La vita dei ciclisti è legata strettamente a risultati e prestazioni ma, come in un grande iceberg, al di sotto della linea di galleggiamento ci sono tanti fattori che li determinano. Uno di questi sono gli infortuni ed il relativo recupero ma guarire non è solo una questione fisica. Prima c’è l’aspetto psicologico che è alla base della ripresa totale e forte dell’atleta (in apertura, Elisa Longo Borghini taglia il traguardo di Ceres al Giro Donne dopo una caduta, scortata e consolata da Shirin Van Anrooij. L’indomani non ripartirà).
Gli infortuni di Pogacar e Balsamo ci hanno dato lo spunto per capire come si procede appena succede un incidente e in quel momento saltano i programmi di mesi. Abbiamo approfondito l’argomento con Elisabetta Borgia, psicologa dello sport della Lidl-Trek e della nazionale italiana.
Prima la salute
Pogacar si presenta alla Liegi da grande favorito dopo le vittorie in sequenza di Freccia Vallone, Amstel, Fiandre e tutte le altre ottenute a marzo e febbraio. Al chilometro 85 però viene coinvolto in una rocambolesca caduta. Il 24enne della UAE Team Emirates capisce subito che qualcosa non va. Frattura dello scafoide sinistro in cinque punti. La preparazione al Tour de France subisce un grosso rallentamento.
A fine maggio va peggio a Balsamo. L’ex iridata della Lidl-Trek finisce a terra due volte nel giro di pochi chilometri nella prima tappa della Ride London. L’esito è crudo. Anche per lei frattura dello scafoide (destro) con l’aggiunta della frattura della mandibola sinistra e destra. Il suo programma di avvicinamento al mondiale si complica. Come si riparte il giorno dopo queste botte?
«E’ un percorso articolato – analizza Borgia – perché bisogna partire da molto prima. Ogni atleta ad inizio stagione fa un suo “goal setting” alla luce del calendario agonistico con la definizione di strategie e momenti di verifica che indicano se stai lavorando in maniera efficace. Si pianifica, si organizza e si cerca di dare prevedibilità al futuro definendo le mosse da fare. Nel momento in cui si presentano gli intoppi (infortuni, malattie o anche solo risposte inaspettate ai carichi di lavoro) viene valutata la situazione in ogni singolo punto. Non tutti gli infortuni sono uguali, lo abbiamo visto proprio con i casi di Pogacar e Balsamo. Di sicuro gli interventi chirurgici hanno facilitato il loro decorso, benché con tempistiche diverse.
«In quel momento il goal setting originale viene modificato ed il primo obiettivo, spesso dato per scontato, diventa la salute, assieme alle strategie più efficaci per raggiungerla (terapie, riposo, etc..). Il piano A, il più auspicabile, non esiste più e l’atleta deve rifocalizzarsi su un nuovo piano senza continuare a fare confronti con il vecchio piano ormai irrealizzabile. Questo è l’errore che si tende a fare anche per eccesso di volontà e voglia di rivincita. Bisogna ascoltare il proprio corpo e dargli il modo fisiologico di recuperare. Che poi il fisico di uno sportivo di alto livello ha sempre tempi più corti rispetto al normale però non bisogna forzarli».
Fase 2, il riadattamento
Nel frattempo sia Pogacar che Balsamo sono rientrati alle gare. Lo sloveno è arrivato secondo al Tour vincendo due tappe e pagando dazio in altrettante giornate nella terza settimana. La 25enne cuneese è in corsa al Tour Femmes e nella terza frazione si è fatta rivedere negli ordini d’arrivo con un incoraggiante quinto posto in volata. Il loro periodo lontano dalle corse come lo hanno vissuto?
«Appurato il proprio stato di salute – prosegue Borgia, dottoressa in psicologia – la seconda fase è riprogrammare tutto e riadattarsi mentalmente il più in fretta possibile. A parte il recupero fisico, gli obiettivi diventano altri e non necessariamente agonistici. Immagino che Pogacar abbia dovuto vedere come stava il polso nei gesti quotidiani. Poi in bici, sotto sforzo, nella presa del manubrio e via così. Elisa ha avuto una convalescenza molto più dura. Nella prima fase faceva fatica a mangiare cibi solidi e quindi ha dovuto modificare anche la sua alimentazione».
«Con lei – va avanti – fissavamo piccoli obiettivi settimanalmente. Si lavora in questo modo quando l’obiettivo finale sembra essere molto lontano. Quindi è importante inserire piccoli obiettivi sfidanti ma raggiungibili che rinforzano, motivano e aiutano l’atleta a sentire di avere controllo. Se pensiamo alla difficoltà di tornare a muovere la bocca normalmente, il Tour o il mondiale passano in secondo piano. O meglio, restano obiettivi che riprendono la scena nuovamente quando i tuoi continui step di crescita te lo permettono. Sappiamo che è difficile rifare una sorta di gerarchia e ripartire dai primi step specialmente per chi è abituato a prestazioni di alto livello. Ma è un sacrificio, se così vogliamo definirlo, che va fatto per tornare proprio ad alto livello».
Niente esagerazioni e rientro
Il ciclista per natura vuole sempre recuperare il tempo perso. Che sia per una foratura, magari con l’assistenza tecnica lontana. Che sia per una caduta o infortunio. Ma sono tutti casi non paragonabili fra loro.
«Gli uomini e le donne di sport – continua la psicologa piacentina –sono proiettati sul “problem solving”, ovvero sul cambiare una situazione non ideale o che non li fa sentire in comfort. Sono molto meno abituati invece, forse perché erroneamente viene visto come segno di resa, ad accettare, prendere atto di una situazione quando quest’ultima non può essere modificata. E’ importante tuttavia essere in grado di analizzare e contestualizzare ciò che è successo con lucidità, così anche da poter fare la prossima mossa correttamente.
«A volte la miglior mossa, anche se totalmente opposta a ciò che verrebbe impulsivo fare per non perdere terreno, è riposare ed ascoltarsi. A volte è prendere atto che, nonostante tutto, sarebbe potuto andare anche molto peggio. Guardate Longo Borghini al Giro Donne. Con quella caduta ha dovuto abbandonare la corsa e dire addio alle speranze di vincere il Giro. Però se fosse caduta ancora più in là c’era un muretto, poteva farsi molto più male e perdere il resto della stagione.
«Naturalmente – conclude Elisabetta Borgia – ci deve essere un lavoro di equipe perché altrimenti non si può riprogrammare nulla. Servono comunicazione e condivisione, come è successo nel caso di Balsamo, tra medici, diesse e preparatori. Tutto il nostro staff ha partecipato al suo rientro in bici. Ognuno ha fatto la propria parte, dal primissimo supporto morale, quando era difficile darsi tempi e modi di rientro, fino alla pianificazione dei nuovi obiettivi durante il recupero. Dopodiché le nuove valutazioni si fanno gara dopo gara, non limitandosi solo al risultato ma alla prestazione a 360 gradi, tenendo in considerazione sia le cose positive che le aree ancora da migliorare con lucidità e freddezza».