattempo un accenno di giustizia c’è stato grazie alla causa civile?

Ho fatto quella causa perché non potevo più tollerare le umiliazioni alle quali Giovanni è stato sottoposto. L’ho avviata sulla scorta del primo giudizio sportivo del 2 marzo 2020, che ha sanzionato la società per le gravissime irregolarità direttamente correlate alla morte di Giovanni. Era la sola cosa che potevo fare, senza aspettare la Procura della Repubblica di Alessandria. Ho avviato un giudizio civile in pieno Covid, con tutte le difficoltà per notificare gli atti, perché gli ufficiali giudiziari erano quasi tutti in casa. La causa è andata avanti per quattro anni e si è conclusa il 13 agosto del 2024 con una sentenza di 50 pagine emessa dal giudice civile del Tribunale di Alessandria, la dottoressa Alice Ambrosio.

Si parla di gravi negligenze, si riconosce il suo impianto accusatorio, che però non conta per la giustizia penale?

Si parla di gravissime negligenze di tutti coloro che avevano organizzato la gara, individuabili nella manifesta scarsità di transenne obbligatorie nel tratto finale di gara. Nella mancata protezione delle colonne di mattoni rossi contro cui è andato ad impattare Giovanni, “prospicienti se non addirittura situate sulla sede stradale percorribile dai corridori”.

Per capire il quadro, sua moglie in tutto questo combattere che posizione ha?

Sinceramente non l’ho caricata di tutto questo fardello, ho voluta tenerla fuori, lei e le mie figlie. La cosa fa tanto male a me e non volevo arrecare ulteriore dolore anche a loro, per cui me la sono caricata tutta io sulle spalle e porterò questo fardello finché avrò fiato e forza. Poi quando non ci sarò più, pazienza. E’ una vicenda straziante, sono sei anni che non faccio altro se non rileggere, riscrivere, rileggere e riscrivere. Vi posso dire però che la vicenda non è assolutamente conclusa e spero ci siano delle novità importanti. E che questa storia, come dico e scrivo spesso io, non serva solamente a migliorare il ciclismo, ma serve a migliorare anche questo Paese da certe situazioni, da certi contesti. Lo faccio per tutti i Giovanni Iannelli che sono stati dimenticati. Che sono stati chiusi nei cassetti, che sono stati archiviati dalla cattiveria umana, ma quella cattiveria umana ha nomi e cognomi.

Giovanni Iannelli era un ragazzo di famiglia, innamorato delle sue sorelle e dei cugini
Giovanni Iannelli era un ragazzo di famiglia, innamorato delle sue sorelle e dei cugini
Questo suo martellare sui social è come incatenarsi a un cancello?

Mi sono sottoposto a delle umiliazioni indescrivibili, ma vedrà che prima della fine non escludo che a un cancello mi incatenerò davvero. Anche se facendolo passerei per quello che ha perso la testa. Invece io, purtroppo per loro, sono più lucido di prima. Continuo a lavoricchiare perché non ho rendite, non ho nessun tipo di entrata, se non quelle del mio lavoro. E intanto sto cercando di aiutare tante persone nel mondo del ciclismo, che sono state a loro modo massacrate.

Il primo ottobre 2024, una sentenza civile condanna in primo grado gli organizzatori della gara di Molino dei Torti a un risarcimento, ravvisando tutte le irregolarità tecniche denunciate dalla parte lesa. Il 10 ottobre, Carlo Iannelli presenta ancora ad Alessandria un’istanza di riapertura indagini, che viene respinta il giorno dopo. La motivazione è lapidaria: non è necessario fare ulteriori indagini, perché tutti hanno capito come siano andate le cose. Ma è davvero così? E’ stato fatto tutto il necessario per fare luce su questo immenso disastro?

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