Ci sono due aspetti che restano impressi nel parlare con Dario Igor Belletta: il primo è la sua grande educazione, fattore non comune in un ragazzo che esce dall’adolescenza con i giusti valori. Il secondo è la sua grande determinazione nel volere fortemente un futuro nel ciclismo, ma non sacrificando anche altre strade professionali e quindi orientato a restare concentrato sullo studio. Se mettiamo insieme le due cose, abbiamo le basi di quello che potrebbe essere un campione.
La sua vittoria all’ultimo Gran Premio Liberazione è ancora davanti agli occhi di tutti. La sua volata prepotente, quel gesto con gli indici verso il cielo a ricordare una ragazza che non c’è più, Silvia Piccini, ennesima vittima di un incidente stradale mentre era in bici, ennesimo tributo pagato a una sicurezza stradale ben lontana da un parametro accettabile. Non è stato un gesto fine a se stesso, il rischio per Dario è un compagno quotidiano delle sue uscite e la chiacchierata parte proprio da questo concetto.
«Molti, all’indomani della mia vittoria romana, hanno sottolineato la mia abitudine a uscire la mattina presto, prima della scuola – racconta il corridore del GB Junior Team – E’ una scelta fatta anche in funzione del traffico: io cerco sempre di allenarmi fuori dagli orari di lavoro. Abito alla periferia Ovest di Milano, sono strade molto trafficate, dove si rischia sempre molto. Per quanto fai attenzione, per quanto ci possa essere qualcuno in supporto o si possa essere in compagnia, è un pericolo. Le responsabilità? Sono di tutti, perché come gli automobilisti sono disattenti, spesso lo sono anche i ciclisti, dimenticando che in gioco c’è la vita».
Molti ragazzi della tua età, che hanno un talento per emergere nello sport, lo privilegiano rispetto allo studio, tu invece procedi con lo stesso impegno su entrambe le strade. Come fai?
E’ questione di testa. Io non voglio pensare che una scelta sia migliore dell’altra, so che se nel ciclismo le cose andranno bene dovrò dedicarmici appieno, ma spero che quel momento arrivi il più tardi possibile, per ora va bene così. Io frequento il Liceo Scientifico Bramante a Magenta e vorrei un domani frequentare la facoltà di Scienze Motorie per restare nel mondo del ciclismo anche dopo la fine della carriera, ma per ora è un’idea come tante. La scuola è comunque fondamentale, su questo non si discute.
Tra l’altro questo è l’anno degli esami di maturità…
Già, il che rende tutto un po’ più complicato, soprattutto per la parte primaverile della stagione, ma non voglio assolutamente mettere le mani avanti, voglio far bene nelle gare che mi aspettano anche se dovrò concentrarmi anche sullo studio.
Il 2021 è stato un anno molto ricco di soddisfazioni per te, ma anche impegnativo.
Infatti ho chiuso molto stanco, dovevo recuperare e mi sono dedicato più allo studio, ma l’inverno dal punto di vista della preparazione è stato molto proficuo, ho gettato le basi per la nuova stagione anche se non è stato semplice. Appena avevo ripreso la bici in mano ho contratto il Covid, con qualche lieve sintomo, sono stato 15 giorni in quarantena. Per fortuna sono riuscito a mantenermi fisicamente in forma, anche quando ho staccato non l’ho fatto mai del tutto, forse anche per l’entusiasmo che la stagione mi ha trasmesso.
Prima parlavamo di scelte, ma anche nel ciclismo sei diviso fra strada e pista…
E anche in questo caso non vedo la necessità di privilegiare l’una al posto dell’altra, perché sono convinto che siano speculari, possano convivere e dare un reciproco contributo per crescere. Oltretutto la pista mi diverte moltissimo, l’eliminazione (dove ha conquistato l’oro mondiale di categoria, ndr) è davvero uno sballo…
Ma non è una specialità olimpica. Dove pensi di poter dire la tua in una gara a cinque cerchi?
L’omnium e la madison, ma si tratta di un sogno poter partecipare alle Olimpiadi. Lo vedo come qualcosa di molto lontano, devo crescere tanto. Ammiro tantissimo Elia Viviani per quello che ha fatto, è un esempio di come tattica e potenza possano e debbano convivere per emergere.
Ora sei al secondo anno junior ed è la fascia d’età dove ormai procuratori e squadre professionistiche mettono gli occhi sui migliori talenti in circolazione. Tu che tipo di corridore sei?
Sicuramente penso di emergere di più nelle classiche d’un giorno, ma più che altro perché non ho ancora grandi esperienze nelle corse a tappe. Lo scorso anno ho fatto il Giro del Friuli e sono finito 5° e miglior primo anno, penso quindi di poter dire la mia anche su questo tipo di prove. In salita mi difendo bene, lo scorso anno però l’ho un po’ trascurata nella seconda parte dell’anno pensando ai mondiali, per privilegiare l’esplosività.
Se si parla di sogni, qual è il tuo?
Sono di Milano, per uno come me partire quasi da casa per raggiungere la Riviera Ligure e vincere sarebbe un’emozione incontenibile. La Milano-Sanremo non ha eguali: non mi sono mai perso una partenza…