BENIDORM (Spagna) – Un anno per parlare con Javier Sola. Ogni tentativo precedente di fare qualche domanda al nuovo allenatore di Pogacar è stato respinto con la promessa di un incontro al primo ritiro. Per questo quando lo spagnolo viene a sedersi assieme a Jeroen Swart, il coordinatore della performance, la curiosità è tanta. Al coach spetta il compito di farci capire in che modo hanno lavorato per dare allo sloveno il margine di strapotere che non aveva dodici mesi fa.
Javier Sola ha 38 anni e, rispetto alla foto sul sito della UAE Emirates, ha tagliato la barba. Parla in inglese e solo a tratti cede alla tentazione di rispondere in spagnolo agli spagnoli. Il suo compito è dimostrare che non è successo nulla di eccezionale e che qui l’unica eccezionalità sia costituita dal campione.
«Secondo me avrebbe anche potuto fare anche la Vuelta – inizia per dare al discorso il giusto ritmo – e sarebbe andato anche bene. Ma forse non sarebbe stato funzionale al suo sviluppo e all’obiettivo di vincere il mondiale. Non so se ci sarà un tentativo di questo tipo, di certo non il prossimo anno».
Il discorso va avanti a due voci, con la conferma di una sensazione che avevamo da tempo. Il Pogacar visto fino al 2023 non aveva raggiunto né cercato il suo limite. Non aveva gambe scavate, né la profondita nel lavoro dei suoi rivali. I tecnici si confrontano e completano l’uno le frasi dell’altro, anche se alla fine si guarderanno bene dall’entrare nei dettagli. Mandare avanti la preparazione di una squadra così grande è già di per sé stimolante, avere a che fare con la grandezza di Pogacar deve essere un viaggio straordinario. Si comincia con Javier.
Abbiamo visto alcune prestazioni incredibili da parte di Tadej in questa stagione. Puoi dire quali sono stati i principali cambiamenti mentali, fisiologici e nella sua preparazione?
Non abbiamo fatto grandi cambiamenti, in realtà. Dobbiamo seguire una linea, ma ovviamente Tadej ha il suo background. Fondamentalmente abbiamo incrementato gli allenamenti sulla forza, inoltre ha migliorato la sua composizione corporea rispetto agli altri anni. Inoltre ha lavorato di più con la bici da cronometro quest’anno, puntando anche più sull’intensità.
Tutto questo giustifica un simile miglioramento?
Tadej ha un anno di più e sta facendo esperienza. Abbiamo valutato che fosse il momento di provare a spingere un po’ verso l’alto. Abbiamo lavorato sulla forza in bici, ma anche fuori dalla bici. Abbiamo fatto lavori di intensità e penso che possa ancora migliorare, ma non posso prevedere quanto e dove. Non ho la sfera di cristallo. Lavoriamo tutti i giorni e cerchiamo di porci degli obiettivi ogni anno, per mantenerci motivati. Solo così potremo capire il range di miglioramento. Ovviamente la cosa più importante è che sia ancora motivato per continuare a migliorare e vincere.
Cosa hai imparato su Tadej in questo primo anno di lavoro insieme?
Che è super rilassato, è molto umile, un gran lavoratore. Questo è Tadej, il miglior corridore del mondo.
Ci sono dei fronti su cui concentrare il miglioramento?
Penso che possa progredire ancora sul fronte della forza, quindi ora ci stiamo concentrando su questo, anche un po’ di più rispetto all’anno scorso. In più pensando alle corse a tappe cercheremo di fare un po’ più di intensità, cercando di capire se possa gestire un carico superiore e così progredire ancora. Questo è un processo che cerchiamo di aumentare ogni anno.
E’ vero che la Zona 2 di Tadej è così alta da uguagliare la Zona 3 degli altri?
Parlare della Zona 2 di Tadej e confrontarla con gli altri è giusto fino a un certo punto. Più è alta la soglia aerobica e più in proporzione si alza tutto il resto. Quando Tadej è stato ospite del podcast di Peter Attia, si è parlato di 280-300 watt in Zona 2. Come per qualunque mortale, si tratta del 75 per cento della soglia, basta fare il calcolo. E quando la soglia si alza, il resto la segue in proporzione.
La parola a Swart
Finora Swart è restato in silenzio, annuendo alle risposte del collega. Ma quando è Sola a interpellarlo perché dica qualcosa sugli ultimi concetti, anche il sudafricano dimostra di avere utili argomenti. Il prossimo anno compirà 50 anni, arriva da Cape Town ed è nel team emiratino dai primi anni.
«Ogni anno – spiega – le squadre fanno passi avanti in termini di incremento della qualità del lavoro e della scienza che introducono nella loro preparazione. Stanno migliorando la nutrizione e anche i materiali. Ogni anno dobbiamo valutare quello che facciamo e vedere dove ci sono ancora aree in cui possiamo migliorare. Lo facciamo su base annuale e fortunatamente durante il 2023 ci sono stati alcuni passaggi chiave, che ci hanno permesso di intervenire nella preparazione del 2024. La squadra è andata bene con tutti i corridori, non solo con Tadej, quindi penso che sia importante concentrarsi su tutti».
C’è stato nel caso di Tadej un fattore decisivo per il miglioramento?
Non c’è un elemento specifico, ci sono varie sfaccettature. Javier ha menzionato l’allenamento sulla forza. Diciamo che monitoriamo quella che chiamiamo la produzione media di coppia massima per tutti i corridori. Così facendo, abbiamo potuto vedere che nell’espressione della potenza c’erano alcune carenze anche per Tadej. Siamo intervenuti e questo ha portato qualche piccolo vantaggio. Poi c’è la nutrizione, che negli ultimi 10 anni si è evoluta enormemente.
Tadej ha ammesso di aver faticato per adattarsi alle tabelle del nutrizionista.
Prima tutti consumavano 60 grammi di carboidrati all’ora e pensavano di essere vicini al limite massimo. Oggi lo standard è di 110-120 grammi e questo significa che il carburante a disposizione dei corridori è molto maggiore. Ce ne accorgiamo dalla capacità complessiva degli atleti di fare sforzi ad alta intensità per periodi molto più lunghi. Allo stesso modo, analizzando l’andamento delle gare, abbiamo puntato sull’allenamento con il calore, una grande area su cui si è fatta tanta ricerca. Nell’ultimo anno ci sono state dozzine di articoli praticamente solo in quella sfera. E quindi abbiamo implementato anche questo con successo».
Pogacar è davvero un’eccezione?
Ci sarebbero anche altri atleti del suo livello, ma non producono le stesse prestazioni perché non hanno l’intero spettro di quella capacità. Per essere una superstar che capita una volta nella vita, come Federer, Nadal o Tadej, devi possedere l’intera gamma e non tutti ce l’hanno. Se si combina il super talento naturale con il duro lavoro, i risultati arrivano. Se tralasci un aspetto, non raggiungerai lo stesso livello. Forse avrai delle vittorie, ma non diventerai una superstar globale come Tadej.
L’UCI di recente ha chiesto alla Wada di vietare l’uso del monossido di carbonio.
La respirazione con il monossido di carbonio è una tecnica convalidata da 20 anni e utilizzata da alpinisti, sportivi di resistenza e atleti di tutto il mondo per misurare la massa dell’emoglobina quando si recano in quota. Negli ultimi sette anni abbiamo ottenuto degli ottimi benefici grazie ai ritiri in altura, ma non c’era modo di quantificare i miglioramenti in modo chiaro se non misurando la massa dell’emoglobina. Così due anni fa abbiamo deciso di valutare se i nostri corridori stessero migliorando o meno rispetto alle nostre aspettative.
Come è andata a finire?
Abbiamo condotto per 18 mesi uno studio e valutato la massa dell’emoglobina usando la respirazione del monossido di carbonio, che ha una tecnica molto standardizzata con attrezzature molto specifiche. Il processo ormai è terminato e i risultati mostrano che i training camp in altura sono molto adatti ai nostri corridori, quindi non abbiamo bisogno né intenzione di andare avanti. Mentre penso che siano stati scritti articoli piuttosto sensazionalistici che speculano sull’abuso di una tecnica che sarebbe piuttosto complicata e difficile da attuare.
Torniamo da Javier Sola
Il tema è caldo, il fatto che del monossido di carbonio sia stato chiesto il divieto fa pensare che magari non tutti se ne servano per scopi di ricerca. Le domande riprendono, si torna a parlare di preparazione con Javier Sola.
In che modo il calendario influisce sulla sua preparazione?
La cosa più importante per noi è che Matxin continui a fare un ottimo calendario, che ci permette di dividere la stagione in due blocchi: quello delle classiche e quello con i Grandi Giri. Questa distinzione permette di programmare bene la preparazione, dato che le esigenze della gara di un giorno sono diverse rispetto al Tour de France, assecondando le esigenze specifiche di ogni evento.
Qual è la particolarità di Pogacar rispetto a queste programmazioni?
Il modo in cui risponde al piano di allenamento. E’ un monitoraggio che stiamo facendo, seguendo il lavoro con i dati oggettivi e i dati soggettivi, sommando tutte le informazioni possibili. Penso che Tadej sia incredibilmente professionale, lui segue il piano e fa quello che serve. A volte è anche troppo entusiasta e per questo dobbiamo tenerlo a bada. Ma la realtà è che spesso ha ragione lui, perché ha un’incredibile capacità di allenarsi, recuperare e adattarsi.
In altre parole?
La sua forza rispetto ad altri corridori è la capacità di assimilare il carico di lavoro a un ritmo molto più veloce. E’ in grado di raggiungere non solo il picco di forma molto rapidamente, ma anche queste prestazioni fenomenali. E questa è davvero una cosa che capita una volta in una generazione.
Fino a che punto pensi che oggi abbia raggiunto la piena capacità e sia in grado di fare un passo avanti?
Lo scopriremo nel prossimo anno. Sicuramente ha fatto davvero un buon passo dai 23 ai 24 anni, poi dai 24 ai 25 e ora dai 25 ai 26. Il tempo dirà se riuscirà a crescere ancora.
Come si fa a conciliare l’eccezionalità di Tadej col resto della squadra?
Non è un problema, perché si è creata ormai una cultura del successo. Quando un corridore vince così, gli altri vogliono emularlo e tutti sono spinti a un livello superiore. Lo abbiamo visto con i nostri atleti: tutti vogliono vincere e hanno l’opportunità di farlo quando sono al livello in cui devono essere. E’ come quello che accadde con la Ineos, che aveva ingaggiato tante stelle e costruito tutta la squadra intorno a loro. Penso che sia una cosa complessa da gestire, ma penso che Matxin lo faccia bene. Per questo abbiamo ottenuto una stagione con 81 vittorie, questa squadra sta progredendo in modo fenomenale.