Il terzo posto al Giro dell’Emilia non se l’aspettava nemmeno Piganzoli. Però nella sua squadra qualcuno era pronto a scommettere in un piazzamento nei dieci. E’ Giuseppe De Maria, tre anni da professionista e dal 2022 allenatore del valtellinese, che Ivan Basso ha fatto di tutto per trattenere anche nel 2025, quando scadrà il suo contratto con il Team Polti-Kometa. Ed è lecito immaginare che la prossima stagione lo vedrà salire un altro gradino, come è successo quest’anno prima, durante e dopo il Giro d’Italia.
«Pensavo che sarebbe potuto arrivare nei dieci – conferma il varesino, classe 1984 – ma non il podio. “Piga” non è un corridore esplosivo per quei finali, ma bisogna considerare che il San Luca arrivava dopo una corsa estremamente dura e lunga. Quindi in realtà non è stata tanto un’azione esplosiva, quanto aver mantenuto un’ottima performance sull’ultima scalata. In più c’era prima una salita più lunga, la giornata era fredda e pioveva, per cui i corridori di endurance sono stati avvantaggiati».
E da qui partiamo: la sensazione è che nel 2024 Piganzoli abbia salito diversi gradini.
Sì, è la realtà, è un dato di fatto che continui a migliorare. Io lo alleno, analizzo quotidianamente i suoi parametri. E ogni volta che facciamo un blocco di lavoro, un ciclo di carico, lui va più forte di prima. Succede sempre, dal 2022 quando ho iniziato a lavorare con lui. Tendenzialmente questa è una caratteristica dei corridori più talentuosi e che hanno il motore. Tu li stimoli e loro migliorano, mentre altri magari a un certo punto non ce la fanno più. Davide continua a migliorare e dopo il Giro d’Italia, ha fatto un salto in avanti incredibile.
Uno step evidente?
Sappiamo quanto possa essere utile la corsa di tre settimane a quelli che hanno motore. Piganzoli è rientrato praticamente a Burgos, perché dopo il Giro è andato allo Slovenia, ma aveva un problema al ginocchio e si è fermato. E a Burgos è arrivato undicesimo, con un livello di corridori incredibile. Ha fatto la crono migliore della sua vita fino a quel momento (27° a 1’04” da Jay Vine, ndr). Poi in Lussemburgo è andato incredibilmente forte su un percorso di salitelle brevi. E anche lì ha fatto un’altra ottima crono (15° a 43″ da Ayuso, ndr), fino ad arrivare all’Emilia. Nei giorni precedenti vedevo che era a un livello superiore. E quel podio alla fine vale sia per la prestazione, sia per la personalità.
Ha vinto ad Antalya prima del Giro e prima del Giro è andato per la prima volta sul Teide: come è andata?
Ha risposto benissimo. In altura avevamo già preparato i due Tour de l’Avenir con la nazionale a Sestriere e aveva risposto sempre in maniera clamorosa. Ricordo benissimo che dopo ogni blocco di altura, veniva giù e aveva qualcosa più di prima. In ogni caso ha iniziato il 2024 a un buon livello e ha vinto ad Antalya. Poi ha corso la Tirreno e da lì è andato in altura. Quindi ha corso il Tour of the Alps, dove è arrivato decimo, migliorando il 18° posto della Tirreno. Poi c’è stato il Giro, che ha segnato un altro step in avanti. Infatti non aveva mai dimostrato di poter reggere oltre la settimana di gara. Ricordo benissimo l’ultima scalata del Monte Grappa. Forse in televisione non si è visto perché era dietro il gruppettino dei migliori, però è arrivato fra i primi (16°, ndr) nell’ultima tappa di montagna dopo tre settimane del primo Giro d’Italia. Questo è estremamente significativo e dopo il Giro ha cambiato cilindrata, questo è certo.
Al Giro ha voluto tenere duro per mettersi alla prova. E’ sempre stato costante?
E’ stato estremamente continuo, tranne una tappa dell’ultima settimana dove è andato in difficoltà. Si arrivava sul Brocon, si è staccato lontano dall’arrivo, ha inseguito fra le ammiraglie per due ore, poi è rientrato sul gruppo dei primi all’inizio dell’ultima salita. E a quel punto ha concluso nei primi venti, salvando la classifica. E’ sempre stato regolare tranne quel giorno in cui poteva compromettere tutto, invece si è salvato con una notevole forza mentale. Al Giro ha tenuto duro un po’ per provarsi e un po’ perché non gli entra in testa di staccarsi e mollare. E’ impossibile. Nessuno riesce a convincerlo. Però quando tiene duro, non lo fa a metà, tiene duro sino alla fine.
E’ quantificabile lo step che ha fatto dopo il Giro?
Abbiamo fatto dei test, ovviamente. Lo step in avanti non è quantitativamente così elevato, il salto di qualità nella performance non è eccessivo. Quello che sicuramente ha ricevuto dal Giro è il discorso della durabilità. Riesce a esprimere un determinato livello con più facilità, più a lungo e di conseguenza anche i finali cambiano. In più, ora che sta prendendo consapevolezza e sicurezza nei suoi mezzi, corre in maniera diversa e quindi funziona tutto meglio. E’ sempre una questione multifattoriale.
Piganzoli ha compiuto 22 anni a luglio, è giovane. C’è da immaginare un inverno più sostanzioso per salire un altro gradino l’anno prossimo?
In realtà continueremo allo stesso modo, ma con più volume. Dopo il Giro, come dicevo prima, ha dimostrato di avere un livello tale per cui si deve allenare di più. E’ chiaro che sul piano mentale questo non sarà facile, però lo deve fare. Se per l’anno prossimo vogliamo immaginare un Giro un po’ migliore di quest’anno, il discorso passa per l’allenamento.
La sensazione è che fisicamente sia ancora acerbo e possa ancora svilupparsi…
Sono molto d’accordo. All’Avenir del 2022, era sui 62,5 chili e andava ugualmente fortissimo. Al primo anno da pro’ è sceso sui 61 chili, ora resta facilmente intorno ai 60. Però sicuramente ha ancora dei margini, perché avendo fatto tutta la trafila con la Fundacion Contador, ha lavorato in maniera equilibrata. Non bisogna vincere tutto a 19 anni, di conseguenza ci sono degli step ai quali continua a rispondere egregiamente.
Si prevede che dovrà lavorare parecchio anche in palestra quest’inverno?
La palestra è fondamentale per l’aspetto neuromuscolare del movimento e per migliorare l’efficienza del gesto, non prettamente per la forza. E’ già un po’ di tempo che facciamo dei lavori specifici di forza in bici, in rapporto a un corridore con le sue caratteristiche da scalatore.
Vi sentite spesso? Che tipo di rapporto c’è fra voi?
Un ottimo rapporto. Quando non si corre, mi piace lasciare tranquilli i corridori, perché è giusto che si godano la loro pace. Abbiamo iniziato a lavorare nel 2022 con la Fundacion Contador e da subito le cose sono andate benissimo. Non ricordo una corsa che abbiamo preparato e che sia andata diversamente da come la immaginavamo. Davide è estremamente intelligente, ha due marce in più rispetto a tanti proprio perché è intelligente e responsivo. Ci troviamo molto bene, lui si fida e spesso si esce a cena: lui con la sua fidanzata e io con la mia famiglia. Ho conosciuto i suoi genitori, c’è proprio in bel rapporto.
Piganzoli è sempre stato forte a crono: è qualcosa da inquadrare oppure è già al centro del mirino?
E’ già al centro del mirino. Mi sembra che da junior abbia fatto terzo nel campionato italiano della cronosquadre e sia salito sul podio anche nella crono individuale. Al secondo anno da U23, ha vinto il campionato italiano e quella volta c’ero io in macchina. E’ un bel ricordo perché il percorso non ci favoriva, era per gente più pesante. Però siccome c’erano tante curve, abbiamo fatto un grande studio sulle traiettorie, abbiamo studiato il percorso anche su GoogleMaps. E siccome lui guida molto bene la bici da crono, ha vinto con 7 secondi su Montefiori. Invece non è andata per niente bene la crono della Tirreno-Adriatico…
Come mai?
Aveva una posizione sbagliata. Aveva delle pedivelle non giuste. Una serie di cose che non ci convincevano. Così siamo andati dal biomeccanico che l’ha messo a posto e al Giro è andato già molto meglio. A Burgos altro passo avanti. Al Lussemburgo ancora meglio, per cui siamo sulla direzione giusta. Bisogna perfezionare la posizione e lavorare sui materiali, perché i materiali sono determinanti. Però confermo che la crono è al centro delle nostre attenzioni, anche perché lui ci tiene tantissimo. Se vuoi farlo arrabbiare, digli di non curare la crono. Piga va forte in salita e va forte contro il tempo, non vede l’ora che ci sia una crono, non è mai una cosa che gli pesi. Una cosa ce la possiamo dire: Davide Piganzoli è decisamente il prototipo di atleta per le gare a tappe.