Tre minuti, 59 secondi e 153 millesimi: è il tempo che vale il record del mondo fatto segnare da Jonathan Milan agli ultimi campionati iridati nell’inseguimento individuale a Ballerup, in Danimarca. Quattro chilometri filati via ad oltre 60 chilometri orari di media oraria: 60,260 per la precisione… con partenza da fermo!
Di questo record parliamo con Diego Bragato, responsabile del Gruppo Performance della Federciclismo. Bragato è una delle colonne portanti dei successi della pista azzurra. Conosce i motori degli atleti forse meglio degli atleti stessi. E per questo possiamo anticiparvi che questo record non è stato poi così inaspettato.


Partiamo proprio da questo punto, Diego: ve lo aspettavate il record del mondo?
Diciamo che a Montichiari abbiamo lavorato con l’obiettivo della maglia iridata, in primis. Credevamo che il nostro primo rivale fosse Daniel Bigham e che il record potesse uscirci da questa sfida, tanto è vero che ci siamo allenati su quei tempi. Avevamo scelto di non far fare il quartetto a Milan proprio per concentrare tutte le energie sull’inseguimento individuale. E invece il ragazzino, Josh Charlton, al mattino ha un po’ stupito e spiazzato tutti abbassando lui il record di Filippo Ganna.
Una sorpresa che poteva anche destabilizzare voi e Milan soprattutto…
Infatti devo dire che Jonathan è stato bravo a non farsi influenzare dalla sua prestazione, sia per la sua prova, restando in tabella, sia nel resto della giornata. Non si è fatto ingannare da quel record in semifinale. Noi poi per la finale abbiamo ricalcolato la tabella.
Cosa intendi di preciso? Come si ricalcola una tabella?
Abbiamo rimesso tutto insieme: le sensazioni che ci aveva detto di aver avuto Jony, la temperatura e la conseguente scorrevolezza della pista, e soprattuto le pedalate che voleva avere Milan nel corso della prova. Così abbiamo individuato la cadenza ottimale dalla partenza in poi. Più che altro abbiamo lavorato, in base alle richieste di Milan, perché arrivasse il prima possibile alla cadenza desiderata. Tra qualifica e finale non abbiamo cambiato il rapporto. E poi chiaramente abbiamo impostato una tabella per il record del mondo. Visto quanto accaduto al mattino per vincere, quasi sicuramente, sarebbe servito il record.


Diego, parlaci meglio della cadenza. E’ molto interessante. Come s’imposta?
Noi siamo abituati con Pippo (Ganna, ndr) che va in progressione. Lui magari usa anche rapporti più lunghi rispetto a Milan e poi chiude forte. Pippo fa quel chilometro finale incredibile, va a prendere chiunque. In teoria, una volta lanciato potrebbe continuare per un’ora! Jonathan invece, essendo più esplosivo, preferisce partire forte, mettersi subito sul passo e poi resistere fino alla fine. Per questo motivo per lui è importantissimo trovare subito la cadenza giusta. Come detto si è trattato di farlo arrivare il più velocemente possibile alle pedalate desiderate.
Due record in un giorno: te lo aspettavi? Come è stato possibile?
Non conoscevo quel velodromo. Era un bel po’ di tempo che non vi si teneva un evento importante. Pertanto non sapevamo quanti watt servissero, se fosse una pista scorrevole o meno… Quando nei primi giorni abbiamo visto che invece era veloce, abbiamo capito che si poteva fare. Da parte mia ero quasi certo che Charlton non avrebbe fatto due temponi simili nello stesso giorno. Non aveva quei margini di miglioramento, senza la base e il fondo della strada che invece aveva Jonathan. Ed è proprio questa base che ti permette di fare due sforzi tanto estremi in così poco tempo.


Certo Diego che i record vanno giù velocemente. Quanto contano i materiali? E avevate qualche novità tecnica?
I materiali ovviamente contano tantissimo. Noi non abbiamo portato novità rispetto alle Olimpiadi, il pacchetto era lo stesso. Certo che sul fronte della bici, ma non solo, siamo messi molto bene. Anche Bigham che è un ottimo tester ha usato la stessa bici che usiamo noi, la Pinarello.
Milan ha fatto segnare un 3’59” basso: ha ancora dei margini?
Secondo me sì. Se se lo mette in testa può scendere ancora, ma questo vale anche per noi del gruppo affinché gli si possa dare il supporto migliore sotto ogni punto di vista. Io credo che con un adeguato tipo di lavoro Milan possa migliorare ancora. Poi quando si ha un gruppo con atleti che hanno motori come quello di Pippo o di Johnny è un piacere lavorare.
L’ultima gara di Milan su strada è stato l’europeo a metà settembre: da allora tutta pista? E come avete lavorato?
Da agosto in poi Jonathan ha fatto tanta strada per fare da base anche per questo mondiale. A questa ha associato anche tanti lavori di frequenza anche mentre era impegnato nella strada. Ma è stato da ottobre e in particolare nella settimana prima di quella iridata, che ha fatto dei lavori specifici a Montichiari in pista.


Che tipo di lavori?
Abbiamo lavorato molto sulle partenze e sul ritmo. E ha continuato a fare dei richiami in palestra, come del resto ha fatto per tutto l’anno.
In quella settimana quante ore di lavoro si facevano in pista?
Facevamo due sedute al giorno: una di due ore e mezzo al mattino e una di tre ore al pomeriggio. E’ stato così dal martedì al venerdì. Il sabato ha fatto circa 4 ore di volume su strada e la domenica siamo partiti per la Danimarca.
Dai, raccontaci come hai vissuto il giro finale di quei (quasi) 4′. A quel punto eri sicuro del record?
In realtà no, proprio perché come vi dicevo Jonathan ha un’impostazione tattica diversa rispetto a Ganna. Per lui si tratta di tenere duro, di calare il meno possibile. Avevo capito che avrebbe vinto perché teneva bene a bada il suo avversario, ma per il record abbiamo dovuto attendere fino alla fine. Comunque si trattava di centesimi, bastava una sola pedalata un filo meno potente e tutto sarebbe svanito. Poi quando ha tagliato quella linea e abbiamo visto il tabellone… è scoppiata la festa.