Ci sono quelli che dopo un po’, restando sempre dietro ai vincitori, si convincono di aver trovato il loro posto. E poi ci sono quelli come Kasper Asgreen che continuano a cercare il modo per passargli avanti e alla fine ci riescono. E’ questa, per sommissimi capi, la storia del danese che l’anno scorso ha vinto Harelbeke e Fiandre (in apertura con Van Aert e Van der Poel nelle fasi decisive) e che nel 2017 si era annunciato al grande gruppo vincendo la crono agli europei U23 di Herning, corsi a un’ora d’auto dalla sua casa di Kolding nella regione danese di Syddanmark.
La squadra lo ha inserito nel poker dei capitani, con Evenepoel, Alaphilippe e Jakobsen. E Cav? (foto Quick Step) La nuova maglia, la nuova barba e un anno di conferme da dare (foto Wout Beel)
Foto e interviste
Asgreen, classe 1995, è passato professionista a vent’anni nel 2015 e solo dal primo aprile del 2018 è passato nella allora Quick Step Floors, dando il suo contributo nelle vittorie della cronosquadre alla Adriatica Ionica Race e poi al mondiale di Innsbruck. Ma la vera rivelazione, si diceva, è avvenuta al Fiandre, con il secondo posto del 2019 dietro Bettiol e finalmente la vittoria del 2021 nella volata a due contro Mathieu Van der Poel. Alzi la mano chi quel giorno avrebbe scommesso un euro sulla vittoria del danese…
«Se da quel giorno – chiede – il mio ruolo in squadra è cambiato? Faccio più interviste e mi scattano più foto, sono finito sui manifesti, ma per il resto i rapporti e il rispetto sono gli stessi di prima. Mi piace vincere corse e provo a farlo».
Obiettivo maglia gialla
Sta seduto di tre quarti su un divanetto bianco, con la mascherina a coprire la barba. Difficilmente guarda negli occhi, spesso distoglie lo sguardo come a inseguire il filo del discorso.
«Ho ricominciato con lo stesso copione di sempre – risponde – con le classiche, il Tour e i mondiali. Era da un po’ che il Tour non cominciava con una crono e questa si svolgerà addirittura in Danimarca, il mio Paese. Il livello sarà altissimo, chiaramente, e la prima maglia gialla sarà l’obiettivo di tutti i cronoman più forti. Ma questo non cambia le mie motivazioni. Sarà più bello. Il percorso sarà veloce per 8-9 chilometri, poi ci sarà una sezione tecnica che richiederà tanta potenza. Il tempo speriamo che sarà decente, con temperature fra 24 e 25 gradi. Non mi piace la pioggia…».
Il contratto più lungo
Lo scorso inverno, anche lui è volato in California con Cattaneo ed Evenepoel per migliorare la posizione sulla bici da crono nella galleria del vento di Specialized, avendo alle spalle il titolo nazionale, il sesto e il secondo posto nelle due crono del Tour e il quarto ai mondiali, dietro Ganna, Van Aert e lo stesso Evenepoel.
«La crono è un discorso individuale – dice – e tutti in questo ciclismo vogliono due maglie: la gialla e quella iridata. La seconda mi è sfuggita per 46 secondi che non sono pochi, sulla prima sto lavorando, ma non sto troppo tempo a pensarci. Però per questo partirò più tardi rispetto alle scorse stagioni, per tenere la forma più a lungo nell’anno. In più debutterò all’Amstel Gold Race. Questo fatto di aggiungere elementi al programma mi piace e avere il contratto fino al 2024 mi dà la tranquillità di provare senza l’ansia di non riuscire. E’ un bello stato mentale».
L’età di Van der Poel
Se però vuoi mettere alla prova qualcuno per capire se la grande vittoria sia stata conseguenza del lavoro o un colpo di fortuna (in realtà parlare di fortuna dopo 254 chilometri sui muri delle Fiandre è un bell’ardire), l’unica cosa da fare è metterla in dubbio. Come hai fatto a uscire vivo dal duello con Van Aert e Van der Poel?
«Ci sono in giro – risponde questa volta fissando dritto – quattro o cinque corridori difficili da battere, il meglio di questa generazione. Io ero fra loro, ho la stessa età di Mathieu e lo conosco bene, e un anno in meno di Van Aert. Ci siamo sfidati più volte e osservandoli, ho capito che è possibile vincere, non bisogna averne paura. Anche se non sono solito farlo, ho riguardato la corsa, non tutta ma il finale. Ero lì, mi sentivo bene, avevo intorno i miei compagni. Sapevo che se hai buone sensazioni dopo così tanti chilometri, puoi davvero farcela. Ci ho creduto. Non sai mai come può finire, ma devi credere di poterlo fare. E allora a volte succede».