Cronosquadre: un allenamento, mille benefici. A lezione da Pinotti

22.01.2024
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Proprio in questi giorni, specie nella settimana che si è appena conclusa, i team hanno lavorato molto sulla cronosquadre. Perché? In fin dei conti in programma, al momento ce ne sono solo due: quella della Parigi-Nizza e quella della Coppi e Bartali (che neanche è WorldTour). 

Il fatto che le squadre ci abbiano lavorato tutte e per di più negli stessi giorni ci ha incuriosito e per questo abbiamo chiamato in causa Marco Pinotti, tecnico della  Jayco-AlUla. Il grande ex cronoman italiano era in Spagna al seguito dei suoi ragazzi, almeno per la prima di queste sessioni di cronosquadre.

Marco Pinotti (classe 1976) è uno dei tecnici della Jayco-AluLa
Marco Pinotti (classe 1976) è uno dei tecnici della Jayco-AluLa
Marco, dunque, perché si lavora sulla cronosquadre se poi questa disciplina è praticamente assente dai calendari? 

La spiegazione è semplice: si lavora sulla cronosquadre perché questi sono gli unici momenti dell’anno in cui si hanno a disposizione tutti, o quasi, i ragazzi insieme. Secondo motivo: le strade della Costa Valenciana consentono di svolgere questo lavoro con una certa sicurezza ed efficienza.

Però di cronosquadre ce ne sono talmente poche che si potrebbe pensare di farla fare solo a coloro che eventualmente saranno chiamati in causa, no?

Dobbiamo però pensare che è un esercizio che va comunque curato. Un professionista deve saperlo fare. E poi, e questo è un aspetto centrale, è molto utile ai fini della preparazione. Puoi fare doppia fila, lavorare a velocità più alte, far fare certi ritmi anche ai corridori da grandi Giri… E’ un lavoro tecnico che ha i suoi benefici.

Come stare in sella appunto su una bici da crono…

Esatto. Spendi del tempo su questa bici in modo, se vogliamo, anche più allegro. Una cronosquadre deve essere nell’arsenale di un corridore, anche se in stagione ce ne saranno solo due. Forse tre, se dovesse disputarsi quella della Delfinato.

Girmay approfitta dei compagni per simulare “dietro motore” a pochi giorni dalla partenza per il Down Under (foto Instagram)
Girmay approfitta dei compagni per simulare “dietro motore” a pochi giorni dalla partenza per il Down Under (foto Instagram)
Tu in passato ci lavoravi, però all’epoca c’era anche il mondiale per squadre…

E infatti ai tempi in cui ero nella Bmc, questi lavori si facevano sin da dicembre. Il mondiale chiaramente portava una motivazione diversa per lavorare su questa disciplina. Un velocista difficilmente andrebbe sulla bici da crono da solo e invece può essere utile anche per le sue caratteristiche fisiologiche. Pensiamoci un attimo: la sua volata dura 15”-20”, ebbene passa in testa a tirare per 20”-30” poi recupera e di nuovo torna in testa a prendere aria. La stessa cosa vale per lo scalatore, non tanto per lo sforzo, ma perché si abitua a sviluppare certe velocità. Per lui è un po’ come simulare il dietro motore, ma con un lavoro di miglior qualità ed efficienza.

Lavorare per la cronosquadre significa anche sviluppare i materiali?

No, quello si fa individualmente e in altro modo. E’ utile, specie per i neopro’ e i più giovani, per sviluppare le loro posizioni e il feeling con i materiali. Un conto è uscire da soli con la bici da crono: ad andare a 50 all’ora, dopo un po’ fai fatica. Con i compagni invece viaggi costantemente a 55 e più. Quindi prendi un certo feeling con la bici a determinate velocità, senti e capisci il comportamento delle ruote…

Perché quelle sono da gara?

Sì, quelle sì. Se non ci sono condizioni particolari si utilizza un setup da gara, almeno per la bici. Magari non si hanno il body e il casco aero. Siamo sempre su strada con traffico aperto e alcuni modelli hanno le orecchie coperte, non ti fanno sentire bene determinati rumori, clacson…

Come si svolge un allenamento per la cronosquadre?

Di solito, prima di partire, si dà una spiegazione del percorso che si andrà a fare e come. Poi c’è una macchina davanti e una dietro. Ormai nella zona di Calpe abbiamo un percorso collaudato e lì andiamo. Il primo giro non lo si fa a tutta e diventa una sorta di ricognizione, utile soprattutto ai nuovi arrivati. 

Un’auto davanti e una dietro, così Pinotti “blinda i suoi ragazzi. Lo stesso fanno comunque anche gli altri team
Un’auto davanti e una dietro, così Pinotti “blinda i suoi ragazzi. Lo stesso fanno comunque anche gli altri team
I ragazzi hanno la radio?

Non tutti, giusto un paio che fanno da referenti. Parli con loro per dirgli di stare attenti alla rotatoria, al bivio, all’ostacolo… Darla a tutti sarebbe complicato.

Quali dati si ottengono, Marco?

Dipende dagli esercizi che si vanno a fare. Sono principalmente dati soggettivi: dopo la sessione parlo con i ragazzi e ascolto i loro feedback, osservo molto il loro linguaggio non verbale. Posso fare dei confronti con gli anni precedenti magari riguardo alle velocità, le frequenze cardiache, ma poi dipende molto dal vento che c’è, se girano in otto o in cinque… Le variabili sono parecchie. Semmai, appunto parlando con i ragazzi, si prendono dei feedback che poi verifichiamo in pista e la settimana successiva li riportiamo poi anche su strada.

Gruppi diversi: come li fai?

Eh, volete sapere troppe cose! Questo è un aspetto molto importante, che può incidere sulla prestazione…