Pellizzari e il gusto della fatica: così ha conquistato Piepoli

14.07.2023
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Quando è arrivato il momento di passare dagli juniores alla Green Project-Bardiani, Pellizzari e Massimiliano “Max” Gentili che lo consiglia hanno pensato che fosse arrivato il momento di cambiare l’allenatore. Non più l’ex professionista umbro che l’ha portato in modo splendido fino alla maggiore età, ma qualcuno più esperto. Così la scelta è caduta su Leonardo Piepoli, la cui amicizia con Gentili nacque ben prima che Pellizzari venisse al mondo. Il pugliese è uno dei preparatori del Movistar Team, ma ha la facoltà di seguire altri atleti se non in conflitto col team spagnolo.

«Con Max – racconta Piepoli – ci conosciamo dal Giro della Luigiana quando eravamo juniores. Correvamo in due regioni diverse e ci siamo conosciuti mentre eravamo seduti sul marciapiede prima del prologo di Sarzana. Poi abbiamo continuato a parlare in gruppo. Da juniores ci si incrociava due volte all’anno, poi da dilettanti in poi, ci si vedeva più spesso. Max con Pellizzari è stato di una correttezza rara a vedersi. E quando è arrivato il cambio di categoria, ha deciso che Giulio avesse bisogno di un altro allenatore, sottovalutandosi. Anche lui ha abbondanti conoscenze e la giusta sensibilità, però il principio era giusto. E cercando me, disse che il ragazzo aveva bisogno di qualcuno di cui fidarsi, fermo restando che Massimiliano Gentili, con la sua umanità e la sua coscienza, resterà per sempre la persona di fiducia di Pellizzari».

Che idea ti sei fatto di Giulio?

Come ragazzo, a livello mentale ha le qualità giuste per fare il ciclista. Perché è sognatore. Gli piace quello che fa. Gli piace il ciclismo. E’ cattivo e soffre quando perde. Ha fretta di partire. Ci sono corridori che tentennano, cui pesa tutto quello che c’è dietro il loro lavoro. Giulio sa che fa tutto parte del pacchetto e lo prende senza troppe storie. Secondo me bisogna essere così, un corridore si deve allenare con il gusto di farlo.

Pellizzari la vive così?

Già dal principio ha capito quello che deve fare. A volte gli piacerà di più, a volte di meno, però sogna di vincere e lo dice. Negli ultimi anni invece hanno paura di esporsi. Il talento ci vuole, la voglia anche. E’ fondamentale per fare una bella carriera.

Quanto è stato impegnativo il passaggio da juniores a professionista?

Max lo ha rispettato moltissimo. Il bello di Giulio è che lui era uno junior assolutamente non spremuto, né mentalmente né fisicamente. Era ben lontano dai propri limiti. Lui ha allevato un ragazzo, non lo ha preparato. Poi certo, quando passi professionista, ti trovi a fare un salto importante. Ma la bravura di Gentili è la mentalità che gli ha passato. Lo preparava dicendogli che un giorno sarebbe arrivato il momento di salire quello scalino e quando è arrivato, Giulio se lo era immaginato così tante volte, che non gli è parso neppure tanto alto.

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Il primo anno, il 2022, è stato dedicato all’adattamento alla nuova categoria?

Diciamo anche che l’anno scorso ha avuto qualche contrattempo di troppo, non è che il ragazzo sia fortunato. A volte ha degli intoppi che l’hanno un po’ bloccato. Sta male al momento sbagliato. Oddio, quando uno sta male è sempre il momento sbagliato, però a lui capita qualche intoppo di troppo. L’anno prima di passare, ha avuto problemi a un ginocchio che l’ha fermato e da junior ad esempio ha ottenuto risultati non coerenti con le sue qualità. E’ stato un po’ sfortunato, non è il tipo che va in giro d’inverno senza maglia oppure esca dalla discoteca sudato, voglio dire, capito? Da un certo punto di vista, va bene: è tutto un crescere…

Giulio dice di aver capito di essere cresciuto quando è riuscito a seguire gli U23 dei vari devo team…

Non voglio dire cose negative sul loro conto, ma per loro non è così difficile prendersi tutti i migliori. Guardano il mondiale e l’europeo e fanno firmare i primi tre. Un po’ come Locatelli o la Zalf ai nostri tempi. Non che voglio togliere meriti alle squadre, per carità, però le loro prestazioni vanno filtrate dalla qualità che sanno di avere.

E se non pescano gli squadroni, una mano gliela danno i procuratori…

E’ giusto, tra virgolette, è un gioco che crea vantaggi a catena. La Green Project ha cambiato politica, ha fatto arrivare questi giovani, alcuni molto forti, e i risultati vengono.

Si riesce a capire che tipo di corridore diventerà oppure è presto per mettergli un’etichetta?

E’ prestissimo, anche solo per un fatto di sviluppo fisico. In un anno, è già cresciuto abbastanza, ma è ancora molto piccolo. Recupera sicuramente bene, in più è un duraccio fisicamente e mentalmente. Se prendiamo due atleti con le stesse caratteristiche, quel che fa la differenza è avere o meno un buon feeling con la sofferenza. C’è chi è stanco e si siede e chi, come lui, insiste.

Peccato che non abbia finito il Giro d’Italia, sarebbe stato un’utile verifica…

Infatti. Quello di Cansiglio era tappone a tutti gli effetti e poi lo Stelvio, sarebbe stato bello vedere come andava. Sono curioso di vedere se andrà al Tour de l’Avenir e come andrà. Quando lavora a Livigno, c’è chi si lamenta perché le salite sono lunghe, lui no. Io sono convinto che al Giro d’Italia sarebbe stato forte, però è una mia convinzione e, tra virgolette, la tengo per me.