Covi, il coraggio di essere normale e un messaggio a Bennati

25.12.2022
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Il giorno dopo il Giro avrebbe affrontato il Fedaia. L’ultima volta che eravamo saliti lassù con una corsa era stato nel 2019 col Giro d’Italia U23. Quel giorno, Alessandro Covi affrontò la salita finale stretto nella morsa dei colombiani. Era secondo in classifica, concluse quarto, respinto dai loro attacchi. Perciò avendolo visto al villaggio di partenza, gli dicemmo convinti che il giorno dopo si sarebbe preso la rivincita. Lui ricambiò lo sguardo e allontanò il pronostico, salvo andare in fuga il giorno dopo e vincere la tappa (foto di apertura).

«Quel giorno – sorride – mi hanno rincorso e incoraggiato tutti gli italiani. Mi ricordo che quando passavo in mezzo alla folla, guardavo il computerino e mi aumentavano i watt. Sessanta in più ogni volta e non vedevo l’ora di capitare in un’altra bolla di folla per aumentare il vantaggio su quello dietro. E’ stato come in un film: da quando mi sono svegliato a quando sono andato a letto. Proprio me lo ricorderò per sempre. Non è stata la mia prima vittoria, ma forse dentro di me è stata la prima vera».

Abbiamo incontrato Covi a Benidorm al ritiro del UAE Team Emirates
Abbiamo incontrato Covi a Benidorm al ritiro del UAE Team Emirates
Dice Ulissi che siete spesso in camera assieme e gli chiedi consiglio…

Mi sono sentito spesso come i neoprofessionisti di una volta. Ormai sono passato da tre anni, ma ho sempre chiesto consiglio ai più esperti e anche grazie a questo sono riuscito a raggiungere qualche risultato. Non sono come tanti giovani che arrivano e spaccano tutto, sono uno di quelli che ha bisogno di tempo. Sto migliorando ogni anno e attendo di fare un altro salto. La squadra ha fiducia in me e quindi cercherò di ripagarla.

Hai capito che corridore diventerai?

Non sarò mai un corridore per corse a tappe. Mi trovo bene nelle gare un po’ mosse e penso di essere abbastanza simile a Diego, di cui abbiamo appena parlato. Anche per questo gli chiedo più consigli possibile, perché abbiamo più o meno le stesse caratteristiche e mi potrà essere molto utile per il presente e per il futuro.

Ulissi è per Covi un bel riferimento per la sua esperienza e per caratteristiche simili
Ulissi è per Covi un bel riferimento per la sua esperienza e per caratteristiche simili
Come è cambiata la vita fra il primo e il terzo anno da pro’?

Prima era più un gioco che un lavoro e ancora adesso resta una passione. Cosa è cambiato? Qualche sacrificio in più sul mangiare e sull’allenamento. Però alla fine sono cose che ti vengono naturali, perché se poi vai alla corsa e sei indietro di condizione, fai più fatica. Quindi è meglio fare di più la vita da corridore a casa, per arrivare pronto alle corse.

Una vita tanto dura?

Alla fine è il nostro sport e sono cose che ti vengono naturali. Facciamo i training camp, in cui sei seguito da tanti esperti. Così quando torni a casa, cerchi di seguire il più possibile la linea e viene tutto da sé. Poi iniziano le corse e sei di nuovo seguito dagli esperti, quindi torni a casa per 3-4 giorni ed è tutta una ruota che gira. Quando entri in questo loop, è tutto più facile. Nei dilettanti, non ci sono tante persone dietro alla squadra e sei più libero di fare ciò che vuoi.

Alla vigilia dell’allenamento. Covi è del 1998 ed è pro’ dal 2020
Alla vigilia dell’allenamento. Covi è del 1998 ed è pro’ dal 2020
Un po’ quello che hai consigliato a Romele?

A Romele ho detto di non bruciare le tappe fra i dilettanti. Secondo me fra i 18 e i 20 anni c’è bisogno di fare altro, anche di godersi un po’ la vita, perché sono gli anni migliori. Non devi lavorare, quindi puoi permetterti qualche svago, sempre rimanendo concentrato su quello che ti piace. Perché poi, quando passi, inizia un lavoro e devi fare tutto al 100 per cento. Io ho seguito questo percorso e non mi è mai pesato 

Finito il tempo dello svago?

C’e un tempo per ogni cosa. La cosa più faticosa forse è tenere la testa, ma dipende da come la vivi. Se lo fai in maniera tranquilla, allora non ti pesa. Se invece fai tutto all’estremo, può darsi che con gli anni ti renda conto di non aver avuto una vita. Fare questo sport per lavoro è una fortuna. Io ho trovato il mio equilibrio e per ora mi ha dato i risultati.

Firmando autografi a Monaco, prima della partenza di Beking 2022
Firmando autografi a Monaco, prima della partenza di Beking 2022
La vittoria è la conferma del buon lavoro svolto?

Nel 2021 ci ero sempre arrivato vicino e mi scocciava non aver mai gioito. Poi è arrivato il 2022 e ne ho vinte tre. Questo mi ha reso più consapevole. La vittoria al Giro è stata stupenda. Vincere una gara WorldTour è importante perché capisci che puoi ambire a successi nel livello top del ciclismo.

Avevi già vinto in Spagna…

Quelle due vittorie sono venute all’improvviso, perché non pensavo di essere in condizione. Invece forse ero nel momento di miglior condizione dell’anno e avrei potuto vincere qualunque corsa. Quando non te l’aspetti, non ti cambia più di tanto. Invece la vittoria al Giro la cercavo. E averla raggiunta mi ha fatto capire che se lavori per gli obiettivi, puoi arrivarci.

L’ultimo mondiale di Covi risale al 2019 fra gli U23, qui con Dainese. La maglia iridata andò a Battistella
L’ultimo mondiale di Covi risale al 2019 fra gli U23, qui con Dainese. La maglia iridata andò a Battistella
Che cosa ti aspetti dalla prossima stagione?

Un’annata in cui avrò i miei spazi. Partirò già dall’Australia e poi ripeterò il calendario dell’anno scorso, puntando a fare più vittorie nelle gare in cui avrò spazio. Spero solo di non avere intoppi di salute.

Qual è stato il giorno in cui ti sei divertito di più in bici quest’anno?

Al Lombardia, anche se ho faticato tanto. Sono stato davanti al gruppo dal primo chilometro fin sotto il Ghisallo, quindi per 200 chilometri. Ho gestito la fuga, ma non è stato stressante, perché sapevo che il mio lavoro finiva in quel punto e poi sarebbe entrata in azione la squadra. Andavo forte, quindi è stato tutto più bello. 

Covi racconta che il Lombardia, in fuga fino al Ghisallo, è stata la corsa in cui si è più divertito
Covi racconta che il Lombardia, in fuga fino al Ghisallo, è stata la corsa in cui si è più divertito
Si è parlato di te a proposito del ciclocross.

Mi piace tanto. Seguo le gare in televisione, ho tanti amici nel cross e scherzando ci diciamo di tornare a fare qualche garetta. Però è difficile riuscire a organizzarsi. Magari prima o poi proverò a chiedere alla squadra, però solo se capirò di essere competitivo, altrimenti sarebbe inutile. Non andrei mai per fare figuracce. Ora come ora puntiamo alla strada.

Uno come te, cresciuto sul Muro di Taino e con l’amore per il cross, non avrebbe il diritto di provare il Giro delle Fiandre?

Il Tainenberg… (sorride, ndr). Il Fiandre non lo farò neanche quest’anno, però è una delle gare che mi piace di più. Anche guardandolo in televisione, mi ha sempre emozionato e spero nel futuro di poterlo fare, perché mi si addice davvero tanto. Allo stesso modo mi piacerebbe fare il mondiale, quindi proverò a cambiare qualcosa per arrivarci in buona condizione. Ci sarà gente che esce dal Tour e non sarà facile, però è uno dei miei obiettivi principali. Sono già tre anni che non vesto l’azzurro, l’ultima volta ero dilettante. Per un italiano, quella è la maglia più bella.