Bernal sul podio della Strade Bianche è stato una sorpresa? Neanche un po’. E mentre il colombiano fa la gamba alla Tirreno-Adriatico (in apertura durante la tappa di oggi all’attacco verso Chiusdino) pensando al prossimo vero obiettivo che sarà il Giro d’Italia, noi vi portiamo a un giorno di qualche anno fa: il 17 settembre del 2015.
Egan era da poco arrivato in Italia e si cercava una corsa in cui farlo provare su strada, essendo fondamentalmente un biker. Fu così che Franco Bellia propose di schierarlo al via della Sognando il Fiandre, corsa che faceva la salita di Buti, ai piedi del Monte Serra, poi affrontava quattro giri di un circuito con una salita sterrata. Egan attaccò e fece il vuoto. L’unico che gli tenne le ruote fu Federico Rosati, un giovane che aveva fatto con lui il viaggio dall’Umbria alla Toscana. Egan non se la sentì di staccarlo. Lo attese a ogni giro e poi ovviamente vinse.


La nostra guida nella memoria è Paolo Alberati, che accolse Bernal a casa sua proprio quell’anno, portandolo poi da Gianni Savio. E la conferma che viene dall’ex professionista umbro, oggi allenatore, è che il podio di Siena non sia stato affatto una sorpresa.
Come mai?
Innanzitutto perché sognava da anni di fare la Strade Bianche. Se ne cominciò a parlare proprio dopo quella corsa di Buti e lui ce l’aveva nel sangue. Egan è di quelli che ancora corrono con il gusto di farlo.
Dici che ha mantenuto le qualità di quando era biker?
Se parliamo di esplosività, credo sia interessante quello che è successo nell’ultimo periodo. Mi piace sapere come si allena, per cui ogni tanto capita di sentirsi. E mi ero accorto che negli ultimi due anni si era messo a fare allenamenti monstre, anche di 7 ore con dei tratti dietro moto con suo padre. Di conseguenza l’esplosività della mountain bike, su cui si allenava al massimo per 3 ore e mezza, è andata calando.
Cosa c’è di interessante dunque nell’ultimo periodo?
Ha avuto problemi alla schiena, che potrebbero anche essere derivati da quei carichi eccessivi, e l’infortunio lo ha costretto a non fare più quei lunghi allenamenti. Credo che ne sia stato avvantaggiato. Perché lavorando meno ore, ha ritrovato l’esplosività che era la sua caratteristica dei primi tempi.


Era tanto più esplosivo di ora?
Quando lo portai da Ellena, alla Androni, consegnammo loro i test fatti al centro Uci di Aigle. Aveva fatto dei test massimali di breve durata e dissero che il suo rapporto potenza/peso era fra i migliori di sempre. Anche più dei pistard. Per cui i 1.362 watt di Van der Poel nel finale della Strade Bianche non avrebbe potuto farli, anche perché non ha quella struttura fisica. Ma non c’è da meravigliarsi che fosse lì.
Pensi che potrebbe fare bene anche in una Liegi?
Bisogna vedere se gli entra nel cuore, come è stato con la Strade Bianche. Di certo, se torna a lavorare per i Giri e a fare i grossi volumi di prima, l’esplosività sarà destinata a calare. Quando correva in mountain bike, voleva vincere i grandi Giri. Però mi ricordo anche di quando si mise in testa di vincere il Gran Piemonte, dopo aver vinto il Tour, e se lo portò a casa.
Hai detto che corre con il gusto di farlo.
Come per la Strade Bianche, sognava di fare il Giro da 4 anni. Vedrete quanto si divertirà.