Per tanti il 2020 è stato un anno da dimenticare. Non per Jacopo Mosca, uno che ha sempre saputo tirare fuori il meglio nelle difficoltà e, in una stagione complicata come quella passata, ha sfoderato doti che gli sono valse la riconferma nella Trek-Segafredo: mica poco per uno che soltanto un paio d’anni fa rischiava di rimanere a piedi. Ma il ventisettenne piemontese non si è mai dato per vinto e nell’anomalo Giro d’Italia autunnale dello scorso anno è stato l’ombra dello Squalo Vincenzo Nibali, un ruolo che spera di calzare anche nei prossimi mesi. Direttamente dal ritiro di Denia, in Spagna, ha aperto la sua valigia dei sogni.
Com’è stata la ripresa?
Dopo il Giro d’Italia avevo bisogno di tanto riposo. Adesso siamo col gruppo della Trek-Segafredo, abbiamo iniziato il 10 e termineremo il 25. Ci stiamo allenando bene, anche se siamo divisi in tre bolle differenti.
Tu con chi giri più spesso?
Sono in camera con Mollema. Bauke è un grande, un po’ particolare, ma molto simpatico. Quando vuoi chiacchierare, lui lo fa sempre volentieri, altrimenti io mi metto la musica nelle cuffie e lui si mette a leggere.
Riavvolgiamo il nastro: ti aspettavi un 2020 così?
Non ho mai pensato di poter vincere una corsa vera e propria, mentre quest’anno mi sono trovato a scattare sulla Cipressa nella Milano-Sanremo. E’ stato strano, ma direi che è stato un anno più che positivo.
Il momento clou è stato poi il tuo secondo Giro d’Italia: ce lo racconti?
Il lavoro che ho fatto mi ha reso orgoglioso. Poi, il giorno in cui siamo passati da Osasco è stata un’emozione unica, da pelle d’oca: passare davanti a casa mi ha riacceso, dopo che la luce si era spenta per le fatiche dello Stelvio di qualche giorno prima.
Ti è piaciuto vivere nell’ombra dello Squalo?
Avere un leader come Vincenzo ti fa tirare fuori non il 110 e nemmeno il 120, ma il 150 per cento. Certe volte sei oltre il limite, ma sai che stai lavorando per lui e riesci a dare tanto di più. E’ incredibile vederlo limare in gruppo: penso che sia uno dei maestri, lo fa quasi meglio di un velocista.
Il tuo programma seguirà quello di Nibali anche nel 2021?
No, a inizio anno farò le gare in Francia: comincerò il 3 febbraio con l’Etoile de Bessèges, poi il Tour de la Provence e le due semiclassiche Drome e Ardèche. Rientrerò in Italia per il Laigueglia del 3 marzo, dopodiché farò la Parigi-Nizza. Il programma poi è di fare il Giro al fianco di Vincenzo, ma adesso siamo a gennaio e la Corsa Rosa è a maggio, per cui vedremo in che condizioni sarò.
Anche perché si parla di una partenza da Torino…
Infatti, sarebbe davvero molto bello.
Pochi ma buoni: sei d’accordo con questa massima sui piemontesi nel mondo del professionismo?
Ma in realtà non siamo nemmeno pochissimi, perché col passare degli anni c’è sempre più scrematura e selezione a livello internazionale. Basta guardare al numero dei corridori delle categorie giovanili e di quanti smettono da allievo o da juniores prima di passare dilettanti. Certo, con la crisi che stiamo vivendo per colpa del Covid sicuramente qualche talento andrà perso.
Piemontese è anche Filippo Ganna: ti saresti aspettato un’esplosione così anche su strada?
Nel 2015 abbiamo corso insieme nella Viris. Credo che nessuno si sarebbe aspettato un’esplosione del genere: ne sono molto felice perché lui è un buono da quando lo conosciamo negli esordienti ed è rimasto sempre lo stesso. Un po’ matto, ma ora fa faville.
Tu sei uno che ha tenuto duro ed è stato ripagato: che consiglio ti senti di dare alle nuove leve in questo momento così complesso?
Di non mollare, perché la classica frase “la ruota gira” è vera. Se fai le cose nel modo giusto e dando tutto quello che hai, prima o poi le soddisfazioni arrivano. Per me è stato così con la chiamata della Trek-Segafredo: l’importante è dare il massimo e non aver rimpianti.
Il tuo sogno per questa stagione?
Spero di riuscire a confermare e far vedere che posso essere un supporto prezioso per i capitani. Grandi ambizioni personali non ne ho, quindi, vedo questo come obiettivo di tutta la carriera: essere un gregario affermato e solido.
Com’è la vita del gregario?
Non è difficile. Il punto di partenza sta nel capire che c’è chi è fatto per vincere e chi ne ha meno le possibilità, non perché sia scarso e vada meno, ma per una serie di motivazioni da sommare tra di loro. Comunque, quando vedi il tuo capitano vincere o lottare fino alla fine per un buon piazzamento, sai che tu hai dato il massimo per permettergli di trovarsi lì e sei soddisfatto. Ovviamente, se poi arriva il risultato, lo sei ancora di più.
La salita che preferisci in allenamento?
Pramartino, che è stata fatta tante volte al Giro. Oppure anche Prarostino, che è un’altra collinetta vicino a casa: hanno strappi belli duri.
E la più bella che hai fatto in corsa?
Vorrei dire lo Stelvio, ma ho sofferto talmente tanto che l’ho rimosso. Sarò di parte da piemontese, ma dico il Colle delle Finestre, fatto al Giro del 2018 nel giorno dell’impresa di Froome. Ha un suo perché.