OPFIKON (Svizzera) – La vigilia del campionato del mondo su strada scorre lenta, con la pioggia che picchia sui vetri dell’hotel degli azzurri. Fuori gli aerei partono, non siamo lontani dall’aeroporto di Zurigo, facendo un gran rumore. I ragazzi scelti da Bennati, al suo terzo mondiale da cittì, scendono nella hall dell’albergo e si prestano alle varie interviste. Passano in rassegna davanti alla telecamera della RAI dove Ettore Giovannelli ne testa gli umori e i sorrisi. Le settimane che hanno anticipato la prova iridata sono state quasi monopolizzate dalla prestazione di Tiberi al Giro di Lussemburgo. Ma tra gli italiani non c’è solo il ciociaro pronto a dar battaglia, nel vociare generale si sente anche l’allegria e la determinazione di Giulio Ciccone.
Il corridore della Lidl-Trek è seduto a un tavolo, nascosto da un muro ornato da disegni di legno intagliati. Con lui ci sono i membri dello staff della squadra americana. Si parla del più e del meno, ma l’argomento principale è il circuito finale di Zurigo, da ripetere otto volte e che non farà prigionieri.
Un mese dopo
Ciccone si è ritirato dalla Vuelta alla decima tappa, era il 27 agosto. Oggi, più di un mese dopo torna in corsa e lo farà con una gara tosta e impegnativa. Le domande sulla sua condizione si sprecano, ma solo lui può sapere come sta, e noi glielo chiediamo.
«A questo mondiale – racconta nel nostro faccia a faccia – arrivo sicuramente con una buona condizione. Diciamo che non è stata un’annata facile, però il mondiale era un obiettivo quindi sono riuscito a lavorare bene. Nell’ultimo periodo ho avuto belle sensazioni e mi sono messo alle spalle un bel blocco di lavoro, quindi siamo a posto. Fino al Tour de France andato tutto è andato abbastanza bene, poi dopo la Grande Boucle ho corso a San Sebastian e la Vuelta. In Spagna sono andato con l’obiettivo di dare supporto alla squadra e ritrovare la condizione in vista di Zurigo».
Il ritiro è stato un intoppo sul cammino, come lo hai superato?
La caduta della decima tappa mi ha costretto ad andare a casa, ma lo sguardo è sempre rimasto verso il mondiale. Ho fatto un paio di giorni in cui mi sono riguardato, in prevenzione per il ginocchio e per curare un po’ le botte. Una volta accertato che stessi bene sono rimontato in bici in ottica corsa iridata.
Il ginocchio come sta?
Bene, bene, diciamo che i due giorni dopo la caduta ho avuto un po’ di fastidio, non si capiva bene la situazione. Poi però tutto è andato per il meglio e mi sento pronto.
Che emozione provi nell’essere qui?
Il mondiale è sempre il mondiale, quindi sicuramente c’è una motivazione extra e sarà sicuramente una bella giornata. (Ciccone ha corso diverse volte con la nazionale ma il mondiale mancava nella sua carriera, ndr).
Venerdì avete pedalato sul percorso, cosa ne pensi?
Sarà durissimo per via della distanza e dell’altimetria, penso verrà fuori una gara molto nervosa. Ovviamente non ci sono salite lunghe. Però il tratto con il primo strappo e la salita che segue, dove lo sforzo supera i 10 minuti, si faranno sentire.
Quello sarà il punto cruciale?
Sì. Da quel momento segue la parte tecnica con strappi e discese, quindi non c’è mai un vero punto dove si può recuperare. Scollini e non scendi mai fino per un po’ di chilometri, sarà importante stare davanti e tenere alto il ritmo. Prima della discesa che porta sul lago c’è un tratto con i due strappi e la discesa tecnica. Sicuramente verrà fuori un mondiale duro e anche tatticamente non sarà facile.
Perché?
Non c’è una strategia lineare da parte di nessuno. Ripeto, sarà dura, ma noi siamo pronti e con lo spirito giusto per far bene.
Che ruolo avrai? Ne hai già parlato con Bennati?
L’idea è quella di star lì davanti e farmi trovare pronto. E’ chiaro che non si possono aspettare le mosse dei migliori, staremo lì e proveremo a inventarci qualcosa.
Gli otto passaggi su quella parte dura che dicevamo prima sono tanti.
Sì, bisogna essere un gruppo unito, muoversi con intelligenza ed essere sempre presenti. Questo è un po’ lo spirito che serve.
Grazie e in bocca al lupo.
Crepi!