Eroica, il ciclismo d’altri tempi raccontato da Giancarlo Brocci

17.04.2022
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“Indice di luminosa virtù e di fermezza irremovibile, degno d’un eroe.” Questa è la definizione che si trova sul dizionario sotto la voce “eroica”. Questa parola però rappresenta molto di più. Un movimento, un evento che è stato ed è tutt’ora in grado di riportare il ciclismo fuori dall’asfalto, di nuovo sulle strade bianche. Un ritorno al ciclismo degli Eroi, con la lettera maiuscola, che hanno forgiato la disciplina delle due ruote con imprese e storie che ancora oggi segnano questo sport.

L’Eroica intesa come il gruppo di eventi, racchiude tutti i valori che il ciclismo di una volta era in grado di trasmettere. Con le rievocazioni e la sua continua evoluzione, è diventato oggi un concetto che definisce un modo di interpretare il ciclismo. Giancarlo Brocci, fondatore di Eroica, ci ha accompagnato nella storia di questo evento che ha influenzato il mondo e ora è presente in molti angoli del pianeta.

Giancarlo Brocci, ideatore e fondatore di Eroica (foto Facebook/Eroica)
Giancarlo Brocci, ideatore e fondatore di Eroica (foto Facebook/Eroica)

Atti d’amore

Parlando con Giancarlo Brocci si capisce fin da subito che questo concetto sia nato e cresciuto da una sua voglia di valorizzare ciò che gli stava intorno e che lo appassionava di più, il ciclismo di una volta

«Eroica è nata – dice Brocci – per due atti d’amore. Il primo, per come lo sport del ciclismo si andava perdendo. Stava diventando una produzione di spettacolo in mano ai manager che seguendo l’avvento dei diritti televisivi hanno indirizzato gli sport in una direzione volta alla spettacolarizzazione, in un cinema. Si stava perdendo quella che era l’essenza del ciclismo e che ha rappresentato per l’Italia.

«Il secondo atto d’amore era per il territorio. Il mio territorio. Il rischio era che tutto diventasse periferia e che le campagne si spopolassero. L’ambizione di alcune autorità era solo quella di di rimpolpare le città per portare più linfa al commercio cittadino. Uno degli input più genuini fu quello della salvaguardia delle strade bianche, che a quel tempo rappresentava per assurdo, un parametro di zona repressa».

La rievocazione è fedele e ha come prerogativa l’utilizzo di materiali antecedenti al 1987 (foto Facebook/Eroica)
La rievocazione è fedele e ha come prerogativa l’utilizzo di materiali antecedenti al 1987 (foto Facebook/Eroica)

La storia

Per capirne l’evoluzione e lo sviluppo della filosofia che oggi viene esportata nel mondo, bisogna fare un passo indietro e capire da dove è nata questa manifestazione.

«La prima edizione – racconta Brocci – è del 1997. Era un gadget gratuito della Gran Fondo Gino Bartali. La risposta fu di 92 partecipanti contro i 520 della GF. Alla prima edizione si poteva partecipare con qualsiasi bicicletta».

«Fatta il 5 ottobre. Andò sulla rivista a novembre. A quel tempo non poteva competere di certo con le Gran Fondo più affermate. Pian piano però fece notizia e si conquistò le pagine di carta stampata. Poi le copertine, perché era un’immagine particolare e unica.

«L’anno successivo – dice Brocci – si replicò e si aumentò di poco a 140 iscritti. Alla terza edizione però si incrementarono i partecipanti e si dovette resistere alla quasi normalizzazione, con l’evento che riscuoteva successo, ma senza una vera e propria esplosione. Io lo facevo per pura passione e divertimento. Non avevo in mente un progetto rivolto al puro guadagno».

Le strade bianche sono una motivazione in più per la riqualificazione e la conservazione di questi tratti distintivi (foto Facebook/Eroica)
Le strade bianche sono una motivazione in più per la riqualificazione de la conservazione di questi tratti distintivi (foto Facebook/Eroica)

Passo dopo passo

La crescita costante dell’evento dovuto alla sua unicità fece si che fosse costante ma senza un vero e proprio exploit. Ci sono però tre passaggi importanti che ne hanno determinato la sua affermazione a livello prima nazionale e poi internazionale. 

«Il primo step – spiega Brocci – fu una fase personale, in un periodo della mia vita dove potevo permettermi di sperimentare. Nel mio paese Gaiole in Chianti. Al tempo era una corsa in ottobre, che si preparava in due mesi. Con regole nostre, non competitive e con un’organizzazione semplice. La direttrice dell’Apt di Siena, Fiorenza Guerranti, aprì le porte del territorio che promuoveva e decidemmo di far passare parte degli itinerari anche per le strade intorno a Siena.

«Il secondo step fu nel 2004, quando arrivò il primo sponsor internazionale. Selle Royal che acquistò lo storico marchio inglese Selle Brooks. Per rilanciare il brand ci contattarono, e ci dissero che una manifestazione di quel tipo sembrava creata ad hoc per rilanciare il marchio. Così si presentarono con giornalisti europei e del Nord America e le prime foto e articoli iniziarono a fare il giro del mondo».

L’intuizione di Giancarlo Brocci di portare l’arrivo della prova riservata i pro’ in Piazza del Campo a Siena (foto Facebook/Eroica)
L’intuizione di Giancarlo Brocci di portare l’arrivo della prova riservata i pro’ in Piazza del Campo a Siena (foto Facebook/Eroica)

Eroica dei pro’

A chiudere il cerchio delle intuizioni che hanno portato Eroica ad essere quella che è diventata oggi, c’è la gara dei pro’. «Una mia idea – racconta Brocci – che prese forma nel 2005. Claudio Martini l’allora Presidente della Regione Toscana, mi dimostrò totale appoggio e mi spronò a fare dei progetti ancora più ambiziosi. I messaggi di supporto erano positivi e la Toscana in occasione dell’evento diventava un palcoscenico senza tempo.

«Così il 9 ottobre 2007 – dice – quell’idea prese forma e si partì da Gaiole in Chianti direzione Piazza del Campo di Siena con la Monte Paschi Eroica. Fu vinta da Aleksandr Kolobnev, con entusiasmo generale e condiviso da tutti i tifosi. A meno di cinque mesi ci fu la seconda edizione, il 7 marzo del 2008. Venne vinta da Fabian Cancellara davanti ad Alessandro Ballan. Un ordine d’arrivo che parlava da solo con il vincitore della Parigi-Roubaix davanti al vincitore del Fiandre.

«Questa immagine fece il giro del mondo e l’Eroica prese forma e il giusto palcoscenico. Da allora ci siamo potuti permettere di escludere nel 2009 le bici moderne. Questo ci fece passare da 3.300 iscritti a 2.200. La regola del partecipare con una bici antecedente al 1987 fu un limite iniziale che però già dall’anno successivo fece tornare i numeri a 3400 partecipanti, facendo partire una crescita costante fino agli 8.710 iscritti del 2021».

L’evento è presente anche sulle Dolomiti e sfrutta le strade bianche per evitare il traffico sui passi (foto Facebook/Eroica)
L’evento è presente anche sulle Dolomiti e sfrutta le strade bianche per evitare il traffico sui passi (foto Facebook/Eroica)

Eroica nel mondo

Eroica è quindi diventata sinonimo di valorizzazione del territorio e ritorno alle origini, ai valori di un ciclismo che si stava per dimenticare. Dall’estero questo messaggio è stato percepito e la voglia di replicarlo ha fatto sì che il brand Eroica venga continuamente esportato in tutto il mondo

«Siamo in Giappone e Sud Africa – afferma Brocci – e abbiamo successi clamorosi in Inghilterra. Per esempio a Goodwood i primi di agosto faremo la rievocazione della vittoria mondiale di Giuseppe Saronni del 1982. E ancora Germania, Spagna, Svizzera, Stati Uniti. Inoltre abbiamo creato la formula Nova Eroica che ha aperto un nuovo filone e piace molto. Consiste nella possibilità di utilizzare bici gravel e ha segmenti cronometrati.

«Siamo riusciti – conclude – a riportare la bici da corsa di nuovo fuori dall’asfalto. La necessità di trovare un contesto più tranquillo dovuto a un traffico sempre più arrogate. Un’altra motivazione è quella di recuperare strade che da inaccessibili possono tornare amiche delle due ruote. Per esempio noi faremo una Nova Eroica sul Gran Sasso. Abbiamo individuato insieme alla regione Abruzzo 53 km di strade, sistemate e recuperate. Io le chiamo “piste ciclabili naturali“. Allo stesso modo abbiamo lavorato per Eroica Dolomiti».

Il libro “Bartali, l’ultimo eroico. L’uomo di ferro nato per il Tour”, Minerva Edizioni (foto Facebook/Eroica)
Il libro “Bartali, l’ultimo eroico. L’uomo di ferro nato per il Tour”, Minerva Edizioni (foto Facebook/Eroica)

Gli eroi del passato

I concetti che Giancarlo Brocci snocciola sono ricchi di passione e si comprende il perché una manifestazione così caratteristica, riesca a riscuotere così tanto successo nel mondo

La sua ispirazione deriva dal ciclismo degli eroi e alla domanda: perché si chiama Eroica? La risposta è stata questa: «A suo tempo quel tipo di ciclismo era considerato ciclismo da eroi. Il mio ultimo libro “Bartali, l’ultimo eroico”, parla di un ciclismo che dal mio punto di vista è finito con lui (Gino Bartali,ndr) che poi è cambiato definitivamente con Fausto Coppi. Henri Desgrange al Tour de France voleva non solo il campione ma l’eroe. Ci sono stati campioni che riuscivano ad eccellere solo in quella competizione. Come Ottavio Bottecchia che vinse quasi solo in quella competizione.

«Henri Pélissier disse a Desgrange quando si ritirò dal Tour vinto da Bottecchia del 1924: “Voi non volete il purosangue, ma il mulo. Non volete i muscoli ma il callo”. Erano corse di resistenza. Il Tour che vinse Lucien Buysse fu il più lungo della storia del 1926 e contava 5745 chilometri. Erano corse da Eroi.

«Io ho fatto – conclude Brocci – tutti i lunghi delle corse più famose al mondo. Sono convinto che il lungo della Terra Eroica sia il più duro di tutti. Con i suoi 112 chilometri e quasi 4.000 metri di dislivello di strade bianche, con quelle bici, è una vera prova da eroi. Ci sono ciclisti che partono alle quattro del mattino e arrivano a notte inoltrata. Per questo, “La bellezza della fatica e il gusto dell’impresa”. Non a caso l’ho chiamata Eroica, non placida…».