MISANO – Si chiama Parkpre K3 Gravel ed è stata una delle bici più apprezzate all’Italian Bike Festival. I veli sulla “toscanaccia” si sono levati proprio in quei giorni e l’attenzione non è mancata. Già a prima vista si è notato un vero salto rispetto alla precedente K1, che resta comunque un mezzo estremamente valido.
Nella sua livrea bianca con dettagli neri, a spiegarcela nel dettaglio, come si vede nel video, è stato Dino Gelli, responsabile tecnico di Parkpre, il quale in mezzo alla vasta gamma dello stand ci ha portato nei meandri della K3.


Telaio monoscocca
Partiamo dal telaio. Quello della K3 Gravel è un monoscocca UD che la rende davvero fedele al comportamento sui vari terreni, sia dal punto di vista delle performance che del comfort.
Si tratta di tubi abbastanza grandi e questo è un vantaggio non da poco ai fini della comodità, che nel gravel, a seconda del tipo di utilizzo, può diventare anche motivo di prestazione. Tubi la cui lavorazione è stata calibrata dagli ingegneri di Parkpre in un lavoro durato oltre otto mesi. Non si trovano tubi semplicemente tondi o squadrati: ogni linea ha un suo perché.
«Si è partiti dalla base del telaio K1. Abbiamo preso quanto di meglio aveva quel modello e abbiamo cercato di esaltarlo», ha riferito Gelli.
E a proposito di linee, molto interessante è il carro posteriore. L’attacco dei foderi alti è piuttosto basso, una soluzione insolita per una gravel. Ma questo rende la bici molto comoda e confortevole alle sollecitazioni verticali. Il pregio della K3 è che, nonostante questa scelta, trovano posto gomme fino a 45 millimetri. In teoria potrebbe entrarci anche un 50, ma in casa Parkpre lo sconsigliano in quanto troppo al limite.






Componentistica top
La K3 Gravel si avvale poi di altri due pezzi davvero di pregio e sempre “made in Parkpre”: il reggisella e il manubrio integrato.
Il reggisella è l’Aero Parkpre, pensato appositamente per questo telaio. Ha una forma “ovaleggiante” che ci saremmo aspettati più su una bici da corsa di pura impostazione racing, eppure dai test effettuati ha dato eccellenti risposte anche nell’offroad. Di sicuro è di grande impatto estetico.
Si passa poi al manubrio. Anche questo è in carbonio monoscocca ed è il PFR DIRT, con una campanatura delle curve ad hoc per il gravel. Questo fa sì che il peso della K3 sia davvero contenuto e che nel complesso non risulti una linea massiccia, ma pulita. Nessun cavo esterno, nessun fronzolo: la K3 è pura sostanza.
Questo continuo mix di prezzi dall’assoluto DNA racing (un must per la casa toscana), come appunto la piega integrata, e alcune soluzioni invece più “soft” del telaio ci piace molto, in quanto fa della K3 una bici adatta davvero a tanti usi. Non è un caso che ci siano anche le predisposizioni per le borse con le viti su forcella, pendenti e orizzontale. Insomma con la Parkpre K3 Gravel ci si può correre viaggiare o anche semplicemente divertirsi.


Montaggio e dettagli
Il modello che abbiamo ammirato noi montava il Campagnolo Ekar 1×13, con cassetta 11-46 e monocorona da 38 denti. Ma c’è anche la versione con l’L-Twoo 1×12, il gruppo del brand cinese che si sta espandendo sempre di più anche nel mercato europeo. Un set davvero interessante.
Le ruote, parte fondamentale in una gravel, sono le PFR Infinity38 Carbon TLR, con coperture Vittoria Terreno da 45 millimetri. La sezione maggiorata delle gomme rappresenta uno dei grandi salti in avanti rispetto al modello precedente.
In ogni caso la personalizzazione del K3 è totale: sia negli allestimenti, c’è anche l’opzione solo kit telaio (telaio, forcella, reggisella e ruotismi), sia nelle colorazioni, grazie al servizio MyParkpre. In pratica, grazie alla realtà aumentata, ci si può creare il proprio modello direttamente dal sito Parkpre, così da avere un gioiello unico al mondo.