Mentre Simon Yates ha appena finito di dire di essere soddisfatto, per aver trovato le sensazioni che cercava e un’ottima squadra, Stefano Garzelli rimette in ordine gli appunti del Tour of the Alps e si prepara per i sopralluoghi delle ultime nove tappe del Giro. E poi anche per lui sarà tempo di andare a Torino per la partenza.
La corsa ha dato grandi indicazioni per se stessa e per il Giro d’Italia. E se prima non stava bene tirare in ballo la corsa rosa per rispetto verso i padroni di casa, artefici di una manifestazione davvero eccellente, ora uno sguardo alle tre settimane che si annunciano è quantomeno indicato. Per questo abbiamo puntato nuovamente su Garzelli. Perché il Tour of the Alps lo ha commentato accanto a Pancani. Perché conosce il percorso del Giro. E perché, soprattutto, un Giro l’ha vinto. Andiamo per nomi e vediamo che idea si è fatta il varesino che da anni vive a Valencia.
Yates, vincitore giusto?
«Ha dimostrato una grande condizione – comincia – e arriverà al Giro davvero prontissimo. Inoltre le prime tappe saranno subito dure, per cui avere già la gamba giusta potrebbe essere un vantaggio. So bene che l’obiezione è che anche nel 2018 partì fortissimo e poi si spense, ma quell’esperienza lo ha sicuramente segnato e già alla Vuelta dello stesso anno corse in modo più accorto e vinse. E poi sono convinto che debba ancora migliorare. Per quello che ha fatto vedere al Tour of the Alps, è il favorito numero uno del Giro d’Italia».
Pello leader o gregario?
«Gregario di Landa – dice senza esitazione – la fortuna è che sono amici, essendo entrambi baschi. Di certo non avrebbe senso partire per il Giro con due leader e visto il campo dei partenti, Landa ha un’ottima occasione di conquistare il podio. Sarebbe da stupidi non puntare su di lui. Inoltre Pello ha fatto i Paesi Baschi, va forte da qualche settimana di troppo per pensare che possa avere la terza al Giro d’Italia».
Froome ha deluso?
«Sentendo voci in gruppo – dice pensieroso Garzelli – pare che si staccasse quando c’erano ancora 70-80 corridori. Per prendere la fuga ieri un po’ di gamba deve averla e di sicuro non soffre la pressione: ha troppa abitudine, anche se questa è una pressione differente. Credo che stia prendendo questa stagione come un rodaggio per la prossima, perché i postumi dell’incidente non sono spariti. Lo svantaggio è che il gruppo si è popolato di giovani esplosivi e aggressivi, contro i quali non è facile correre a una certa età. Inoltre Sky era costruita su di lui, è dura se adesso è lui a dover spiegare come costruire la squadra. Diciamo che al Delfinato sapremo un po’ meglio quale sia il livello attuale».
Moscon è tornato?
«E’ stato bello vederlo protagonista – dice secco – mi è solo dispiaciuto per oggi, perché tirando da subito avrebbero potuto vincere con lui la terza tappa. Il fatto che abbia sprintato per il quarto posto fa pensare che ha la mentalità del leader e spero per il ciclismo italiano che sia davvero così. Anche dal Belgio non vengono grandi segnali e siamo ancora qui ad augurarci il recupero di Nibali. Non so se a Liegi Moscon potrà correre per vincere, magari andrà in supporto dei compagni. Ma non mi stupirei di vederlo in fuga e arrivare davanti, con il pretesto di tenerli coperti».
Sivakov ha deluso?
«Abbiamo detto che ha ceduto, quando in realtà potrebbe aver pagato la caduta di mercoledì. Certo ieri ha messo la squadra a tirare, ma potrebbe averlo fatto per garantirsi un ritmo costante e non permettere scatti. Al Giro lo vedo accanto a Bernal, che è un mistero, visto che non corre dalla Tirreno. Bernal è Bernal, ma negli ultimi mesi ha avuto i suoi problemi. Fossi nei tecnici della Ineos, gli terrei Sivakov accanto, pronto semmai a subentrare».
Vlasov farà un bel Giro?
«E’ il nome che ho fatto in cronaca – dice – perché è molto costante, anche se va provato nelle tre settimane. Sa vincere, perché lo ha già fatto, e ha alle spalle Martinelli che qualche Giro l’ha pur messo in bacheca. Ha vinto il Giro U23 gestendo la pressione della crono Real Time. Saper vincere è qualcosa di innato, anche se puoi lavorarci. A tutti tremano le gambe arrivando verso il traguardo, esiste la paura di vincere. Quello cui tremano di meno sarà il vincitore. Credo che sia pronto anche mentalmente».
Quale l’ammiraglia migliore?
«Bella domanda – risponde – direi la Bike Exchange. Non si sono mai innervositi. Ieri hanno tenuto la fuga a due minuti e anche oggi sono riusciti a non perderli di vista. Hanno corso bene in favore di Yates e arrivano al Giro con un bel collettivo. Magari non saranno la squadra più forte, ma certo saranno una delle più unite».
Quanto vale Fabbro?
«Potrebbe volere più spazio – dice – e gli alti e bassi di questi giorni sono dovuti sicuramente all’altura conclusa da poco. Al Giro potremmo aspettarci da lui un piazzamento nei dieci, ma se sarà al servizio di Buchmann, magari dovrà accontentarsi di altro. Non è ancora un vincente, gli manca qualcosa, ma rispetto agli anni passati lo vedo più sicuro mentalmente. Sulle potenzialità, finché non affronti da leader una corsa di tre settimane, non puoi sapere se sarai all’altezza».
Un giudizio sulla corsa?
«Gli organizzatori – dice – hanno fatto un gran lavoro, con due sole sbavature. Le auto parcheggiate sul percorso a Innsbruck, che oltre ad essere pericolose hanno dato una brutta immagine. E la discesa della tappa di Pieve di Bono. Ero andato prima a vederla con Pancani e ho visto subito che sarebbe stata critica, potevano benissimo fare il circuito al contrario. Detto questo, è stata una bellissima corsa. Dura il giusto e con tappe non lunghissime. La bellezza di una corsa come questa è che sblocca la fantasia, perché i corridori non ne hanno paura. La tappa di 200 chilometri li tiene bloccati, la tappa breve e dura consente l’inventiva. Tutto sommato davvero una bella corsa».
Una corsa, ci sentiamo di aggiungere, in cui abbiamo potuto svolgere ottimamente il nostro lavoro di giornalisti, con gli spazi e le giuste libertà, avendo sostenuto i due tamponi che hanno autorizzato una possibilità di movimento che altrove è ancora impossibile. Anche per questo, una grande corsa.