«Voglio veder crescere la mia squadra e godermi la mia maglia iridata, perché è il miglior modo per salutare questo sport». Parole, quelle di Annemiek Van Vleuten riportate dal quotidiano spagnolo Marca che sembrano un epitaffio alla sua straordinaria carriera.
L’olandese, superata la soglia dei 40 anni, si appresta a vivere la sua ultima stagione, al termine della quale appenderà la bici al chiodo. E non sembra ci siano margini perché receda dai suoi propositi, anche se sembra strano considerando che siamo nell’anno preolimpico.
Smettere nonostante tutto
La campionessa della Movistar è stata al riguardo molto chiara: «Voglio smettere quando è ancora doloroso farlo, non cambierò idea. Soffrirò, piangerò, ma non voglio mollare quando il mio livello calerà, voglio essere ancora nel pieno delle mie capacità, al mio massimo livello».
Nella sua intervista, durante il ritiro che la campionessa arancione ha svolto in Colombia, la Van Vleuten ha sottolineato anche come il rapporto con la sua squadra, con la quale è solo al secondo anno, sia molto profondo: «E’ un team forte, hanno tutte grandi qualità tecniche, devo riconoscere che è la prima volta che ripongo una fiducia totale nelle mie compagne e nel sistema di squadra. So che le ragazze mi porteranno davanti ai piedi della prima salita, sempre e comunque. Io dovrò solo stare alla loro ruota. Voglio vederle crescere e accompagnarmi in questo mio ultimo viaggio agonistico, mettendo nel mirino alcune corse, anche se non ho ancora in mente specifici obiettivi».
Professionismo femminile
Dopo quel che ha realizzato lo scorso anno, aggiudicandosi tutti e tre i maggiori giri, si sarebbe portati a pensare che voglia ripetersi salutando così il gruppo nella maniera migliore. A tal proposito la Van Vleuten ha puntato l’obiettivo sulla durata delle corse a tappe, dicendo la sua su un tema molto dibattuto.
«Fare corse di tre settimane anche per le donne è possibile – dice l’olandese – ma bisogna lavorarci con calma. Non è qualcosa di realizzabile a breve termine. Per ora è meglio una decina di giorni, concentrati di emozioni. Ma sono sicura che avverrà, ci si arriverà dopo che il passaggio al professionismo sarà completato e ogni ciclista avrà un salario minimo decente, sufficiente per vivere con il proprio lavoro di atleta».
Le sue affermazioni fanno riflettere e ci hanno spinto a chiedere una replica a un altro totem del ciclismo femminile, Fabiana Luperini. La toscana come la Van Vleuten era una specialista delle corse a tappe, vincitrice di 5 Giri d’Italia e 3 Tour de France.
«Io -spiega Fabiana – credo che tornare al passato, ai miei tempi sia la soluzione migliore. Molti hanno dimenticato che quando ho vinto il Tour era articolato su due settimane ed era una quantità di tappe e chilometri più che sufficiente. Tre sarebbe troppo, per me lo è anche per gli uomini e da tempo se ne discute».
«Quindici giorni è la soluzione giusta, quella che fa emergere i valori reali in campo, non credo che una settimana in più cambierebbe le cose. Si è visto d’altronde come anche la formula attuale alla fine premi chi è più forte, allungarla di qualche tappa metterebbe alla prova la resistenza di tutte. Ma non andrei oltre le due settimane: non avrebbe più un senso tecnico».
Due settimane okay
Per certi versi però questa disparità fra uomini e donne può sembrare non al passo con i tempi. È stato scientificamente provato che in tutti gli sport di endurance le prestazioni fra i due sessi tendono a ravvicinarci sempre più con l’aumento dei chilometri tanto che in alcune prove di corsa sono le donne a vincere.
E’ un problema di cultura ciclistica ancora troppo maschilista? «Io non credo – dice la Luperini – ogni sport va visto nella sua singolarità. Se guardiamo al tennis, nei grandi tornei c’è ancora la differenza fra 3 e 5 set ed è giusto che sia così. Nel ciclismo ad esempio la distanza di 150 chilometri per le donne è più che sufficiente per far emergere le giuste gerarchie in campo. Casomai è sul sistema maschile che bisognerebbe intervenire.
«Tornando al discorso delle due settimane – continua la diesse del Team Corratec – queste permetterebbero al Tour di affrontare sia le Alpi che i Pirenei, oggi con una durata così ridotta è impossibile fare entrambi, ci sarebbero trasferimenti troppo lunghi».
Ritiro? Forse ci ripenserà
La toscana dice la sua anche sulla decisione della Van Vleuten di chiudere la sua carriera essendo ancora al vertice.
«Al suo posto avrei tirato avanti ancora un anno, proprio perché si arriva alle Olimpiadi che sono un po’ il compendio di tutto il lavoro di un quadriennio. Ma probabilmente l’olandese sa che il percorso di Parigi non le sarà favorevole e poi in fin dei conti lei un oro olimpico lo ha già vinto, anche se a cronometro e non in linea. Io comunque sul suo ritiro a fine anno non sono così convinta: è nettamente superiore e se lo sarà anche nel 2023, magari ci ripenserà. Prima di dare la cosa per certa è meglio aspettare…».