Non si è ancora placata l’eco dell’esperienza di Vincenzo Nibali alla Capoliveri Legend Cup. Lo Squalo ha preso il via in una delle marathon più belle, suggestive e soprattutto tecniche del mondo. E’ stato un vero debutto di fuoco. Un debutto che Mirko Pirazzoli, grande ex biker agonista e oggi tecnico, ha seguito da dentro.
“Il Piraz”, che certo non ha problemi di manico, commentava in diretta la gara in sella ad una e-Bike. E non era la prima volta che lo faceva. Così gli abbiamo chiesto un giudizio sul Nibali biker e lui ha individuato tre “punti cardine”: fluidità nella guida, una grande lucidità tattica e una buona preparazione tecnica.
Fludità
«Prima di tutto – dice Pirazzoli – trovo bellissimo vedere un campione come lui mettersi in gioco e farlo con tanto entusiasmo. Vincenzo ha grandi margini e se davvero lo vorrà, gli basteranno pochi mesi per lasciare il segno anche in mtb.
«La cosa che mi ha colpito nel vederlo in azione, non è stata tanto la guida in discesa, ma la sua fluidità nel complesso. Fluidità nella guida e nello stare nel gruppo di testa alla prima esperienza internazionale. Nonostante il gruppo di alto livello, Vincenzo si è sentito a proprio agio.
«La vera differenza, ed è forse questo l’aspetto tecnico che più mi ha rapito, è stata la sua pedalata. Un pedalata rotonda che nessun biker ha. E per pedalata rotonda intendo efficiente. Un’andatura redditizia e sicura.
«Nelle discese larghe e veloci staccava il piede interno. Per un biker è quasi un veto: guai a staccare un piede dal pedale. E invece aiuta molto a bilanciarsi e a trovare il punto di corda. Pensate che nelle discese su ghiaia, Vincenzo ha anche provato ad attaccare! E’ successo a metà del primo giro. Mostrando una padronanza da veterano.
«Al tempo stesso però si percepiva un senso di “ansia” nel non aver esperienza. Io sono stato con lui all’interno della corsa e ho notato questo aspetto. Il fuoristrada a questo livello non è ancora nelle sue corde. Deve solo farne tanto e acquisirà quegli automatismi».
La strategia
Pirazzoli parla di una grande voglia di mettersi in gioco come fosse fosse un principiante, con grande umiltà. Ma al tempo stesso con lucidità e presa di coscienza del “problema”.
«A metà percorso – va avanti Pirazzoli – era lui che chiedeva a me dove fosse il rifornimento. Aveva capito che ne avrebbe avuto bisogno, che poteva andare in crisi. E quando senti che hai bisogno di bere e mangiare è troppo tardi, ma lui se ne è accorto con largo anticipo. Ha cercato di porre subito rimedio. Credo che poi si sia staccato per questo motivo». E questo lo aveva ammesso Vincenzo stesso a noi.
Ma Nibali avrà pur fatto qualche errore. Pirazzoli fa fatica a trovarne.
«Non parlerei proprio di errori… nel suo caso. Alla vigilia mi ha confessato che aveva un po’ paura della prima discesa perché affrontarla in gruppo con la polvere significava non vedere bene dove mettere le ruote. E questo nel suo caso incide molto di più ed è realmente pericoloso. Pertanto non posso definirlo uno sbaglio.
«Per questo il fatto di aver staccato tutti all’inizio è stato giusto. In questo modo ha potuto affrontare la discesa davanti. Io gli avevo suggerito di mettersi su un lato e di lasciarsi sfilare.
«Ma questa azione violenta all’inizio è stata la concausa che a metà corsa gli ha fatto pagare dazio. Un fuorigiri resta nelle gambe. E quando ha mollato, lo ha fatto su una salita con pendenze che da stradista non affronta. Senza contare che non aveva una biomeccanica ottimale per tali pendenze. Parliamo di oltre il 30%».
La tecnica
«Vincenzo – dice Pirazzoli – ha preparato la bici al meglio delle sue possibilità, delle informazioni raccolte e dei suggerimenti che gli sono arrivati dai più esperti del settore. Aveva dunque una bici pronta e al passo coi tempi per essere competitivo. E questo mi fa sorridere: ci sono dei biker pro’ che si ostinano a non sviluppare la bici secondo i componenti che oggi sono più performanti. Nibali invece aveva il telescopico, le gomme giuste e tanti altri dettagli moderni.
«Anche le scelte biomeccaniche erano relativamente azzeccate. Ha lavorato sulla posizione, anche se non ne ha ancora una di un biker di livello. Chiaramente ha usato degli angoli, con degli sviluppi biomeccanici ben prestabiliti. Non ha avuto il tempo per adattarsi. Ha fatto il meglio che poteva. Senza snaturare di punto in bianco la sua posizione su strada.
«Nibali ha “registrato” tutto, ne sono certo. Ha altri obiettivi come la Cape Epic. Se imparerà a gestire bene l’equilibrio in velocità a mio avviso potrà essere un atleta competitivo a livelli internazionali anche nella Mtb.
«Magari in questa prima partecipazione alla Cape, lui e il suo compagno, potranno posizionarsi tra la decima e ventesima coppia. Ma se Vincenzo ci si dedicherà veramente, in un paio d’anni potrà puntare alla classifica generale».