Se c’è uno che non si è minimamente stupito della vittoria di Thomas Pidcock (detto Pidders) a Gavere, la sua prima a livello elite in una grande prova di ciclocross, è Pidcock stesso. D’altronde, l’unica cosa che il britannico condivide con il “maestro” Mathieu Van der Poel (tanto piccolo il britannico, quanto possente l’olandese) è la sicurezza nei suoi mezzi, che nel caso di Pidcock raggiunge anche picchi di ostentazione.
«Dopo la debacle di Tabor (17° a più di 2 minuti dal vincitore Vanthourenhout, ndr) mi sono detto che se fossi andato bene dopo, nessuno se ne sarebbe ricordato – ha dichiarato dopo la gara ai microfoni di Sporza – ma per farlo ho iniziato ad allenarmi un po’ più seriamente. Prima, non prendevo quasi mai la bici da cross, perché sentivo che avevo un talento naturale e quello bastava…».
Classe operaia
Pidcock viene dalla Leeds operaia, quella che, quando è nato lui 21 anni fa, trovava nella squadra di calcio la forza per andare avanti. Poi il team ha perso peso e la gente di lì aspetta qualcuno in grado di ridargli entusiasmo. Lui è pronto, va avanti a suon di vittorie. Non importa su quale bici, perché tanto vince su strada, nel ciclocross, nella Mtb, su pista… Dategli solo due pedali e due ruote, poi ci pensa lui. Il suo curriculum è impressionante. Ha già 5 maglie iridate nell’armadio (ciclocross: junior 2017 e U23 2019; strada: crono junior 2017; Mtb: cross country U23 e E-Mtb 2020), con l’aggiunta di 2 titoli europei e 6 britannici, sempre sparsi tra le varie discipline.
Wiggo contrario
Tutti lo aspettano su strada, soprattutto ora che è passato professionista nelle file della Ineos-Grenadiers. Non c’è niente da fare, “Pidders” (il suo soprannome che compare anche sulle sue maglie da gara) fa sempre di testa sua. Bradley Wiggins, il vincitore del Tour per la cui squadra ha corso fino allo scorso anno, gli aveva consigliato di non prendere quel sentiero.
«Io ci ho corso – gli ha detto – lo so, ti rovineranno, non è la scelta giusta».
Già, però è la squadra di casa, come fai a dire di noi? Che direbbero i suoi concittadini in cerca di un idolo?
Sempre al massimo
Quando corre, Pidcock punta sempre al massimo e si prende i suoi rischi, anche troppi. Tour de l’Avenir 2019, sesta tappa. E’ in testa, nelle frazioni precedenti ha già dimostrato agli avversari che è il più forte, ma in discesa esagera, cade, picchia violentemente contro il guardrail e anche se la faccia è tumefatta può dirsi fortunato. Solo pochi centimetri e l’esito poteva essere stile Final Destination… Persino i suoi compagni, in ospedale lo rimproverano per aver osato troppo. Per tutta risposta, Tom posta su Instagram la sua faccia tumefatta scrivendo: «So che oggi avrei vinto e quindi tutto questo è un po’ una merda».
Giri o classiche?
Su strada deve ancora trovare la sua… strada. Il suo fisico minuto ne fa uno scalatore provetto con doti veloci, ma il britannico dice di non sapere quale sarà il suo futuro. Più che le grandi corse a tappe (dove pure nelle categorie giovanili ha vinto quasi tutto, finendo con un Giro d’Italia Under 23 da trionfatore) gli piacciono le classiche, ma le giudica troppo lunghe per le sue doti fisiche.
Certo, chi lo ha visto alla Parigi-Roubaix, vinta sia da junior che da under 23, dice che sembra nato per il pavé e non è che all’arrivo fosse così stanco. Forse ha ragione Sven Nys, il suo “capo” nel ciclocross: «Quello è un folle, ma di quella follia che ti fa vincere dappertutto…».