Ormai ci siamo. Ganna è di ottimo umore. Nemmeno parlerebbe del record dell’Ora, scherza, ma ci siamo noi a fargli le domande e lui non si nasconde. Racconta. Approfondisce per quello che può. Coinvolge. Ma soprattutto non fa mai venire meno la sua grande concretezza.
«Se andrà bene ma non benissimo – sorride – il record finirà fra le vittorie importanti. Se andrà molto bene, allora mi sentirò più vicino ai grandi del ciclismo che lo hanno ottenuto, come Moser. E se invece andrà male, sarò stato un altro italiano che ci ha provato 40 anni dopo. Ma le Olimpiadi restano il punto più alto della mia carriera. Il quartetto è stato speciale, vincere insieme è meglio che farlo da solo. Come nella vita, insieme si può fare la differenza».
Con il 65×14
Manca davvero poco. Abbiamo parlato del test sui 35 minuti a Montichiari e della partecipazione al suo sforzo dei compagni di nazionale. E ora che il tempo stringe e Pippo dice che trascorrerà le ore subito prima probabilmente a letto, è il tempo di dare un po’ di dettagli.
«Abbiamo rinviato la scelta del rapporto all’ultimo momento e dopo vari test. Io avrei voluto usare il 66×14, ma alla fine abbiamo scelto il 65×14 perché durante il record andrò con una frequenza di pedalata più vicina a quella di una gara su strada, quindi intorno alle 96 pedalate. E avere un rapporto un po’ più agile potrebbe aiutarmi se dovessi avere qualche difficoltà».
La soglia dei 35 minuti
Perché il momento può venire e anzi verrà quasi sicuramente. Bisognerà vedere in che modo il campione riuscirà a farci i conti.
«E’ uno sforzo completamente differente – spiega – rispetto a quello di un inseguimento o di qualunque altra prestazione. All’inizio vorresti spingere di più perché vorresti andare oltre. Poi arrivi al punto che cominci a soffrire. Avevo già fatto un test di mezz’ora due anni fa e alla fine ero completamente distrutto. Lunedì invece l’ho finito facilmente e questo mi fa davvero bene al morale e mi sono detto che sono pronto per un’ora. Ma chissà, magari se avessi continuato, il minuto dopo sarei scoppiato. Ho intenzione di seguire quello che mi diranno da bordo pista, con l’obiettivo di soffrire meno all’inizio per essere il più stanchi possibile alla fine».
L’aiuto della banda
Che cosa significhi girare per un’ora in pista è difficile da dire e probabilmente l’unica soluzione potrebbe essere provarci o ascoltare stasera il racconto di Ganna.
«La parte più difficile sarà mantenere la posizione giusta per un’ora – spiega – per risparmiare energia. I muscoli posteriori della coscia soffriranno di più. Sulla strada, puoi smettere di pedalare una volta ogni tanto, durante il record no. Il quadricipite è il muscolo che quando pedali lavora di più, ma quando è stanco inizi a compensare con altri muscoli che sono meno allenati e a quel punto rischi di finire con i crampi. Di solito quel momento di svolta c’è fra i 35-40 minuti. A quel punto devi cambiare modo di pensare, staccare la spina, dimenticare il dolore e pensare solo al respiro. Credo molto nelle persone intorno a me, nel supporto che mi daranno. L’ho visto quando ho provato a Montichiari e i ragazzi intorno hanno cominciato a fare gli idioti e questo mi ha aiutato tanto. Siamo una famiglia, ci aiutiamo nelle nostre prestazioni».
Il record dei record
Ci sarà anche il suo amico Thomas, a mettere la musica. Ridendo Ganna dice che hanno dovuto rivedere la sua playlist e optare per qualcosa di più tranquillo che non offenda il pubblico più educato del velodromo di Grenchen.
«La scelta della pista – dice – è stata fatta per la sua velocità e per ragioni atmosferiche che non riesco a spiegare bene. Non ho voluto farlo in altura per non avere accanto al mio nome un asterisco. Grenchen è stata il teatro del mio debutto in Coppa del mondo, ho dei bei ricordi e vedendo il record di Bigham, la scelta è giusta. Dan ci ha aiutato tanto per studiare il giusto pacing (ritmo di pedalata, ndr). Ha fatto un lavoro speciale per sé e per me.
«Un record ragionevole sarebbe fare un metro più di lui, il sogno è fare il record dei record. Dietro questo progetto c’è un super team, io cerco di non pensare a nulla. Lavorano tutti per me, mi offrono le migliori soluzioni e a me non resta che spingere sui pedali il più forte possibile. Giovedì sera eravamo a cena e Cioni e gli altri si sono alzati di colpo perché avevano una riunione. Poi sono tornati a tavola. C’è dietro un lavoro speciale, per essere certi che sia tutto a posto».
Nove chili d’amore
Infine la bici, la Pinarello, la Bolide F Hr creata per l’occasione. Ridendo dice che è più pesante, ma che su pista questo non fa grande differenza. Nei giorni scorsi, ha ammesso che dopo il Tour non avesse poi una gran voglia di provare il record. Ma quando Pinarello gli ha mostrato l’ultima arrivata, per lo stupore non ha potuto che accettare la sfida.
«Nove chili sono tanti – sorride – e può anche darsi che nei primi giri la senti un po’ lenta. Quando però arrivi alla velocità giusta, lei vola sulla pista. Perché pesi così tanto non so dirlo, onestamente. Probabilmente Fausto ci ha messo dentro tanto amore».